Nel giardino dell’Eden officinale


Nel giardino dell’Eden officinale

In visita al centro di coltivazioni biodinamiche Weleda a Schwäbisch Gmünd

Demetrio Benelli

Apertura

È l’ultimo giorno di primavera, domani comincia l’estate. Al mattino presto l’intero impianto è immobile, silenzioso. Il cielo è luminoso, è arrivato un bel sole dopo un lungo periodo di pioggia: i vialetti del giardino sono ancora deserti, lo stabilimento di estrazione è sigillato, anche se all’interno si vedono muoversi i primi operai; nella palazzina, negli uffici, al punto vendita, nella mensa non c’è ancora nessuno. Lo specchio d’acqua all’ingresso è l’unica presenza viva, animata dal movimento dell’acqua, delle foglie e degli animaletti che lo attraversano. Si ha l’impressione che tutto il complesso stia assumendo il ritmo della natura per dare il via alla giornata.

Un otto disteso
Schwäbisch Gmünd, con 23 ettari di superficie coltivata, è il più ampio centro di coltivazione biodinamica in Europa e uno dei tre punti cardinali della struttura produttiva di Weleda.
Il percorso su cui ci avviamo seguirà il tracciato dell’otto disteso, che delinea la forma del simbolo dell’infinito nella quale è stata disegnata la struttura del complesso: i vivai, i campi, il laboratorio di trasformazione, il centro didattico e direzionale.
Quello di Schwäbisch Gmünd è il più grande, e il principale per potenziale produttivo, dei Giardini Weleda.
Ci chiedevamo come mai tutti in azienda lo chiamano “giardino”, pensando di andare a visitare una impresa agricola. La risposta è arrivata da sola: questo è prima di tutto un luogo dove venire a incontrare e a conoscere le piante e la natura. In effetti, le aree più vicine all’ingresso sono arredate in modo particolarmente adatto ad accogliere il pubblico che visita con piacere la struttura, e presentano una varietà di specie e di fiori di particolare bellezza e richiamo. Oltre alla selezione floreale, in questa zona non mancano realizzazioni didattiche dimostrative che consentono al visitatore di cogliere immediatamente alcuni aspetti essenziali del tipo di agricoltura che si pratica qui; come il terrario, che permette di vedere con i propri occhi la vita che si propaga nel sottosuolo per metri, non centimetri, lungo le “gallerie” aperte degli apparati radicali delle piante, o la botte per la dinamizzazione del compost con acqua piovana e corno letame.
Schermata 2016-09-23 alle 16.28.38Ma non occorre scendere nello specifico della metodologia e delle tecniche antroposofiche per rendersi conto che l’azienda agricola qui è vista come un grande organismo vivente, e il compito di chi ci lavora è quello di tenere in equilibrio questa forma di vita e in armonia le complesse relazioni esistenti tra le varie specie di piante e il terreno. Perché se l’elenco delle officinali che qui vengono coltivate e direttamente utilizzate per la produzione di tinture e altri estratti, o che vengono spedite per venire impiegate nella preparazione di medicinali e cosmetici realizzate presso altri stabilimenti Weleda, arriva ad almeno 180 specie, bisogna considerare che la biodiversità presente nell’azienda agricola è ancora più ricca. In effetti è possibile osservare tra i filari varie consociazioni, e anche quando si attraversano i campi più estesi, come quelli dedicati alla calendula, non ci si trova di fronte a monoculture nettamente separate dall’ambiente circostante, ma a ampi settori aperti nel contesto di habitat vegetativi ricchi e compositi che separano i vari appezzamenti (a differenza di quanto siamo abituati a vedere nelle nostre campagne, dove lungo i bordi dei campi coltivati non cresce più niente).
Si stima siano circa 260 le specie officinali presenti complessivamente all’interno del giardino. Anche se sono importanti le piante arboree e perenni, coltivate per la raccolta di cortecce, fiori, frutti, radici e anche della pianta intera, nel giardino la prassi è la continua rotazione delle colture, con raccolti che iniziano già nei primi mesi invernali (si raccolgono le radici di celidonia e di angelica) fino a ottobre.

Gli altri giardini
Questo in Germania non è il solo: i giardini Weleda nel mondo sono tanti, diversi uno dall’altro.
Le altre due sedi principali della struttura internazionale Weleda, quella storica di Arlesheim, in Svizzera, e quella alsaziana di Huningue, in Francia, custodiscono due piccoli giardini, che conservano entrambi una grande varietà di specie medicinali. Piccoli gioielli sono quello di Ilkeston, nella contea di Derbyshire in Inghilterra centrale, composto da piccoli appezzamenti naturali, o quello olandese di Zoetermeer, sul mare del Nord, di meno di un ettaro, ma in grado di alternare nel corso dell’anno la vegetazione di oltre 200 specie differenti.
Da quando l’organizzazione Weleda si è estesa in altri continenti, l’esperienza dei giardini si è radicata a São Roque, nei territori montani della foresta pluviale del Brasile, in Argentina, nella regione di Cordoba, e perfino nella regione di Hawkes Bay in Nuova Zelanda, con l’originale giardino di Havelock North.

Coltivare e raccogliere nel rispetto della natura e delle comunità
Dall’avvio del progetto Weleda, la coltivazione di piante officinali ha consentito di avere sempre la disponibilità di piante fresche, ingredienti base nella formulazione dei prodotti medicinali e cosmetici per la cura del corpo.
La diversificazione della gamma di prodotti offerti, in particolare l’ampliamento delle linee cosmetiche con l’introduzione di nuove piante, tutte scelte in base ai criteri della filosofia Weleda, ma provenienti da tutto il mondo, ha reso necessario l’approvvigionarsi di nuove materie prime, alcune delle quali non possono essere coltivate nei climi dell’Europa centrale.
Per rispondere a questa esigenza, con la certezza di continuare a disporre di derivati integri dal punto di vista della naturalità, sia che vengano ricavati da piante coltivate che raccolte dalla flora spontanea, sono nati diversi progetti di cooperazione internazionale, che hanno portato alla costituzione di un network di produttori attivi in diverse parti del mondo, che Weleda avvia sulla base dei principi della sostenibilità sociale, ambientale e economica.
È il caso delle comunità che raccolgono l’Arnica selvatica in Romania, la Betulla in Repubblica Ceca, o che coltivano la Rosa damascena e il Melograno in Turchia, l’Iris in Marocco, la Ratania in Perù, fino alla coltivazione di Olivello spinoso in Toscana.

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Schwäbisch Gmünd nella storia Weleda
Superata l’area didattica all’ingresso, ha inizio un settore particolarmente significativo del giardino, dove su piccole parcelle vengono prodotte alcune delle specie “eroiche” della farmacopea antroposofica steineriana. Troviamo alcuni filari di Aconito (non è la sola pianta tossica che viene coltivata, destinata come altre all’uso farmaceutico nelle varie forme di dilui-
zione omeopatica; più avanti svettano dei bellissimi corimbi di Cicuta) e le aree dedicate alla “vegetalizzazione” dei metalli. Qui alcuni filari di Iperico sono coltivati su parcelle ove il terreno è stato trattato con una soluzione d’oro (quando lo vieni a sapere, ti sembra che i fiori gialli siano ancora più brillanti). Il cartellino Au1 indica che siamo nel primo anno del processo: le piante vengono raccolte in fioritura ma saranno utilizzate solo per compostazione, per la creazione di un humus “dorato” che verrà utilizzato per Iperico Au2, una nuova generazione che verrà “nutrita” con l’oro. Solo la generazione Au3 verrà destinata alla lavorazione per la preparazione del medicinale biodinamico.
Weleda venne fondata da Steiner, Wegman e Schmiedel nel 1921. Già nel primo decennio di attività Schwäbisch Gmünd fu sede di produzione dei primi farmaci biodinamici, anche se solo nel dopoguerra divenne il principale centro di coltivazione del gruppo. In questa struttura moderna, immersa nella natura, c’è il ricordo di un secolo di storia della medicina naturale.

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La parcella della Cicuta: la conoscenza dell’attività delle piante senza sapere perché
La Cicuta è l’esempio che viene portato ai visitatori di una pianta la cui azione era conosciuta fin dall’antichità, pur senza che l’uomo potesse spiegarsi le ragioni della sua attività e come questa si esplicasse.
Schermata 2016-09-23 alle 16.29.02L’aspirazione di raccogliere l’energia che i fiori e le piante sono in grado di racchiudere è uno dei fondamenti della pratica steineriana. Se bisogna studiare e condividere la sua filosofia per seguire le interpretazioni della dottrina di Steiner dei vari fenomeni che riguardano il rapporto tra l’uomo e il mondo naturale, è impossibile non cogliere istintivamente l’energia vitale che sprigiona un ettaro di calendula in fioritura. Da quando la fioritura ha inizio, la raccolta dei capolini prosegue per diversi giorni, alla mattina presto. Viene condotta a mano, come il diserbo dei filari e molte altre lavorazioni nel giardino, che per questo si avvale nel periodo estivo di molti lavoratori stagionali.

Una sfida al futuro
Molte sono le lavorazioni svolte all’interno del Giardino Weleda che assomigliano più alla cura di un parco che alla conduzione di una azienda agricola: la formazione delle riserve d’acqua con la creazione di laghetti popolati da ninfee e altre piante acquatiche; i ripari per le decine di specie diverse di insetti impollinatori, che come molti altri rappresentanti della piccola fauna del giardino sono protetti per le condizioni di equilibrio competitivo che creano verso gli insetti nocivi; la esecuzione della galleria di piante di poligono all’interno della quale vengono coltivate le felci, in condizioni di ombra analoghe a quelle che queste piante ricercano in natura.

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Conoscendo le difficoltà che incontra ogni giorno chi vuole coltivare piante officinali viene da chiedersi come sia possibile condurre in modo economico una impresa, che oltre alle normali sfide del mercato, si pone il rispetto di una così complessa serie di regole di principio.
Il modo deve esserci, se oggi Weleda è presente in 50 paesi del mondo, con circa 2000 dipendenti (di cui il 69% sono donne, per l’eredità forse dello slancio impresso dalla cofondatrice, Ita Wegman).
L’insieme delle scelte etiche adottate da Weleda non sta solo nell’applicazione dei principi antroposofici per la formulazione e la realizzazione dei prodotti: riguarda anche l’insieme dei criteri che regolano i rapporti interni all’impresa, in cui tutti i dipendenti sono responsabilizzati a vari livelli nelle scelte gestionali, quelli con i partner esterni all’azienda e, naturalmente, quelli con il pubblico e i consumatori finali.
Tutte scelte verificate e controllate da enti terzi.
Ci dicono che non può essere che così secondo la visione antroposofica: la salute, il benessere sono contenuti all’interno di un serie di cerchi concentrici che rappresentano l’individuo, la società, la natura, come nel simbolo dell’impresa, disegnato da Steiner.
Certamente, aggiungiamo noi, la qualità “naturale” ottenuta creando i prodotti in questo modo aiuta: lo dimostrano questo secolo di storia, e sicuramente, i prossimi cento anni.

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