La natura lascia il segno

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Schermata 2016-10-06 alle 10.35.55NATRUE è l’Associazione Internazionale per la Cosmesi Naturale e Biologica, e la prima domanda che rivolgiamo a Francesca Morgante, Label & Communication Manager NATRUE è proprio rappresentata da quali sono i principali obiettivi e quale ruolo caratterizza l’associazione e la distingue dagli altri organismi di certificazione oggi presenti sul mercato: “Il fatto di essere un’associazione senza scopo di lucro ci differenzia dalla maggior parte degli enti che promuovono standard di certificazione per la cosmesi naturale e bio. Infatti gli standard sono generalmente gestiti da enti di certificazione che definiscono il disciplinare e allo stesso tempo ne verificano la conformità.
NATRUE invece definisce e aggiorna l’omonimo standard ma delega a enti terzi ed indipendenti i controlli. Questo doppio sistema garantisce al consumatore una ulteriore tutela. Da una parte NATRUE si fa garante dell’integrità dello standard, dall’altra gli enti di certificazione si occupano di quello per cui sono preposti, la verifica di conformità. Oltre a questo, la scelta operativa di collocare la nostra sede a Bruxelles” – continua Francesca Morgante – “vuol dire per NATRUE dare voce al settore dell’autentica cosmesi naturale e biologica, e tramite le attività di advocacy a livello europeo ed internazionale promuovere la cultura della cosmesi bio e difenderne l’autenticità.

Un settore in continua affermazione e crescita

Il prossimo anno la vostra associazione compirà 10 anni di attività. Come giudicate i traguardi raggiunti e le trasformazioni avvenute nello scenario della cosmesi naturale e biologica in questi dieci anni?
Per quanto riguarda NATRUE in questi 10 anni abbiamo promosso uno standard di certificazione che ha avuto il merito di conquistare la fiducia di un numero sempre crescente di aziende e di consumatori, afferma Francesca Morgante, riferendo i dati sullo stato dell’associazione: ad oggi i marchi certificati NATRUE sono oltre 200 per un totale di quasi 5000 prodotti presenti sui mercati internazionali. L’associazione stessa è cresciuta e conta oltre 50 aziende socie attive nei vari gruppi di lavoro interni. Se 10 anni fa NATRUE è nata dalla visione di lungo periodo dei pionieri della cosmesi bio, tra cui Weleda, Dr. Hauschka, Lavera e Primavera, oggi la nostra struttura è in grado di partecipare a tutti i processi decisionali che impattano il settore”.

Lo sviluppo conseguito da questo settore in questi dieci anni ha sorpreso anche voi?
Se 10 anni fa si parlava di un settore di nicchia ora non più così”, è la prima considerazione di Morgante. “L’interesse dei consumatori è cresciuto enormemente e anche la consapevolezza. Da un recente studio commissionato da NATRUE a GfK è emerso che oltre il 60% dei consumatori europei di cosmesi naturale e bio si fida dei marchi di certificazione; questo a mio avviso significa che è stato fatto generalmente un buon lavoro”.

Passi comuni n Europa?

Schermata 2016-10-06 alle 10.36.23Riguardo allo scenario europeo, ci si è interrogati a lungo sulla eventualità che potesse intervenire un atto normativo riguardo la cosmesi naturale e biologica: dall’osservatorio di NATRUE e alla luce della conoscenza e dei rapporti che avete aperti con le istituzioni comunitarie, qual è la valutazione dell’associazione a questo riguardo? È questa una eventualità prevedibile nel prossimo futuro, oppure l’identità del cosmetico naturale dipenderà ancora a lungo da forme di autoregolamentazione delle imprese più virtuose?
Dal punto di vista regolatorio non bisogna dimenticare che ogni prodotto cosmetico sul mercato europeo fa riferimento alla legislazione europea, per cui anche i cosmetici naturali e biologici sono strettamente regolati e garantiscono al consumatore efficacia e sicurezza. I termini “naturale” e “biologico” qualificano il prodotto agli occhi del consumatore e rientrano come molti altri claims nell’articolo 20 della sopracitata legislazione che ne definisce i criteri generici di appropriatezza”, precisa Francesca Morgante.
Le istituzioni europee ad oggi non sembrano voler ulteriormente normare un settore che come spiegato gode già di una legislazione stringente. Inoltre varie iniziative a livello internazionale, tra cui la discussione di una norma ISO per la cosmesi naturale e biologica, hanno indotto il legislatore comunitario e non procedere con ulteriori iniziative”, ci informa la nostra interlocutrice, che non manca però di aggiungere che, “vista ad oggi la debolezza in termini di contenuti della norma ISO di cui proprio quest’anno ha visto la luce la prima parte (Part 1 – ISO 16128-1:2016 definitions for ingredients,) riteniamo che il settore continuerà ad avere bisogno di standard rigorosi come quello NATRUE per rinforzare ulteriormente la fiducia dei consumatori e continuare a crescere”.
A maggiore ragione quindi, sarebbe utile arrivare ad una unificazione degli standard oggi presenti sul mercato?
Penso che prima di cercare a tutti i costi un’unificazione degli standard bisogna chiedersi cosa questo comporterebbe in termini di qualità dello standard stesso. Se ad oggi la maggior parte degli standard è più o meno concorde su quali siano gli ingredienti da escludere in un prodotto cosmetico naturale, permangono ancore sostanziali differenze su come un prodotto naturale vada formulato. NATRUE per esempio definisce i livelli di ingredienti naturali garantiti nella formulazione per categoria di prodotti (es. shampoo, crema, olio, make up etc.), e allo stesso tempo limita l’utilizzo di sostanze di derivazione naturale che hanno quindi subito processi di lavorazione più complessi”, è la considerazione preliminare di Morgante rispetto alla possibilità di uno standard unico. Ma il problema è visto dall’associazione anche da un punto di vista più generale, che considera l’approccio strategico che realmente caratterizza le imprese che si affacciano al mercato in crescita della cosmesi naturale: “NATRUE offre una definizione coerente di quello che è un prodotto cosmetico e va oltre il singolo prodotto. Infatti la stessa linea di prodotti lanciata sul mercato da un brand deve poter essere certificata nella sua stragrande maggioranza. Su 10 prodotti almeno 8 devono essere certificati per offrire al consumatore una vera cosmesi naturale e non solamente qualche referenza civetta che faccia pensare a un impegno maggiore di quello reale. Per le aziende che sostengono NATRUE questi sono valori non negoziabili, sono il DNA delle aziende stesse, che seppur con le loro storie differenti sono riuscite tramite il lavoro comune nell’Associazione a trovare una mission condivisa”, conclude Francesca Morgante.

Il consumatore, soggetto e interlocutore decisivo

Qual è oggi la capacità del pubblico, nei diversi paesi europei in cui l’associazione opera, di cogliere l’importanza della certificazione e di distinguere tra un prodotto che è garantito da un sistema complesso di controlli rispetto a uno “sedicente” naturale?
Se, come accennavo prima, il consumatore di cosmesi naturale e biologica comprende la differenza tra un prodotto certificato e uno sprovvisto di certificazione, più difficile è analizzare le differenze tra i vari standard”, premette Francesca Morgante. “Sempre dallo studio GfK emerge che oltre l’85% delle persone intervistate comprende esserci una differenza tra un cosmetico naturale e uno biologico, tuttavia solo 1/3 è in grado di spiegarla. Se quindi possiamo affermare che negli anni passati si sono poste le basi per far comprendere a grandi linee che cosa si intenda per cosmesi naturale e biologica, la sfida adesso è quella di andare più nel dettaglio con i consumatori di oggi, che sono alla continua ricerca di informazioni di qualità, e allo stesso tempo aiutare i “nuovi” consumatori a non cadere nelle trappole del greenwashing”.

Quali sono i nuovi consumatori? C’è una nuova generazione che ricerca il naturale anche in questo genere di consumi?
Quando parlo di nuovi consumatori mi riferisco soprattutto al target di età 25-34 anni che sempre secondo l’analisi di GFK sono coloro che, più di altre fasce di età, considerano la cosmesi bio come parte del loro “naturale” stile di vita che comprende alimentazione sana, esercizio e attenzione alla sostenibilità in senso lato”, conferma Francesca Morgante.

Schermata 2016-10-06 alle 10.36.35Ma, restando sul punto di vista del consumatore, va detto che il prodotto cosmetico naturale è oggi “vestito” da un numero spesso elevato di simboli vari. NATRUE cosa ritiene sia possibile fare per accrescere l’efficacia e la percezione dei marchi che hanno una reale valenza di garanzia?
Il sistema NATRUE ha messo, direi per la prima volta, lo standard al centro e l’ente di certificazione in secondo piano, quanto meno agli occhi del consumatore.
Noi non certifichiamo direttamente, e gli enti di certificazione con cui collaboriamo sono ad oggi più di 10 a livello mondiale. Inoltre nel nostro sistema un ente terzo (IOAS) è incaricato da NATRUE di verificare, in cicli di audit quadriennali, la competenza dell’organismo di certificazione a operare secondo lo standard NATRUE. Questo processo si chiama accreditamento. Tuttavia non crea ulteriore frammentazione perché sul prodotto non solo non appare il logo di IOAS ma molto spesso neanche quello dell’ente di certificazione. Sul prodotto c’è solo il logo NATRUE che guida il consumatore nelle sue scelte di acquisto”, ricorda Morgante.

Il fattore prezzo per il cosmetico naturale rappresenta anche una garanzia di naturalità?
Il fattore prezzo non è di per sé una garanzia di naturalità. Il prezzo di un prodotto è determinato da molteplici fattori tra cui economie di scale, distribuzione, posizionamento di brand e anche ovviamente qualità della formulazione. Bisogna inoltre chiarire che “qualità” in una formulazione fa riferimento alla ricerca degli ingredienti, agli investimenti in ricerca e sviluppo e alla complessità della formulazione stessa. Prodotti autenticamente naturali e certificati possono anche avere un prezzo medio-basso frutto di formulazioni semplici, ma non per questo meno naturali. Allo stesso modo quei brand del naturale, che fanno della continua ricerca il loro punto di forza, avranno ingredienti differenti e che richiedono un costo maggiore. La variabilità di prezzo della cosmesi naturale va ricercata anche nello sviluppo del mercato stesso. La Germania, che è leader europeo del settore, ha visto una “democratizzazione” dei prezzi della cosmesi naturale che variano oggi da pochi euro a centinaia di euro, esattamente come accade per i brand del convenzionale”.

Il ruolo degli operatori professionali

Infine, un punto importante per i nostri lettori: come giudica il ruolo degli operatori professionali, che hanno compiuto uno specifico percorso formativo, nella distribuzione del cosmetico naturale e biologico?
Sebbene ormai viviamo in un mondo che fa dell’informazione tra pari un must, penso ancora che il ruolo degli operatori del settore possa essere fondamentale, ma in maniera differente rispetto al passato”, considera Francesca Morgante, e aggiunge “che anche l’operatore specializzato deve informarsi in maniera specifica e puntuale. Molto spesso anche a noi di NATRUE vengono poste domande molto pertinenti ed interessanti che dimostrano una conoscenza crescente dei consumatori”.

Ma l’intermediazione di un operatore professionale può costituire una garanzia per le scelte del consumatore?
Quello che deve far riflettere è che il consumatore di cosmesi naturale è sempre più multicanale. La cosmesi naturale e biologica non è più solo venduta tramite i canali tradizionali. I supermercati e internet giocano un ruolo molto importante e rappresentano una sfida per gli altri canali di distribuzione. Non è più un luogo fisico ad accreditare un prodotto come “naturale”, ma la reputazione del brand stesso e anche la certificazione. La capacità dell’operatore specializzato di indirizzare ogni consumatore verso il prodotto che meglio risponda alle sue necessità facendogli così avere una prima esperienza positiva con la cosmesi naturale, può essere la chiave per mantenere un vantaggio competitivo. La cosmesi naturale e biologica agisce in maniera diversa da quella convenzionale: profumazioni, texture e utilizzo sono spesso molto differenti. Questo mondo va fatto scoprire con passione e professionalità, caratteristiche essenziali per un operatore di punto vendita”.

Un mercato che oltre a crescere, si sta trasformando. Considerazioni utili, sulle quali siamo certi molti nostri lettori vorranno ritornare.

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Seminario

Dopo alcuni anni, SICC è tornata a trattare l’argomento “Capelli e cuoio capelluto” che ha dimostrato grande evoluzione in questo settore, dal punto di vista scientifico, tecnologico e normativo.

Questa volta SICC si è spostata dalla sede istituzionale di Milano per aderire ad una richiesta dei soci del Centro Italia, approfittando anche dell’ospitalità dell’Università di Camerino, da qualche anno sede del Master in Cosmetologia.

Il convegno è stato ospitato nella stupenda sala degli stemmi del Palazzo Ducale, sede di una delle Università più antiche e prestigiose d’Italia.

Dopo il saluto del Prorettore dell’Università, che ha ringraziato SICC per questa opportunità ed ha auspicato altri eventi in collaborazione, relatori autorevoli hanno trattato di ingredienti, formulazioni, metodologie di valutazione e di supporto ai claim per i prodotti di igiene e trattamento di capelli e cuoio capelluto, sia maschile che femminile.

Piera Di Martino, titolare del Master in Cosmetologia dell’Università di Camerino, ha delineato frammentazione e trend del mercato Italiano dei prodotti per capelli, che rappresenta circa il 14% del totale del cosmetico; il mercato ha seguito l’andamento generale di quello cosmetico, fatta eccezione per il settore professionale che ha subito negli ultimi anni un rallentamento importante; per il futuro si prevede un aumento della segmentazione in prodotti specialistici ed un altrettanto importante aumento del settore Bio-, che nel settore Hair già rappresenta un 30% del totale del mercato Bio-cosmetico.

Nicola Lionetti, dello Studio Rigano, ha poi effettuato una carrellata degli ingredienti nuovi e meno nuovi che caratterizzano il settore, soprattutto nell’ottica della specializzazione dei prodotti, ritornando comunque a rappresentare il caso “SLES” come emblematico dell’approccio contrapposto fra ricercatori “ortodossi” e bloggers del settore cosmetico.

Giuseppe Gennero, fondatore dell’Azienda Grow Upp, ha illustrato la segmentazione del mercato professionale del settore “Capelli femminile”, che vale circa 10 Mil di € a livello mondiale, di cui il 50% rappresentato dall’area Color, il 35% dall’area Care ed il restante 15% dallo Shape & Finishing. Gennero ha poi rappresentato 4 diversi style trends, per ognuno dei quali ha suggerito linee di prodotti ed interventi specialistici.

Gianfranco Secchi ha poi presentato alcune tecnologie e strumenti utilizzabili sia in ambito diagnostico dello stato dei capelli, che per la valutazione dell’efficacia dei trattamenti, fra i quali di massima importanza sono la valutazione dell’idratazione e la sebometria di capello e cuoio capelluto; il tutto per supportare adeguatamente i claim, requisito imprescindibile di legge sancito dal 2013 dal Regolamento Cosmetico Europeo che ne tratta in modo specifico gli obblighi. Un altro metodo importante riguarda la valutazione dell’efficacia antiforfora che si può avvalere di semplici metodi colorimetrici per la conta e la valutazione morfologica delle squame forforali pre e post trattamento.

Ermanno Piergentili (ML – kosmetik Italia) ha poi trattato in modo esauriente lo spinoso problema della colorazione e dei coloranti per capelli; dopo un’introduzione scientifica sul colore e la sua valutazione sensoriale e sulla struttura del capello in quanto elemento di supporto alle diverse tecniche di applicazione dei coloranti, è poi entrato nel merito delle diverse tipologie di prodotti coloranti, che ha suddiviso nelle tre classiche categorie: temporanei, semipermanenti e permanenti; per ognuna delle tre categorie ha poi illustrato le più importanti strutture cosmetiche a supporto del sistema colorante, soffermandosi in particolare sulla chimica dei coloranti permanenti che si ottengono principalmente per ossidazione e polimerizzazione di precursori non colorati; da ultimo è entrato nel merito delle problematiche tossicologiche e legislative dei coloranti per capelli, ribadendo che, a fronte delle liste positive presenti nell’Allegato del Regolamento Cosmetico Europeo, i coloranti per capelli possono essere ritenuti a tutti gli effetti innocui sia per i consumatori che per i professionisti, ovviamente nel rispetto di tutte le raccomandazioni obbligatorie trasmesse dalla corretta comunicazione B2B e B2C.

La lettura poi di Roberto Leonardi (consulente) ha riscosso molto interesse nell’auditorio per il suo carattere più filosofico che tecnologico; attraverso una fantasiosa illustrazione di prodotti innovativi ma di nicchia, ha voluto tracciare il processo dell’innovazione a partire dalla creatività che si può estrinsecare nella produzione di prototipi innovativi solo a fronte di meditazione profonda sul valore aggiunto che rappresenta tale innovazione per l’utente finale, che non può prescindere da un modo accattivante di comunicazione; da qui il ruolo fondamentale del Marketing se si vuole che prodotti e brand abbiano successo sul mercato.

Per ultimo, Luigi Campanella (Università La Sapienza, Roma), ha ribadito il ruolo fondamentale della chimica anche nella valutazione dello stato di benessere del capello e, di conseguenza, anche dell’organismo umano in toto. Sul capello infatti si fissano molti dei componenti (oligoelementi, sostanze minerali) che derivano dal metabolismo generale e, dalla loro analisi, si possono anche tracciare i recenti eventi metabolici, quali ingestione e/o assorbimento di tracce di sostanze tossiche e/o benefiche per lo stato di benessere di cute ed organismo umano.

Al termine di questa presentazione un acceso dibattito ha cercato di chiarire il ruolo del Reach, che riguarda principalmente le sostanze, ma che ha riflessi importanti anche per gli end-users, quali i prodotti cosmetici.

da Cosmetic Technology 4 – 2016

Spazio fitoterapia

Le proprietà antimicrobiche degli estratti da foglie di Olivo (Olea europaea L.) sono ben consolidate nella medicina tradizionale mediterranea e non solo, ma confermate dalla moderna ricerca scientifica.

Numerosi studi hanno investigato circa le proprietà antimicrobiche dei principi attivi ricavati dalle foglie della pianta, valutando l’estratto in toto, e singolarmente i suoi più importanti metaboliti secondari con test sia in vitro, sia in vivo, nei confronti di classici inquinanti come Escherichia coli o Staphylococcus aureus.

Interessante notare che test sono stati eseguiti non solo utilizzando i derivati dell’Olivo presi individualmente o in loro miscela, ma anche in associazione a farmaci, e a veri e propri antibiotici quali ampicillina.

Si è così stabilito che luteolin-7-O-glucoside ed altri derivati secondari sviluppano attività nei confronti dei citati ceppi batterici, in particolare nei confronti di S.aureus.

Ma si è pure potuto verificare che un energico effetto antimicrobico è sviluppabile anche da acido caffeico, verbascoside, oleoeuropeina, altri importanti ingredienti attivi degli estratti da foglie della pianta, nonché dall’olio stesso, quando utilizzati in associazione ad ampicillina. In particolare una pronunciata attività sinergica si è visto che si sviluppa tra ampicillina e idrossitirosolo, un fenolo-derivato che, nella sua forma esterificata (oleoeuropeina) è contenuto nell’olio di Oliva, ma anche nelle foglie.

Pertanto, se questi attivi dell’olio di Oliva possono non essere, parlando in generale, antimicrobici energici in confronto ad altri a più pronunciata attività, il loro uso in abbinamento a farmaci specifici (antibiotici) potrebbe rappresentare una utile strategia ai fini dell’ottenimento di preparati a più marcata attività antibatterica (8).

da Erboristeria Domani n°398

L’avanguardia antiaging

Il benessere dell’epidermide è uno dei nuovi simboli del life-style dell’individuo: una pelle curata, in armonia con corpo e mente, rappresenta oggi, e sempre più lo sarà nel futuro, un valore di forte connotazione sociale. Oramai da decenni, anche nella cultura occidentale, si è iniziato a prendersi cura dell’epidermide con prodotti e soprattutto materie prime capaci di attivare un processo di prevenzione dell’invecchiamento e di mantenimento di uno stato ottimale della pelle. Prendendo spunto dalle antichissime tradizioni orientali, nei nostri paesi si è sviluppata un’approfondita e ricca ricerca che ha portato alla nascita di prodotti sofisticati e mirati per i diversi bisogni, dando vita ad una nuova e oramai consolidata cultura cosmetica che, pur non essendo ancora arrivata ai millenari rituali orientali, ha fatto propria la gestualità cosmetica, che è ormai diventata un’abitudine quotidiana. In termini di stimoli sociali riceviamo sempre più segnali di una forte “consapevolezza dell’invecchiare”, che porta l’individuo ad affrontare con determinazione e trasparenza un processo di vita che lo vede ancora protagonista e capace di esprimere una sua profonda bellezza.

Nello specifico, l’invecchiamento cutaneo è solo uno dei fenomeni che permette di registrare un radicale cambio di approccio rispetto ad alcuni decenni fa: consapevoli dell’importanza di prevenire ma anche di conservare le proprie capacità di difesa, oggi si approccia all’uso di prodotti cosmetici in modo sempre più mirato ed efficace. Infatti il percorso cosmetico negli anni ha portato ad affrontare l’argomento anti-aging dapprima mettendo le basi della cultura cosmetica, con messaggi di idratazione e nutrimento, passando poi alla lotta ai radicali liberi, con ogni forma di protezione ed attivazione dei meccanismi di difesa, fino a lavorare sulla trama cutanea, per garantire risultati visibili.

In questo ambito, i nuovi ritrovati di grande interesse cosmetico sono di due diverse categorie: Pentapeptide-48 (and) Hydrogenated Lecithin (and) Glycerin (and) Butyrospermum Parkii (Shea) Butter (and) Phenethyl Alcohol (and) Ethylhexylglycerin (and) Maltodextrin (and) Aqua/Water: peptide biologicamente attivo la cui funzione si basa sulla scienza epigenetica con effetti analoghi alla pappa reale. Infatti mima la composizione della royal lecitin per combattere irregolarità e discromie della pelle e conferire omogeneità, morbidezza, compattezza e luminosità. Interessante anche l’approccio di Calendula Officinalis Flower Extract: ricco in oligosaccaridi rivitalizza l’epigenoma indebolito dalle aggressioni esterne e dall’età. Questo principio attivo impedisce le modificazioni degli istoni e la produzione di miRNA.

Grazie a questi meccanismi viene migliorato l’aspetto della superficie cutanea in seguito a riduzione delle rughe e dei microrilievi ed all’aumento del tono. Molto performante, in caso di epidermide che presenta evidenti segni di età, Water, Glycerin, Diglucosyl Gallic Acid (suggested): principio attivo bio-ottimizzatore dell’uniformità dell’incarnato attraverso il blocco del processo di melanogenesi (causa della formazione di discromie e macchie cutanee) e la protezione dall’insorgenza di processi infiammatori anch’essi responsabili di una pelle disomogenea (arrossamenti). La sua peculiarità è di essere attivato dallo stratum microbium della cute, cioè da quella infinita varietà di microrganismi che vivono sulla superficie della nostra pelle e che sono in grado di comunicare con le cellule epidermiche generando metaboliti e stimolando l’interazione cellulare. Nel corso degli anni la ricerca si è anche concentrata sui danni provocati dall’inquinamento atmosferico. Si prevede che sempre più i prodotti di bellezza vanteranno claims anti-pollution, con una crescita stimata intorno al 40% per i prodotti che ne dichiareranno un’efficacia mirata.

Anche in questo ambito la ricerca ha raggiunto traguardi di altissimo profilo e l’argomento anti-age si estende oggi allo studio di soluzioni anti-inquinamento sempre più mirate, fino ad arrivare ad analizzare nuovi eventi che sono entrati a far parte della nostra quotidianità e dei quali non abbiamo ancora consapevolezza. Un esempio sul tema: la cosìddetta blue light, luce derivante da computer, tablet e telefonini, e che è ormai annoverata tra le cause di digital aging. La protezione preventiva, in questo caso, è sempre più importante e tra i principi attivi da inserire nelle formulazioni è possibile segnalare Water/Aqua (and) Butylene Glycol (and) Theobroma Cacao (Cocoa) Seed Extract (INCI proposed): principio attivo derivato dai semi di cacao non fermentati di “Criollo Porcelana” (specie premium nella produzione del cioccolato) e ricco di peptidi, zuccheri e polifenoli. Attraverso studi in vitro si è osservato che la sua azione si esplica attraverso la riduzione dello stress ossidativo, la protezione delle Opsine (i fotorecettori della luce blu), nonché l’aumento di collagene ed elastina. Tutto ciò si traduce in una pelle più liscia grazie all’attenuazione delle rughe e delle linee di espressione.

Da non trascurare infine, un trend eco-biologico di sempre maggiore interesse: si è sempre più sensibili al consumo di acqua, definita oggi New Luxury, elemento di vitale importanza che rischia di scarseggiare sempre più sul nostro pianeta e che va quindi protetta da sprechi. Molti laboratori, e non solo nell’ambito cosmetico, hanno avviato ricerche sullo sviluppo di prodotti anidri. In particolare, nell’ambito dell’antiaging, segnaliamo alcune materie prime di interesse formulativo, quali Sodium Hyaluronate, Ricinus Communis (Castor) Seed Oil, Hydrogenated Castor Oil, che rappresenta la soluzione ottimale per veicolare l’acido ialuronico, molecola idrosolubile nota per le sue proprietà idratanti e quindi per contrastare l’invecchiamento cutaneo, in prodotti anidri. Aiuta per esempio a contrastare la secchezza delle labbra e la formazione delle rughe denominate “codice a barre” che, con l’avanzare dell’età, diventano sempre più evidenti (soprattutto nei soggetti fumatori, conseguenza dell’arricciare la bocca per aspirare il fumo), e che favoriscono la migrazione del rossetto con antiestetiche conseguenze. Allo stesso modo, sempre in presenza di una formula anidra per prodotti di make-up, troviamo l’innovazione di Triolein, Sodium Hyaluronate: grazie alla sinergia tra ialuronani ad alta prestazione e trigliceridi di origine naturale, questo principio attivo offre un’azione rigenerante e rimpolpante.

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da Cosmetic Technology 4 – 2016

Nel giardino dell’Eden officinale

Apertura

È l’ultimo giorno di primavera, domani comincia l’estate. Al mattino presto l’intero impianto è immobile, silenzioso. Il cielo è luminoso, è arrivato un bel sole dopo un lungo periodo di pioggia: i vialetti del giardino sono ancora deserti, lo stabilimento di estrazione è sigillato, anche se all’interno si vedono muoversi i primi operai; nella palazzina, negli uffici, al punto vendita, nella mensa non c’è ancora nessuno. Lo specchio d’acqua all’ingresso è l’unica presenza viva, animata dal movimento dell’acqua, delle foglie e degli animaletti che lo attraversano. Si ha l’impressione che tutto il complesso stia assumendo il ritmo della natura per dare il via alla giornata.

Un otto disteso
Schwäbisch Gmünd, con 23 ettari di superficie coltivata, è il più ampio centro di coltivazione biodinamica in Europa e uno dei tre punti cardinali della struttura produttiva di Weleda.
Il percorso su cui ci avviamo seguirà il tracciato dell’otto disteso, che delinea la forma del simbolo dell’infinito nella quale è stata disegnata la struttura del complesso: i vivai, i campi, il laboratorio di trasformazione, il centro didattico e direzionale.
Quello di Schwäbisch Gmünd è il più grande, e il principale per potenziale produttivo, dei Giardini Weleda.
Ci chiedevamo come mai tutti in azienda lo chiamano “giardino”, pensando di andare a visitare una impresa agricola. La risposta è arrivata da sola: questo è prima di tutto un luogo dove venire a incontrare e a conoscere le piante e la natura. In effetti, le aree più vicine all’ingresso sono arredate in modo particolarmente adatto ad accogliere il pubblico che visita con piacere la struttura, e presentano una varietà di specie e di fiori di particolare bellezza e richiamo. Oltre alla selezione floreale, in questa zona non mancano realizzazioni didattiche dimostrative che consentono al visitatore di cogliere immediatamente alcuni aspetti essenziali del tipo di agricoltura che si pratica qui; come il terrario, che permette di vedere con i propri occhi la vita che si propaga nel sottosuolo per metri, non centimetri, lungo le “gallerie” aperte degli apparati radicali delle piante, o la botte per la dinamizzazione del compost con acqua piovana e corno letame.
Schermata 2016-09-23 alle 16.28.38Ma non occorre scendere nello specifico della metodologia e delle tecniche antroposofiche per rendersi conto che l’azienda agricola qui è vista come un grande organismo vivente, e il compito di chi ci lavora è quello di tenere in equilibrio questa forma di vita e in armonia le complesse relazioni esistenti tra le varie specie di piante e il terreno. Perché se l’elenco delle officinali che qui vengono coltivate e direttamente utilizzate per la produzione di tinture e altri estratti, o che vengono spedite per venire impiegate nella preparazione di medicinali e cosmetici realizzate presso altri stabilimenti Weleda, arriva ad almeno 180 specie, bisogna considerare che la biodiversità presente nell’azienda agricola è ancora più ricca. In effetti è possibile osservare tra i filari varie consociazioni, e anche quando si attraversano i campi più estesi, come quelli dedicati alla calendula, non ci si trova di fronte a monoculture nettamente separate dall’ambiente circostante, ma a ampi settori aperti nel contesto di habitat vegetativi ricchi e compositi che separano i vari appezzamenti (a differenza di quanto siamo abituati a vedere nelle nostre campagne, dove lungo i bordi dei campi coltivati non cresce più niente).
Si stima siano circa 260 le specie officinali presenti complessivamente all’interno del giardino. Anche se sono importanti le piante arboree e perenni, coltivate per la raccolta di cortecce, fiori, frutti, radici e anche della pianta intera, nel giardino la prassi è la continua rotazione delle colture, con raccolti che iniziano già nei primi mesi invernali (si raccolgono le radici di celidonia e di angelica) fino a ottobre.

Gli altri giardini
Questo in Germania non è il solo: i giardini Weleda nel mondo sono tanti, diversi uno dall’altro.
Le altre due sedi principali della struttura internazionale Weleda, quella storica di Arlesheim, in Svizzera, e quella alsaziana di Huningue, in Francia, custodiscono due piccoli giardini, che conservano entrambi una grande varietà di specie medicinali. Piccoli gioielli sono quello di Ilkeston, nella contea di Derbyshire in Inghilterra centrale, composto da piccoli appezzamenti naturali, o quello olandese di Zoetermeer, sul mare del Nord, di meno di un ettaro, ma in grado di alternare nel corso dell’anno la vegetazione di oltre 200 specie differenti.
Da quando l’organizzazione Weleda si è estesa in altri continenti, l’esperienza dei giardini si è radicata a São Roque, nei territori montani della foresta pluviale del Brasile, in Argentina, nella regione di Cordoba, e perfino nella regione di Hawkes Bay in Nuova Zelanda, con l’originale giardino di Havelock North.

Coltivare e raccogliere nel rispetto della natura e delle comunità
Dall’avvio del progetto Weleda, la coltivazione di piante officinali ha consentito di avere sempre la disponibilità di piante fresche, ingredienti base nella formulazione dei prodotti medicinali e cosmetici per la cura del corpo.
La diversificazione della gamma di prodotti offerti, in particolare l’ampliamento delle linee cosmetiche con l’introduzione di nuove piante, tutte scelte in base ai criteri della filosofia Weleda, ma provenienti da tutto il mondo, ha reso necessario l’approvvigionarsi di nuove materie prime, alcune delle quali non possono essere coltivate nei climi dell’Europa centrale.
Per rispondere a questa esigenza, con la certezza di continuare a disporre di derivati integri dal punto di vista della naturalità, sia che vengano ricavati da piante coltivate che raccolte dalla flora spontanea, sono nati diversi progetti di cooperazione internazionale, che hanno portato alla costituzione di un network di produttori attivi in diverse parti del mondo, che Weleda avvia sulla base dei principi della sostenibilità sociale, ambientale e economica.
È il caso delle comunità che raccolgono l’Arnica selvatica in Romania, la Betulla in Repubblica Ceca, o che coltivano la Rosa damascena e il Melograno in Turchia, l’Iris in Marocco, la Ratania in Perù, fino alla coltivazione di Olivello spinoso in Toscana.

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Schwäbisch Gmünd nella storia Weleda
Superata l’area didattica all’ingresso, ha inizio un settore particolarmente significativo del giardino, dove su piccole parcelle vengono prodotte alcune delle specie “eroiche” della farmacopea antroposofica steineriana. Troviamo alcuni filari di Aconito (non è la sola pianta tossica che viene coltivata, destinata come altre all’uso farmaceutico nelle varie forme di dilui-
zione omeopatica; più avanti svettano dei bellissimi corimbi di Cicuta) e le aree dedicate alla “vegetalizzazione” dei metalli. Qui alcuni filari di Iperico sono coltivati su parcelle ove il terreno è stato trattato con una soluzione d’oro (quando lo vieni a sapere, ti sembra che i fiori gialli siano ancora più brillanti). Il cartellino Au1 indica che siamo nel primo anno del processo: le piante vengono raccolte in fioritura ma saranno utilizzate solo per compostazione, per la creazione di un humus “dorato” che verrà utilizzato per Iperico Au2, una nuova generazione che verrà “nutrita” con l’oro. Solo la generazione Au3 verrà destinata alla lavorazione per la preparazione del medicinale biodinamico.
Weleda venne fondata da Steiner, Wegman e Schmiedel nel 1921. Già nel primo decennio di attività Schwäbisch Gmünd fu sede di produzione dei primi farmaci biodinamici, anche se solo nel dopoguerra divenne il principale centro di coltivazione del gruppo. In questa struttura moderna, immersa nella natura, c’è il ricordo di un secolo di storia della medicina naturale.

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La parcella della Cicuta: la conoscenza dell’attività delle piante senza sapere perché
La Cicuta è l’esempio che viene portato ai visitatori di una pianta la cui azione era conosciuta fin dall’antichità, pur senza che l’uomo potesse spiegarsi le ragioni della sua attività e come questa si esplicasse.
Schermata 2016-09-23 alle 16.29.02L’aspirazione di raccogliere l’energia che i fiori e le piante sono in grado di racchiudere è uno dei fondamenti della pratica steineriana. Se bisogna studiare e condividere la sua filosofia per seguire le interpretazioni della dottrina di Steiner dei vari fenomeni che riguardano il rapporto tra l’uomo e il mondo naturale, è impossibile non cogliere istintivamente l’energia vitale che sprigiona un ettaro di calendula in fioritura. Da quando la fioritura ha inizio, la raccolta dei capolini prosegue per diversi giorni, alla mattina presto. Viene condotta a mano, come il diserbo dei filari e molte altre lavorazioni nel giardino, che per questo si avvale nel periodo estivo di molti lavoratori stagionali.

Una sfida al futuro
Molte sono le lavorazioni svolte all’interno del Giardino Weleda che assomigliano più alla cura di un parco che alla conduzione di una azienda agricola: la formazione delle riserve d’acqua con la creazione di laghetti popolati da ninfee e altre piante acquatiche; i ripari per le decine di specie diverse di insetti impollinatori, che come molti altri rappresentanti della piccola fauna del giardino sono protetti per le condizioni di equilibrio competitivo che creano verso gli insetti nocivi; la esecuzione della galleria di piante di poligono all’interno della quale vengono coltivate le felci, in condizioni di ombra analoghe a quelle che queste piante ricercano in natura.

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Conoscendo le difficoltà che incontra ogni giorno chi vuole coltivare piante officinali viene da chiedersi come sia possibile condurre in modo economico una impresa, che oltre alle normali sfide del mercato, si pone il rispetto di una così complessa serie di regole di principio.
Il modo deve esserci, se oggi Weleda è presente in 50 paesi del mondo, con circa 2000 dipendenti (di cui il 69% sono donne, per l’eredità forse dello slancio impresso dalla cofondatrice, Ita Wegman).
L’insieme delle scelte etiche adottate da Weleda non sta solo nell’applicazione dei principi antroposofici per la formulazione e la realizzazione dei prodotti: riguarda anche l’insieme dei criteri che regolano i rapporti interni all’impresa, in cui tutti i dipendenti sono responsabilizzati a vari livelli nelle scelte gestionali, quelli con i partner esterni all’azienda e, naturalmente, quelli con il pubblico e i consumatori finali.
Tutte scelte verificate e controllate da enti terzi.
Ci dicono che non può essere che così secondo la visione antroposofica: la salute, il benessere sono contenuti all’interno di un serie di cerchi concentrici che rappresentano l’individuo, la società, la natura, come nel simbolo dell’impresa, disegnato da Steiner.
Certamente, aggiungiamo noi, la qualità “naturale” ottenuta creando i prodotti in questo modo aiuta: lo dimostrano questo secolo di storia, e sicuramente, i prossimi cento anni.

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Benessere gastrointestinale

Il termine “salute dell’intestino” è un’espressione sempre più usata nel mondo occidentale (1) e contempla molteplici caratteristiche del tratto gastrointestinale (GI). In termini generali, i cinque principali parametri per definire un intestino in buona salute sono: efficace digestione ed assorbimento dei cibi, assenza di specifiche patologie al tratto GI, presenza di un microbiota normale e stabile, un’efficace sistema immunitario ed uno stato di benessere. L’importanza della salute dell’intestino è sottolineata dalla lunga lista di disturbi che possono interessarlo, quali flatulenza, gonfiore, bruciore di stomaco, nausea, vomito, costipazione, diarrea, intolleranza alimentare, dolori addominali e crampi.

I comportamenti suggeriti al fine di mantenere un corretto stato di salute intestinale comprendono uno stile di vita salutare, una dieta bilanciata e una moderata attività fisica giornaliera. Tuttavia, il rispetto di tali comportamenti può essere piuttosto impegnativo. I nostri ritmi sono sempre più veloci, anche per colpa di telefoni cellulari, e-mail ed internet che, se da un lato ci offrono possibilità nuove, dall’altro rendono difficile consumare un pasto salutare o farsi una passeggiata tranquilla. Queste sfide che il mondo moderno ci propone si traducono in una più alta prevalenza di patologie gastrointestinali funzionali ed organiche nei paesi occidentali.

Le evidenze scientifiche in campo medico non hanno ancora chiarito del tutto come mantenere o ripristinare lo stato di salute del nostro intestino, ma alcune osservazioni di carattere generale suggeriscono che esiste un’ampia varietà di possibili soluzioni utili per supportare il buon funzionamento dell’intestino ed un corretto stato di salute del tratto GI; tra queste per esempio l’impiego di ingredienti naturali che ne possano alleviare i disturbi. Alcuni esempi recenti sono discussi qui di seguito.

Dispepsia funzionale

Con il termine dispepsia viene identificata una serie di sintomi riferibili alla regione gastroduodenale che comunemente affliggono la popolazione adulta. La prevalenza della dispepsia funzionale (FD) varia globalmente tra l’11 e il 29,2% (2).

La FD non è una patologia che mette a repentaglio la vita e non sembra essere associata ad alcun incremento della mortalità. Tuttavia, l’impatto di tale condizione sui diversi soggetti e sulla sanità pubblica è considerevole: il 20% della popolazione europea e del Nord America consulta o il proprio medico di base, o lo specialista ospedaliero per disturbi legati alla dispepsia: più del 50% dei soggetti con dispepsia è sottoposto a trattamento e circa il 30% dei soggetti con FD riferisce di aver perso giorni di scuola o di lavoro a causa dei propri disturbi. I soggetti che non presentano alcuna patologia chiaramente identificabile, sono tenuti in osservazione nel tempo e rassicurati in merito alle loro condizioni. In presenza di sintomi, le terapie sono costituite da inibitori della pompa protonica (PPI), bloccanti H2 o agenti citoprotettivi. Nei soggetti con disturbi della motilità del tratto GI possono essere utilizzati anche farmaci pro-cinetici (per es. metoclopramide, eritromicina) somministrati sotto forma di sospensione liquida. Tuttavia, fino ad oggi non esistono evidenze certe che l’uso di classi specifiche di farmaci per i sintomi particolari (ad esempio reflusso vs dismotilità ) corrisponda ad un’efficace trattamento.

Recentemente, sono stati ottenuti risultati interessanti nel trattamento della FD da parte di una promettente combinazione brevettata di estratti di carciofo e zenzero (AGs). Due studi clinici supportano l’impiego di AGs nella FD e nella promozione di una sana digestione (3,4). In uno studio in doppio cieco randomizzato e controllato verso placebo (3) condotto su 126 soggetti, è stato dimostrato che la somministrazione di AGs prima dei pasti si associava, dopo 14 giorni, ad una riduzione dei sintomi statisticamente significativa rispetto al placebo. È interessante notare che tale efficacia si manteneva fino al 28° giorno dopo l’ultima somministrazione. La differenza percentuale tra il placebo e il gruppo dei trattati si avvicinava al 34%. Questa differenza è ben maggiore del 15% di incremento osservato negli studi precedenti condotti utilizzando prodotti sintetici o naturali. Inoltre, l’86% dei soggetti trattati con AGs riferisce un miglioramento dei sintomi legati alla FD, con una marcata riduzione nel 63% dei soggetti e un miglioramento soprattutto di nausea, sensazione di pienezza, dolore epigastrico e gonfiore.

Un secondo studio clinico cross-over randomizzato, condotto in 11 volontari sani (4), ha mostrato che il consumo di AGs prima di un pasto standard migliora significativamente lo svuotamento gastrico, confermando l’attività pro-cinetica della combinazione dei due estratti selezionati.

Questo è un ottimo esempio di come recuperare estratti vegetali ben noti quali il carciofo e lo zenzero per sviluppare un prodotto nuovo, sulla base di dati clinici che ne dimostrano l’attività (svuotamento gastrico) e l’efficacia (miglioramento della sintomatologia).

Sindrome del colon irritabile (IBS)

L’IBS è una patologia cronica funzionale del tratto GI. I soggetti che ne soffrono riportano dolore addominale e alterazioni delle abitudini dell’alvo, soprattutto con diarrea (IBS-D), stipsi (IBS-C) o entrambi (IBS-M). La diagnosi di IBS si fa solo su base clinica, dato che, ad oggi, non esistono marcatori che permettono di fare una diagnosi inequivocabile. Dati recenti riportano che la prevalenza di IBS è tra il 10 e il 25% (5). La patologia è caratterizzata da disturbi addominali ricorrenti o da dolore associato a due o più dei seguenti sintomi: sollievo dopo la defecazione, cambiamenti nella frequenza di svuotamento dell’alvo (diarrea o stipsi) o alterata consistenza delle feci. L’eziologia non è chiara ma sembra coinvolgere fattori sia psicosociali sia fisiologici. La terapia farmacologica è diretta ad alleviare i sintomi dominanti. Sono utilizzati farmaci anticolinergici per il loro effetto antispastico ma possono essere di beneficio anche i modulatori dei recettori della serotonina. Nei soggetti che presentano diarrea, è consigliata l’assunzione di 2-4 mg di loperamide per via orale prima dei pasti. La dose di loperamide deve essere aggiustata al fine di ottenere una remissione della diarrea senza comparsa di stipsi. In molti soggetti, gli antidepressivi triciclici (TCAs) aiutano a ridurre sintomi della diarrea, dolore addominale e gonfiore.

In questa complessa situazione clinica, gli estratti di Boswellia serrata costituiscono una buona risorsa per il sollievo dai disturbi del tratto GI. La Boswellia ha un’importante storia etnofarmacologica: nei testi tradizionali di medicina Ayurvedica e Unani, la sua resina gommosa trova spazio come rimedio efficace per la diarrea e la dissenteria. Questo uso potenziale è stato confermato in modelli preclinici (6). Recentemente, uno studio in aperto di tipo osservazionale condotto su soggetti con colite in fase di remissione, ha dimostrato un effetto significativamente benefico di Boswellia serrata Phytosome® su tutti i parametri analizzati, quali il dolore intestinale diffuso, la presenza evidente od occulta di sangue nelle feci, la peristalsi intestinale e i crampi, le feci liquide, il malessere, l’anemia, il coinvolgimento del retto e il numero di globuli bianchi, così come la necessità di effettuare un trattamento farmacologico o di ricevere cure mediche. Questi risultati rappresentano il punto di partenza per disegnare un secondo studio clinico specifico per i soggetti con IBS.

Cosa riserva il futuro?

Tra i disordini funzionali gastrointestinali (FGID) sono compresi svariati disturbi, fra loro diversi, che riguardano differenti porzioni del tratto GI e che coinvolgono l’ipersensibilità viscerale e la motilità intestinale. Pertanto, oltre a FD e IBS, anche altri disturbi possono essere identificati e trattati con ingredienti vegetali. Due entità funzionali sono fondamentali per il raggiungimento e il mantenimento di una buona salute intestinale, il microbiota GI e la barriera GI che consiste nella difesa da parte dell’epitelio (il sistema immunitario legato alle mucose) e nelle funzioni metaboliche (sistema nervoso enterico). La profonda comprensione delle interazioni positive tra molecole di origine vegetale, microbiota e barriera GI potrà portare ad un nuovo sfruttamento delle biodiversità vegetali. Queste ultime considerazioni sono oggetto di studi attuali e porteranno presto a nuovi ed interessanti risultati.

Bibliografia
1 Bischoff SC (2011) “Gut health”: a new objective in medicine? BMC Med 9:24-37
2 Mahadeva S, Goh KL (2006) Epidemiology of functional dyspepsia: a global perspective. World J Gastroenterol 12:2661-2666
3 Giacosa A, Guido D, Grassi M et al (2015) The effect of ginger (Zingiber officinalis) and artichoke (Cynara cardunculus) extract supplementation on functional dyspepsia: a randomized double-blind and placebo-controlled clinical trial. Evid Based Complement Alternat Med 915087
4 Lazzini S, Polinelli W, Riva A, Morazzoni P et al (2016) The effect of ginger (Zingiber officinalis) and artichoke (Cynara cardunculus) extract supplementation on gastric motility: a pilot randomized study in healthy volunteers. Eur Rev Med Pharmacol Sci 20:146-149
5 Canavan C, West J, Card T (2014) The epidemiology of irritable bowel syndrome. Clin Epidemiol 6:71-80
6 Borrelli F, Capasso F, Capasso R et al (2006) Effect of Boswellia serrata on intestinal motility in rodents: inhibition of diarrhoea without constipation. Br J Pharmacol 148:553-560

da L’Integratore Nutrizionale 3 – 2016

Acquisti di cosmetici on line

In occasione della presentazione della ricerca condotta da Human Highway, nel quadro dell’accordo tra Cosmetica Italia e Netcomm, sono state illustrate le dinamiche più recenti in materia di e-commerce, riservando particolare riguardo al mercato cosmetico e al comportamento dei consumatori.

Dallo studio è emerso che in Italia, tra i 29,3 milioni di individui che si servono della rete abitualmente, almeno una volta alla settimana, circa il 62% è acquirente on line. Da questa premessa è risultato che nel 2015 circa 4,7 milioni di persone hanno acquistato almeno una volta negli ultimi sei mesi un prodotto di cosmetica e di questi circa due milioni sono clienti abituali, ovvero hanno acquistato un cosmetico più di una volta nell’arco di sei mesi. Considerando che, nel 2014, si stimava che gli acquirenti on line di cosmetici fossero circa 4 milioni, il risultato è davvero importante. Il 2015 registra un valore di 175 milioni di euro (+22%), un ritmo superiore a quello dell’intero net retail italiano (+19% nel 2015 rispetto al 2014).

Gli acquirenti di prodotti cosmetici on line sono indotti a questo tipo di acquisti dalla convenienza, grazie alle offerte e al risparmio; ma non solo.

La disponibilità di prodotti, con un amplissimo catalogo di proposte rappresenta un ulteriore input a questa scelta di acquisto. Nel caso delle vendite on line, la motivazione vincente risulta essere quella della convenienza dei prezzi collegata alla promozionalità. E questi sono i valori più alti nel confronto con gli altri canali.

Ci si potrebbe chiedere se l’e-commerce rappresenti un ostacolo agli acquisti nei canali tradizionali, ma la risposta che emerge è negativa. Prevale infatti la parola d’ordine cross-canalità e, grazie a questo concetto, la sovrapposizione delle vendite dei comparti merceologici sfocia in una reciproca soddisfazione della domanda. Il confronto tra vendite on line e quelle nei canali tradizionali rivela un andamento in valore ancora ridotto per questi ultimi, ma è interessante valutare alcune tipologie di prodotto. I profumi, i prodotti per il trucco delle mani e per lo styling dei capelli sono ben al di sopra della media di consumo, anche se con valori inferiori delle vendite on line rispetto a quelle nei canali tradizionali.

 

Per informazioni
Benedetta Boni – tel 02 28177348 – benedetta.boni@cosmeticaitalia.it
Francesca Casirati – tel 02 28177347 – francesca.casirati@cosmeticaitalia.it
www.cosmeticaitalia.it

Cosmetic Technology 4 – 2016

Accademia del Profumo

Oltre 1300 visitatori hanno preso parte alla prima tappa del percorso olfattivo organizzato da Accademia del Profumo Straordinario Sentire: trilogia del profumo in tre atti, manifestando grande entusiasmo, curiosità e stupore.

L’evento è stato inaugurato il 15 giugno u.s. dal Presidente di Accademia del Profumo, Luciano Bertinelli accompagnato dal direttore dell’Orto Botanico di Brera, Martin Kater. I visitatori hanno potuto approfondire le relazioni tra profumo e società e scoprire il dietro le quinte della creazione delle fragranze, ma soprattutto annusare! Quaranta odori infatti hanno accompagnato i tre atti del percorso: il primo dedicato all’emozione, il secondo all’evoluzione, il terzo alla conoscenza.

Passeggiando per l’orto, è stato inoltre possibile scoprire le famiglie olfattive dei profumi e l’olfatto è stato il protagonista degli incontri di approfondimento che hanno animato il percorso durante l’apertura al pubblico. Dopo l’evento teaser del 9 giugno, con un aperitivo olfattivo al Labsolue Perfume Laboratory di Magna Pars Suites Milano, il 18 giugno sono stati svelati alcuni aspetti inediti del mondo del profumo: il team di Expressions Parfumées (Vincent Ricord, il “naso” creatore, e Edoardo Matassi, AD della sede italiana) ha raccontato I mestieri della profumeria, mentre i “nasi” di AFM Atelier Fragranze Milano (Maurizio Cerizza e Luca Maffei) hanno presentato alcune materie prime di origine italiana spiegandone l’origine di utilizzo nelle fragranze.

Giovanna Zucconi, autrice di La sua voce è profumo e creatrice del marchio di profumeria artistica Serra&Fonseca, ha invece condotto i visitatori nella “passeggiata “ letteraria tra aromi e fragranze Profumi e parole: la rosa, la zagara e l’ambra grigia hanno accompagnato alcune letture, insieme alle note musicali a tema del gruppo Enerbia.

Infine, anche i Piccoli nasi dei bambini hanno avuto la possibilità di sperimentare alcuni odori molto familiari nel kids/LAB di domenica 19 giugno.

Per informazioni
Benedetta Boni – tel 02 28177348 – benedetta.boni@cosmeticaitalia.it
Francesca Casirati – tel 02 28177347 – francesca.casirati@cosmeticaitalia.it
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Cosmetic Technology 4 – 2016

Aromaterapia scientifica: Spagna chiama Italia

Schermata 2016-09-16 alle 17.10.11Si affaccia al mercato italiano un giovane e moderno laboratorio catalano, Terpenic Labs, che dell’approccio scientifico all’uso degli oli essenziali, caratterizzati, di qualità e origine controllata, e alle loro applicazioni in campo alimentare, cosmetico e terapeutico, ha fatto la propria specializzazione. 

Sin dai tempi più remoti, l’umanità in diverse latitudini della terra ha usato, talvolta in modo casuale, erbe e piante per gli effetti curativi ed estetici. Nel XIX secolo di pari passo alle scoperte della biologia, della chimica e della fisica, si fa strada una medicina scientifica non più vincolata a credenze esoteriche e spiritistiche. Con lo sviluppo della farmacologia moderna si avvia lo studio razionale delle droghe vegetali e dei relativi effetti sull’organismo umano e animale.

Mirra e incenso, galbano e calamo, cisto o cannella non rappresentano più gli ingredienti di misteriosi unguenti che portano la nostra fantasia olfattiva a terre lontane e ancestrali, dal Nilo alla Giudea, dalla Persia all’isola di Sumatra. Oggi con le moderne tecniche di laboratorio possiamo conoscere l’utilità di una droga vegetale nella fisiologia e nella patogenesi di molti disturbi. Tra le varie tipologie di estratti (tinture, succhi, macerati, ecc.), gli oli essenziali costituiscono i principi attivi delle piante la cui azione sui diversi tessuti umani e animali è ampiamente documentata. Sebbene l’utilizzo dell’olio essenziale costituisca una pratica ampiamente diffusa in alcuni Paesi del Vecchio Continente come Francia o Spagna, in Italia l’Aromaterapia è ancora oggi troppo spesso associata a pratiche di dubbia rilevanza, sia in ambito clinico che estetico, relegando l’olio essenziale ad una semplice composizione profumata.

La gascromatografia o la spettrometria di massa hanno permesso di evidenziare la composizione chimica complessa di un olio essenziale, consentendo così una perfetta identificazione del chemiotipo. Una stessa specie botanica infatti, può sintetizzare essenze diverse, e a volte molto diverse, secondo la provenienza geografica o le caratteristiche climatiche. L’esempio più noto è quello del timo (Thymus vulgaris) che presenta sei diversi chemiotipi in base al costituente primario (timolo, linalolo, tujanolo, carvacrolo, geraniolo, terpineolo).

L’attività dell’olio essenziale, sia a livello cosmetico che farmacologico, dipende quindi dal suo chemiotipo e dal profilo cromatografico nel suo complesso. Ad esempio, l’olio essenziale di rosmarino (Rosmarinus officinalis) chemiotipo 1,8-cineolo presenterà caratteristiche assai diverse da un olio essenziale ottenuto da una specie botanica con il medesimo fenotipo (Rosmarinus officinalis), ma con un chemiotipo differente, come il verbenone o il canfora.

L’attività biologica dell’olio essenziale è in realtà data non solo dal suo costituente primario. In più occasioni si è tentato di riprodurre l’effetto terapeutico di una essenza isolando e utilizzando uno solo dei suoi componenti; tuttavia, si è osservato che è il complesso di tutte le molecole che, di concerto, esplicano una specifica azione sui tessuti umani. Inoltre, alcuni oli essenziali presentano un comportamento ormetico, ovvero diametralmente opposto da un punto di vista terapeutico a seconda del dosaggio usato, come ad esempio la canfora, il cineolo o a-tujone che sembrano essere sedativi a bassi dosaggi ed eccitanti a dosaggi più alti.

È quindi di prima importanza una valutazione dei parametri qualitativi dell’olio essenziale per evitare, ad esempio, eventuali adulterazioni che risultano essere una pratica assai diffusa. Da un’indagine australiana che presto verrà pubblicata, sul mercato europeo sette su dieci oli essenziali di Tea Tree (Melaleuca alternifolia) risultano non conformi ai parametri qualitativi stabiliti in Australia.

Schermata 2016-09-16 alle 17.10.34L’aggiunta di composti sintetici, di frazioni di bassa qualità o addirittura la vendita di miscele totalmente sintetiche, costituiscono un rischio per la salute del consumatore. Vista la complessità biochimica dell’olio essenziale, la varietà botanica delle piante aromatiche e le variabili che influenzano la biosintesi dell’essenza, sono poche le aziende specializzate in Aromaterapia scientifica la cui struttura può assicurare il rispetto dei parametri qualitativi e di sicurezza. Parallelamente a questi aspetti, è importante avere accesso a una formazione di base e specifica, con un costante aggiornamento che permetta al professionista della salute o dell’estetica di utilizzare l’olio essenziale più adatto tra un ventaglio estremamente ampio di possibilità.

In Spagna si è posizionata con grande successo Terpenic Labs, una giovane ditta catalana la cui alta specializzazione in Aromaterapia scientifica ha permesso di creare una struttura organizzativa agile e funzionale, formulando sinergie e preparati a base di oli essenziali chemiotipizzati.

Terpenic Labs dispone, inoltre, di un moderno laboratorio di analisi gascromatografiche, il che permette un seguimento costante nei processi di controllo qualità dei propri prodotti, offrendo altresì un servizio di analisi altamente specializzato a terzi.

Terpenic Labs commercializza circa 200 oli essenziali, 60 oli vegetali, una linea di integratori alimentari e preparati dermo a base di oli essenziali chemiotipizzati, nonché una ventina di diversi idrolati che sono sottoposti ad un particolare processo per evitare l’uso di conservanti.

L’ampio ventaglio di prodotti permette di proporre oli essenziali o vegetali rari o poco conosciuti per la loro origine e attività. Quello, ad esempio, di Lavanda Siviglia molto difficile da trovare in Italia1 si ricava da una sottospecie botanica della famiglia delle Lamiaceae, la Lavandula Luisieri (Rozeira) Rivas Mart. che cresce nella zona del mediterraneo, in particolare nelle regioni limitrofe della città di Siviglia e di altre province dell’Andalusia. Si ricava dalla distillazione in corrente di vapore dei fiori e presenta note olfattive e caratteristiche biochimiche completamente distinte rispetto alla conosciutissima Lavanda comune (Lavandula angustifolia), alla Lavanda spica (Lavandula latifolia), o al Lavandino (Lavandula hybrida). Il costituente biochimico principale è l’acetato di alfa-Luisierile e il profilo cromatografico di quest’olio essenziale è naturalmente complesso. Utilizzato a livello topico, presenta una serie di caratteristiche che un recente studio portoghese pubblicato nel 2016 ha confermato, come l’attività antiossidante per l’azione inibente sulla perossidazione lipidica e le proprietà analgesiche e antinfiammatorie2. Tradizionalmente l’olio essenziale di Lavanda Siviglia è anche usato come cicatrizzante, per trattare le melanodermie e la pelle a buccia d’arancia nella cellulite.

Schermata 2016-09-16 alle 17.10.53Gli oli essenziali usati in ambito estetico e come integratori sono spesso associati all’uso degli idrolati e degli oli vegetali, quest’ultimi generalmente ottenuti per spremitura di frutti o semi. La differente composizione in acidi grassi e frazione insaponificabile dei lipidi vegetali (come nel caso degli oli vergini di prima spremitura), rappresenta un’importantissima fonte di costituenti preziosi come le serie Omega (3,6,9) o di vitamine come la A, la E, la D, oltre che costituire il veicolo più appropriato per diluire l’olio essenziale.

L’Aromaterapia scientifica rappresenta, per i suoi prodotti di origine naturale spesso biologici, una alternativa agli ingredienti di sintesi che dominano il panorama formulativo degli integratori alimentari e della cosmesi.

Info: www.terpenic.com
(Alessandro Pejrano Romero, Terpenic Labs)


1 L’olio essenziale di Lavanda Siviglia è commercializzato in Italia da Terpenic Labs (www.terpenic.com) tel 02.94756311
2 Arantes S, Candeias F, Lopes O, Lima M, Pereira M, Tinoco T, Cruz-Morais J, Martins MR (2016) Pharmacological and Toxicological Studies of Essential Oil of Lavandula stoechas subsp. Luisieri. Planta Med: Apr 28

Supplementazione nel fotoaging

Inizia da questo numero una breve serie di review della letteratura recente riguardante gli effetti della nutrizione e della supplementazione sul benessere della pelle e dei capelli, che vuole dare, oltre che un aggiornamento “accademico”, anche delle informazioni pratiche che possono risultare utili ai formulatori. La prima review riguarda il fotoaging, argomento di primaria importanza nell’invecchiamento cutaneo e nelle patologie correlate all’esposizione solare.

L’invecchiamento cutaneo è un fenomeno biologico complesso causato dall’interazione di due processi: l’invecchiamento intrinseco (cronoaging) ed estrinseco (fotoaging). Il cronoaging è determinato geneticamente e porta inesorabilmente alla morte cellulare. L’invecchiamento estrinseco, che si manifesta anche nei giovani e si sovrappone al precedente nelle aree fotoesposte, è causato in gran parte dalla radiazione ultravioletta, ed è denominato per questo fotoaging. Non solo la radiazione UV, ma anche l’inquinamento ambientale, gli AGEs del collagene e la radiazione visibile e infrarossa inducono nella pelle la formazione di radicali liberi anche dopo soli 15 minuti di esposizione alla radiazione UV con dosi ben al di sotto della dose minima eritematogena (1).

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Gli UV, oltre al danno diretto al DNA che provoca anche l’insorgenza di neoplasie, attivano recettori sulla superficie dei cheratinociti e dei fibroblasti che portano alla degradazione del collagene nella matrice extracellulare e all’inibizione della sua sintesi. La riparazione del collagene susseguente al danno solare non è perfetta e produce cicatrici solari che ripetendosi negli anni diventano clinicamente visibili, come atrofia, secchezza e rugosità: i segni del fotoaging. Il fotoaging è più evidente negli individui con pelle più chiara i quali manifestano più precocemente discromie e rughe e si pensa che l’80% dell’invecchiamento del viso sia dovuto al fotoaging.

Le più importanti vie di segnalazione regolate dallo stress ossidativo indotto da UV (Fig.1) sono:

• la via delle MAPK che aumenta l’espressione delle metalloproteinasi della matrice extracellulare (MMPs) con conseguente degradazione del collagene e contemporanea inibizione della sua sintesi

• la via del fattore di trascrizione NF-kB che attiva citochine e prostaglandine infiammatorie come IL1, IL-6, TNF-α e le PGE2

• la via del fattore di trascrizione Nrf2 che è considerato il principale regolatore della difesa antiossidante endogena per la sua capacità di controllare l’espressione di numerosi geni che codificano per enzimi antiossidanti e antinfiammatori, tra cui la glutatione perossidasi, la glutatione transferasi, la glutamilcisteinil ligasi, e la superossido dismutasi.

A seguito del tipo di radiazione UV e del fototipo, si producono scottatura solare, immunosoppressione, fotoaging e neoplasie cutanee. L’immunosoppressione che aumenta il rischio di neoplasie cutanee è indotta dall’azione sinergica delle radiazioni UVB, UVA e dalla isomerizzazione dell’acido trans-urocanico nella sua forma cis- che inibisce la funzione delle cellule di Langerhans.

Fotoprotezione sistemica

Il danno da UV può essere limitato con indumenti adeguati, con prodotti per la protezione solare, che sono le misure più importanti per prevenire il fotoaging e l’insorgenza di neoplasie, e con un trattamento locale o sistemico a base di antiossidanti o di principi attivi che per la loro azione schermante, antiossidante, antinfiammatoria e immunomodulante stimolano le difese antiossidanti e i meccanismi riparativi endogeni. In condizioni normali e in soggetti sani e nutriti correttamente il danno ossidativo viene riparato quasi completamente. Una dieta ricca di vitamina C, verdura, legumi, acidi grassi essenziali, olio di oliva, e povera di grassi e carboidrati, contrasta gli effetti dell’aging e migliora l’aspetto della cute anche in tarda età, anche se in condizioni eccezionali come l’esposizione al sole estivo è di aiuto ma non sufficiente. La protezione solare endogena ha una protezione più bassa dei prodotti solari topici, ma ha il vantaggio di coprire l’intero arco della giornata, ed è proprio l’esposizione continua non protetta dai prodotti solari, più che quella occasionale, che contribuisce maggiormente al fotoaging. Le molecole ideali da utilizzarsi nella fotoprotezione sistemica devono raggiungere la cute in quantità sufficiente, essere sicure perché devono essere impiegate per lunghi periodi di tempo, schermare la radiazione solare, neutralizzare le specie reattive, avere un’azione antinfiammatoria, stimolare o ripristinare le difese antiossidanti endogene, ponendo la cellula nelle migliori condizioni possibili per riparare il danno subito. Per non creare squilibri nel sistema antiossidante endogeno e per non incorrere in dosaggi elevati, i supplementi dovrebbero essere formulati con più principi attivi ad azione sinergica.

Vitamine

La vitamina C ha un’azione antiossidante, immunostimolante, favorisce la riparazione delle ferite, protegge le strutture cellulari e il DNA dai danni delle specie reattive dell’ossigeno e, rigenerando la vitamina E, protegge indirettamente gli acidi grassi polinsaturi di membrana dal danno ossidativo. Con la sua azione antiossidante inibisce la degradazione del collagene e ne aumenta sintesi e maturazione, rallentando così l’insorgenza delle rughe. La combinazione di vitamina C (2g/die) e vitamina E (1000 IU di α-tocoferolo) per os, una settimana prima dell’esposizione agli UV, riduce la scottatura solare e aumenta la MED (minimal erythema dose) del 21%. Se si prolunga la somministrazione per tre mesi, si osserva la diminuzione della formazione di dimeri di timina e un aumento significativo della MED del 41% (2). Un supplemento contenente vitamina C (Ascorbato di Sodio 45 mg), vitamina A (Retinil Palmitato 600 μg), vitamina E (Tocoferil Acetato 10 mg), zinco (Zinco Solfato Monoidrato 7 mg) e collagene idrolizzato (10g) assunto una volta al giorno per 90 giorni riduce le rughe, migliora la densità dermica, la larghezza dei pori e l’elasticità cutanea esercitando un’azione significativa contro l’aging cutaneo (3). La somministrazione per via topica della vitamina C aumenta i livelli cutanei da 27 a 40 volte rispetto all’assunzione per os e può essere quindi affiancata efficacemente alla supplementazione orale.

Nicotinamide

La nicotinamide è il costituente fondamentale del coenzima redox NAD ed è fondamentale per la sintesi di ATP. La radiazione UV diminuisce il quantitativo di NAD cutaneo provocando una crisi energetica che impedisce una normale funzione immunitaria e un’ottimale riparazione del DNA. L’assunzione di nicotinamide in individui sani alle dosi di mg 500/die o mg 1500/die per una settimana riduce l’immunosoppressione cutanea e, alle dosi di 1000 mg/die in due somministrazioni per 4 mesi, limita l’insorgenza di cheratosi attiniche (4).

β-carotene

I carotenoidi come il licopene, il β-carotene, la zeaxantina e la luteina con i loro doppi legami coniugati hanno una spiccata proprietà antiossidante e sono tra i più efficaci scavenger naturali dell’ossigeno singoletto e del radicale perossilico. La supplementazione con β-carotene protegge anche dall’immunosoppressione fotoindotta. L’azione scavenger è aumentata dall’associazione dei carotenoidi con altri antiossidanti come la vitamina E o C. Il β-carotene non è tossico e l’assunzione fino a 7 mg/die è considerata sicura eccetto che nei fumatori e nei lavoratori dell’amianto. Il β-carotene alle dosi di 20 mg/die per almeno 10 settimane riduce l’eritema indotto da UV del 40-50% nonostante il suo SPF (Sun Protection Factor) non raggiunga il valore di 4(5). La riduzione dell’eritema si ha anche con l’assunzione di una miscela di carotenoidi formata da β-carotene, luteina e licopene (8 mg per ciascuno/die) per 12 settimane (6). La radiazione UV è uno dei fattori che predispongono all’insorgenza del melasma. In 68 donne brasiliane con melasma, di un’età compresa tra i 30 e i 60 anni, e con fototipo III, IV o V (Fitzpatrick), l’applicazione topica durante la stagione estiva di un prodotto per la protezione solare (SPF 60) associata a una supplementazione con un prodotto commerciale contenente beta-carotene, licopene e Lactobacillus johnsonii ha ridotto il melasma dell’8,5% secondo la scala di Taylor (7). Questi dati suggeriscono che alle nostre latitudini e in soggetti con fototipi più chiari, un trattamento continuo con β-carotene o associato a licopene e Lactobacillus johnsonii possa avere un azione efficace sul melasma. Dopo 4 settimane di assunzione di frullati con frutta ricca di carotenoidi, la cute assume una tonalità giallo arancio che rende il viso più attraente perché i carotenoidi, che diminuiscono nelle infezioni, sono un marker di salute e dieta sana (8).

Minerali

I minerali sono essenziali per l’attività degli enzimi antiossidanti e devono essere assunti con la dieta o con la supplementazione. Il rame, lo zinco e il manganese sono componenti essenziali della superossidodismutasi, il selenio della glutatione perossidasi (GPx) e il ferro della catalasi. Lo zinco ha anche un’azione antiossidante per il suo legame con i gruppi tiolici (-SH) delle membrane cellulari che protegge dall’ossidazione e per l’induzione della sintesi delle metallotioneine che, sequestrando i metalli, impediscono la formazione dei radicali liberi. Essendo lo zinco in competizione, per l’assorbimento intestinale, con il rame e il ferro, e dato che la carenza di ferro e zinco sono frequenti e possono presentarsi contemporaneamente, se la supplementazione con zinco è protratta, si possono aggiungere al supplemento 1-2 mg di rame (9). La supplementazione con silicio stabilizzato con colina (10 mg/die per 20 settimane) migliora l’aspetto e le proprietà meccaniche della pelle nelle donne affette da fotoaging. La deficienza di selenio diminuisce le difese antiossidanti e aumenta lo stress ossidativo in seguito all’esposizione agli UV.

Polifenoli

I polifenoli hanno un’attività antiossidante, anticancro ed estrogenica. La loro attività antiossidante e quindi anche antinfiammatoria è dovuta ai gruppi funzionali, soprattutto idrossilici, legati agli anelli aromatici e alla delocalizzazione elettronica sulle strutture alifatiche e aromatiche, susseguente alla formazione del radicale fenolico. Gli effetti anticancro sono dovuti all’azione su diverse vie di segnalazione cellulare tra cui la via delle MAPK, i fattori di trascrizione NF-kB e AP-1, e i loro geni bersaglio codificanti per COX-2 e VEGF, mentre l’azione estrogenica è mediata dagli isoflavoni. Il Picnogenolo® è un estratto della corteccia di pino marittimo francese (Pinus pinaster) che contiene flavonoidi, catechine, acidi fenolici e procianidine. Possiede un’azione antiossidante e antinfiammatoria ed è un potente scavenger dei radicali liberi. Protegge la vitamina E dall’ossidazione e rigenera la vitamina C, mantenendo efficienti le difese ossidative della pelle. Per la sua azione inibente la tirosinasi dei melanociti, ha un effetto schiarente e può per questo essere utile nella prevenzione del cloasma e della lentigo senile. Secondo il produttore, per avere un’azione antiossidante preventiva efficace, la dose deve essere di almeno 20 mg/die, con un massimo di 150 mg/die per periodi di 4 settimane per avere un effetto antiedemigeno. Per l’effetto antinfiammatorio la dose deve essere di almeno 30 mg/die. Il picnogenolo per la sua mancanza di tossicità e genotossicità può essere assunto per lunghi periodi e può così entrare nella formulazione di supplementi antiaging.  La supplementazione con 326 mg/die per 12 settimane di polifenoli del cacao ricchi in flavanoli (epicatechine 61 mg e catechine 20 mg) migliora l’eritema indotto da UV, il circolo e l’idratazione cutanea, contribuendo così alla fotoprotezione endogena (10). Il Ginkgo biloba contiene flavonoidi e polifenoli che stimolano la proliferazione dei fibroblasti del derma e la produzione di collagene. Un suo flavonoide, la ginkgetina, inibendo la COX-2, mostra proprietà antinfiammatorie e antitumorali (11). I polifenoli del tè verde (GTPPs), somministrati sia topicamente che per via orale, hanno proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e antitumorali. La somministrazione orale dei polifenoli del tè verde inibisce l’espressione delle MMPs indotte dai raggi UV, contrastando la degradazione del collagene e mostrando così un’efficacia contro il fotoinvecchiamento. L’assunzione di 300 mg di GTPPs due volte al giorno e l’applicazione di una crema al 10% di GTPPs una volta al giorno per 8 settimane ha migliorato la componente elastica del derma in 40 donne, con moderato fotoaging e con fototipo I, II e III (Fitzpatrick) (12). L’assunzione media di isoflavoni della soia nei paesi asiatici è di 24-45 mg, più di dieci volte maggiore di quella dei paesi occidentali. Si racconta che le donne impiegate nelle fabbriche nelle quali si lavorava la soia erano apprezzate per la bellezza dei loro capelli e per la pelle liscia e luminosa, dovuta ai fitoestrogeni di cui è ricca la soia. L’azione estrogenica è prodotta dagli isoflavoni ed è dovuta alla competizione con l’estradiolo per il recettore degli estrogeni (ER). Differentemente dall’estradiolo che ha la stessa affinità per i recettori ER-α e ER-β, gli isoflavoni come la genisteina hanno maggiore affinità per gli ER-β. La genisteina è un potente antiossidante, neutralizza i radicali perossili proteggendo le membrane e le LDL dall’ossidazione. L’azione favorevole sulla cute e sulla crescita del capello mediata dagli isoflavoni (75 mg/die) indica che il loro livello raggiunto nel follicolo e quindi nel derma è sufficiente a produrre un effetto biologico.Una supplementazione con isoflavoni della soia (50 mg), licopene (6 mg) e vitamina C (60 mg) contrasta l’invecchiamento cutaneo mantenendo la densità, la compattezza e l’idratazione cutanea in donne in menopausa (13). L’estratto di soia applicato per via topica mostra un interessante effetto antiaging, inducendo la sintesi di collagene-1 ed elastina e inibendo nel contempo l’attività dell’elastasi in trapianti di pelle umana su topo. L’estratto di Melograno, ricco di polifenoli, ha proprietà antiossidanti e antinfiammatorie. Nel topo glabro SKH-1 esposto agli UV, inibisce l’ossidazione dei lipidi, delle proteine, l’iperplasia dell’epidermide, l’infiammazione e modulando le vie di segnalazione di NF-kB e MAPK inibisce l’attivazione indotta dagli UV della COX-2 e della iNOS, mostrando così proprietà antitumorali. Il resveratrolo è un polifenolo appartenente alla famiglia degli stilbeni, la principale classe di fitoalessine prodotte nelle Vitaceae. Protegge i cheratinociti dai danni del fumo di sigaretta e da esposizioni multiple agli UVB con la modulazione della via delle MAPK. L’applicazione topica di resveratrolo sulla pelle del topo glabro SKH-1 previene l’edema cutaneo, l’infiammazione, l’ispessimento fotoindotto da UVB della pelle, il rilascio di perossido d’idrogeno e l’infiltrazione leucocitaria UVB indotta; ritarda inoltre l’insorgenza dei tumori in seguito all’esposizione agli UVB. Nell’uomo, in uno studio in doppio cieco contro placebo su 50 volontari sani di ambo i sessi, di età tra i 35 e i 65 anni, si è somministrata una capsula/die di un supplemento contenente: 133 mg di estratto d’uva (8 mg di resveratrolo), 14,63 mg di procianidine, 0,67 mg di antocianosidi, 0,4 mg di flavonoidi, 1,3 mg di altri stilbeni, 125 mg di estratto secco di melograno (3,75 mg di procianidine), 8.75 mg di punicalagina e acido ellagico, 50 μg di selenio, 26 mg di diossido di silicio e 45 mg di maltodestrine. Dopo 60 giorni, si sono ridotte le rughe, le lentigo senili, si è ridotto lo stress ossidativo e sono migliorate l’elasticità e l’idratazione cutanea (14). Uno studio in doppio cieco ha valutato l’efficacia sull’aging cutaneo di due supplementi assunti 2 volte al giorno per via sublinguale su 60 volontari sani di ambo i sessi non fumatori e con un’età compresa tra i 40 e i 65 anni. Il primo supplemento contiene 4,5 mg di papaya fermentata, mentre il secondo era composto da: 10 mg di resveratrolo, 60 μg di selenio, 10 mg di vitamina E e 50 mg di vitamina C. Nonostante i due supplementi abbiano dimostrato un effetto antiaging, con l’assunzione di papaya fermentata si è avuto un miglior risultato sull’elasticità e sull’idratazione cutanea (15).

N-acetilcisteina (NAC)

La somministrazione orale di N-acetilcisteina (NAC) in dose singola (1,200 mg) protegge i nevi melanocitici dallo stress ossidativo provocato da un’acuta esposizione agli UV, che nel lungo termine può portare all’insorgenza del melanoma. Dopo tre ore dall’assunzione, il contenuto di cisteina e GSH aumenta significativamente e in sei ore ritorna ai livelli basali; l’azione protettiva è quindi limitata nel tempo. I pazienti a rischio di melanoma possono quindi assumere come profilassi NAC prima dell’esposizione solare (16).

Cartilagine di pesce

I polisaccaridi derivati dal pesce assunti per via orale migliorano l’elastosi, riducono le rughe e l’assottigliamento della pelle per la loro azione che stimola la sintesi del collagene III e i processi riparativi del derma. Una supplementazione a base di polisaccaridi derivati dalla cartilagine di pesce (3×250 mg/die per 8 settimane), associata a una miscela di antiossidanti (Gingko biloba, flavonoidi e Centella asiatica), riduce le rughe, migliora la pigmentazione, lo spessore e la viscoelasticità della pelle (17). Quest’azione del supplemento è legata ai cambiamenti avvenuti nel derma profondo, mentre la maggior parte dei cosmetici ha un’azione breve e più superficiale. L’associazione di un prodotto topico con un supplemento per via orale è più efficace nella prevenzione dell’invecchiamento cutaneo.

Polypodium leucotomos 

Il Polypodium leucotomos (PL) è una felce tropicale usata in centroamerica dai nativi Americani per la sua attività antinfiammatoria e antitumorale. L’estratto ricco di principi ad azione antiossidante, fotoprotettiva e antitumorale, tra cui gli acidi ferulico, caffeico, 4-idrossibenzoico, 4-idrossicinnamico e clorogenico, aiuta a contrastare l’eritema solare proteggendo dalle radiazioni UVB e UVA. Il PL manifesta la sua attività antiossidante neutralizzando i ROS come il radicale idrossilico, l’ossigeno singoletto e l’anione superossido, prevenendo così la perossidazione delle membrane. Sopprime l’espressione di TNF-α, iNOS, inibisce AP-1 e aumenta l’espressione nell’epidermide del fattore antitumorale p53. L’assunzione orale per 60 giorni dell’estratto di PL (2×240 mg/die) in adulti sani con fototipo I–IV di Fitzpatrick, diminuisce la probabilità di scottatura solare, aumenta la MED e diminuisce l’intensità dell’eritema indotto da UV (18). Il PL alla dose di 240 mg per capsula dovrebbe essere assunto con questa posologia: 1 capsula 30 minuti prima dell’esposizione solare da ripetersi dopo 3 ore; in caso di intensa radiazione solare le dosi devono essere raddoppiate e il trattamento si ripeterà fino alla fine dell’esposizione agli UV. Il PL può essere combinato con altri principi attivi, come il licopene e le vitamine C ed E (19). Il PL è ben tollerato fino alle dosi di 1080 mg/die; solo nel 2% dei casi si sono avuti lievi disturbi gastrointestinali e prurito. Mancando dati certi sulla sicurezza, è sconsigliato l’uso nei bambini, in gravidanza e nel periodo dell’allattamento. Nei ratti, dopo la somministrazione per 90 giorni di un estratto di PL (Fernblock®), la NOAEL è stata stabilita a 1200 mg/kg pc/die, che corrisponde circa a un centinaio di volte la dose normalmente usata nell’uomo (20).

Bacche di goji (Lycium barbarum) 

Le bacche di goji sono ricche di antiossidanti e sono usate da millenni nella medicina tradizionale cinese nel trattamento dell’infertilità maschile, delle patologie renali, epatiche, oculari, come immunostimolanti e con funzione antiaging. Per il loro contenuto di luteina e zeaxantina potrebbero essere utili per contrastare l’aging cutaneo ma mancano adeguati studi clinici nell’uomo. Ultimamente vi è un aumento degli studi in vitro e su animali riguardo ai suoi polisaccaridi che hanno dimostrato effetti antiossidanti, anticancro e antipertensivi (21). Nel topo glabro (SKH: hr-1) la somministrazione di un succo al 5% di bacche di goji disciolto nell’acqua, ha ridotto l’edema e l’immunosoppressione indotta dagli UV (22).

Probiotici e fotoprotezione

Nell’uomo i probiotici possono modulare il sistema immunitario cutaneo contrastando l’immunosoppressione e inibendo le citochine infiammatorie, proteggendo così dai danni di un’esposizione acuta agli UV. Ceppi probiotici che aiutano a contrastare i danni della radiazione solare sono: il Bifidobacterium breve, il Lactobacillus johnsonii e il Lactobacillus plantarum HY7714 utilizzati da soli o in associazione con antiossidanti, come nella seguente combinazione: Lactobacillus johnsonii 5·108 CFU/die e 7,2 mg/die di β-carotene (23).

Acidi grassi essenziali

La supplementazione per tre mesi con 10 g/die di olio di pesce contenente il 18% di EPA e il 12% di DHA diminuisce la concentrazione di PGE2 sia nella cute irradiata che nella cute non esposta, aumentando la MED e riducendo l’eritema (24). Assumendo per tre mesi 4 g/die di EPA non si è avuto un incremento significativo dei mediatori dell’infiammazione dopo l’esposizione agli UV-B. Il fotoaging grave è inversamente correlato con l’assunzione dietetica di acido α-linolenico nei maschi e di EPA nelle donne (25).

Il fattore di trascrizione Nrf2 (Nuclear factor-E2-related factor 2)

Il fattore di trascrizione Nrf2 è considerato il principale regolatore della difesa antiossidante endogena per la sua capacità di controllare l’espressione di numerosi geni che codificano per enzimi antiossidanti/antinfiammatori, tra cui la glutatione perossidasi, la glutatione transferasi, la glutamilcisteinil ligasi (GCL), l’emeossigenasi e la superossidodismutasi. La strategia antiossidante cutanea si basa sull’utilizzo di potenti induttori di Nrf2 come: il 6-methilsulfinilhexilisotiocianato della Wasabia japonica, l’estratto di broccoli arricchito di sulforafano, la curcumina, il resveratrolo, l’acido lipoico e l’aldeide cinnamica, principio attivo contenuto nella corteccia della cannella (26).

Lo stress antiossidante

Se la dieta è carente di nutrienti ad azione antiossidante, o si è in una condizione di stress ossidativo come durante l’esposizione al sole estivo, una supplementazione adeguata con antiossidanti è certamente utile, ma se gli antiossidanti sono assunti in eccesso si può incorrere nello stress antiossidante.

Non dobbiamo dimenticarci che le specie reattive dell’ossigeno intervengono nelle vie di segnalazione cellulare e che molti aspetti di un sano stile di vita sono proossidanti, come il rapporto omega-6/omega-3 che è considerato ottimale quando è spostato a favore dei più proossidanti omega-6, e l’attività fisica, nella quale i meccanismi che favoriscono l’adattamento all’esercizio sono proossidativi. Dobbiamo considerare che le cellule tumorali, nonostante le loro efficaci difese antiossidanti, sono sottoposte a un elevato stress ossidativo e studi recenti sembrano avvalorare l’ipotesi che gli antiossidanti come l’acetilcisteina possano favorire la progressione del melanoma (27), mentre una diminuzione delle difese antiossidanti possa essere un’efficace strategia per indurre l’apoptosi nelle cellule neoplastiche (28).

Quando usare allora gli antiossidanti?

• dopo la valutazione del livello di stress ossidativo individuale, peraltro molto dispendioso e difficile da determinare per la mancanza di valori di riferimento, e considerando inoltre che i markers plasmatici di stress ossidativo sono solo valutazioni indirette perché le specie reattive in quanto tali hanno una vita brevissima

• in caso di diete inadeguate

• quando è quasi inevitabile una carenza come nel caso della supplementazione con selenio nei territori dove il minerale scarseggia

• quando la causa della diminuzione delle difese antiossidanti sia ben nota (fotoaging)

• per curare e prevenire patologie in cui l’uso degli antiossidanti abbia una ben documentata efficacia.

Ringraziamenti

Questo lavoro di revisione dei dati di letteratura costituisce una parte della tesi di diploma dal titolo: “Crono e fotoaging: supplementazione”, svolta nell’ambito del Master di II livello in “Prodotti Nutraceutici: progettazione, sviluppo formulativo, controllo e commercializzazione” istituito dal Dipartimento di Scienze del Farmaco dell’Università degli Studi di Pavia, coordinato dalla
Prof.ssa Maria Daglia.

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