Euro skinpure

Euro skinpure

Un alleato di origine mediterranea contro l’acne

Derivato dalla sinergia di TIMO e ORIGANO

EFFICACIA TESTATA

Produzione italiana al
100%

L’acne vulgaris è una malattia infiammatoria cronica dei follicoli sebacei e rappresenta la più comune malattia della pelle (1), di cui non sono ancora completamente comprese le cause; infatti è estremamente complessa, con elementi di patogenesi che coinvolgono difetti nella proliferazione e differenziazione dei cheratinociti, nella secrezione di androgeni e nell’infiammazione follicolare (2).
L’acne vulgaris è caratterizzata dalla formazione di comedoni, pustole o cisti in seguito all’ostruzione e all’infiammazione delle unità pilosebacee, ovvero i follicoli piliferi e le loro corrispettive ghiandole sebacee. L’acne si sviluppa sul viso e sulla parte superiore del tronco e colpisce il più delle volte gli adolescenti. Il trattamento può comprendere agenti topici e sistemici diretti a ridurre la produzione di sebo, la formazione di comedoni, l’infiammazione e la carica batterica.
In particolare, il batterio Propionibacterium acnes, Gram-positivo anaerobio a lenta crescita collegato ad alcune patologie della cute come l’acne, è in grado di proliferare all’interno del dotto di tutti i follicoli pilo-sebacei delle pelli acneiche, svolgendo un ruolo fondamentale nello sviluppo delle lesioni infiammatorie (3).
P. acnes attiva il rilascio di citochine infiammatorie sia direttamente sui cheratinociti che indirettamente, rilasciando sostanze chemiotattiche che attraggono i leucociti polimorfonucleati responsabili della produzione di citochine infiammatorie (4). Inoltre, dopo la fagocitosi dei batteri, i neutrofili attratti rilasciano enzimi lisosomiali e producono specie reattive dell’ossigeno (ROS) che possono danneggiare l’epitelio follicolare.
Qualunque sia il meccanismo implicato nell’induzione dell’infiammazione cutanea da parte di P. acnes, i ROS sono coinvolti in questo processo, poiché la produzione di perossido di idrogeno (H2O2) risulta aumentata nei pazienti affetti da acne (5). Inoltre, alcuni studi dimostrano che la diminuzione dell’attività del superossido dismutasi (SOD) è correlata con la gravità di questa patologia (6,7).
Recentemente è stato dimostrato il contributo dei polifenoli nel trattamento dell’acne (8).
I polifenoli, infatti, agiscono contrastando gli effetti dei radicali liberi e mostrano un’elevata capacità antinfiammatoria, antimicrobica e inibitoria sulla 5α-riduttasi, un enzima coinvolto nel metabolismo degli androgeni e nella patologia dell’acne.

L’ingrediente innovativo Euro skinpure presentato da Eurochemicals, di Deimos Group, ideato per il mercato skin care, è in grado di combattere la patogenesi dell’acne.

L’efficacia di Euro skinpure è stata valutata indagando:

Determinazione dei gruppi fenolici mediante il saggio di Folin-Ciocalteu
Il saggio di Folin-Ciocalteu consente di ottenere una stima approssimativa della presenza di polifenoli presenti in un campione.
Per la determinazione del contenuto in fenoli è stato eseguito il saggio di Folin-Ciocalteu.
Il test consiste in una reazione redox tra l’acido fosfotungstico e l’acido fosfomolibdico presenti nel reattivo di Folin-Ciocalteu e i sistemi di natura polifenolica (9). I composti fenolici in ambiente basico vengono ossidati dai metalli molibdeno e tungsteno presenti nei complessi, e assumono la colorazione blu dovuta alla riduzione dei metalli che ne garantisce l’effetto antiossidante.

Inibizione dell’anione perossidico
Le ROS, e in particolare l’anione superossido O2•− e H2O2, svolgono un ruolo importante nell’evento infiammatorio indotto da P. acnes, poiché possono danneggiare l’epitelio follicolare. Pertanto, inibendo queste specie di radicali è possibile limitare la lisi dei cheratinociti.
L’abilità di Euro skinpure nell’inibire l’anione superossido O2•− è stata valutata mediante il saggio b-carotene-acido linoleico (10). Questo saggio si basa sull’ossidazione di un acido grasso insaturo, l’acido linoleico, da parte di un agente pro-ossidante. L’ossidazione genera radicali liberi (O2•−) che attaccano molecole ricche in doppi legami come il b-carotene (che nel saggio è utilizzato come indicatore colorato di ossidazione), nel tentativo di riacquisire un atomo di idrogeno. Di conseguenza, man mano che procede la reazione di ossidazione, la molecola di b-carotene perde la sua coniugazione e il suo caratteristico colore arancione. In presenza di molecole antiossidanti il sistema coniugato b-carotene viene preservato, di conseguenza la capacità antiossidante sarà proporzionale all’assorbanza del b-carotene non danneggiato.
Una soluzione di Euro skinpure (3% v/v) mostra un’eccellente capacità di inibire la perossidazione dell’acido linoneico, mostrando una percentuale di inibizione dell’anione perossidico pari al 90%.

L’infiammazione è l’evento cruciale nella patogenesi dell’acne vulgaris. L’ossido nitrico (NO) è un radicale libero a emivita breve che agisce da messaggero intercellulare prodotto da una varietà di cellule di mammifero, come i macrofagi, neutrofili, piastrine, fibroblasti, cellule endoteliali, neuronali e muscolari lisce. Il NO media una varietà di eventi biologici che vanno dalla vasodilatazione, neurotrasmissione, inibizione dell’adesione e dell’aggregazione piastrinica, nonché gli stati di infiammazione. La determinazione in vitro dell’attività scavenging sull’ossido di azoto può essere un utile indice dell’attività antinfiammatoria (11).
È stato dimostrato che questa materia prima è in grado di agire come scavenger nei confronti dell’ossido di azoto. Una soluzione al 3% v/v di Euro skinpure può inibire completamente il radicale di NO con il tempo, mostrando una risposta antinfiammatoria elevata.

Sono state valutate diverse concentrazioni dall’1 al 3% di Euro skinpure e sono state testate contro P. acnes, il principale batterio implicato nella patogenesi dell’acne.
Euro skinpure è risultato essere attivo contro P. acnes ATCC 11827, ottenendo dei valori di MIC e MMC pari a 2,9 e 5,5%, rispettivamente.

Euro skinpure può essere utilizzato in svariate tipologie di prodotti come sieri, creme, gel, emulsioni, tonici, ecc. La concentrazione consigliata è 1-3%.

COSMETIC TECHNOLOGY

Condividi la notizia!

Condividi su facebook
Condividi su twitter
Condividi su linkedin
DEIMOS GROUP

euro skinpure

Un alleato di origine mediterranea contro l’acne

Dal laboratorio dell’università
alla creazione di uno spin-off

Dal laboratorio dell’università
alla creazione di uno spin-off

L’esperienza di UNIRED

Due chiacchiere con...

Alessandra Semenzato
Direttore scientifico UNIRED e docente presso l’Università degli Studi di Padova

Ascoltare una presentazione della Prof.ssa Semenzato durante un convegno è come partire per un viaggio dal quale si tornerà arricchiti; si viene condotti per mano dalla sua determinatezza e indiscutibilmente rapiti dalla sua capacità di accogliere gli stimoli dall'esterno, di osservare oltre a vivere nel reale. Curiosi di conoscere qual è stata la sua carriera accademica fin dai primi esordi e di sapere come è nato UNIRED, spin-off dell’Università degli Studi di Padova, abbiamo fatto quattro chiacchere con Alessandra Semenzato.

R. Mi sono iscritta a Chimica e Tecnologie Farmaceutiche (CTF) con moltissima convinzione, perché fin dal liceo mi ero innamorata della chimica e quindi non ho mai avuto dubbi su cosa volessi fare. Ero inizialmente orientata a iscrivermi alla Facoltà di Chimica, ma nello stesso anno della mia immatricolazione universitaria è stato avviato il Corso di Laurea in CTF, proprio nella mia città. Ho quindi deciso di orientarmi alla chimica applicata anziché alla chimica pura. Mi sono laureata con una tesi in biochimica supervisionata da un professore che mi ha stimolato a proseguire la carriera accademica, avendo visto in me delle doti che io stessa non sapevo di avere. Ammetto che, prima di allora, non ci avevo mai pensato, ma insegnare è tutt’ora la cosa che mi piace di più del mio lavoro universitario, quindi gli sono davvero grata.
Il referente del gruppo di biochimica in cui lavoravo era il Prof. Benassi, da poco rientrato a Padova da Ferrara, dove aveva avviato l’iter per la realizzazione della scuola di specializzazione in cosmetica (oggi Cosmast) e aveva deciso di mettere in piedi insieme al Prof. Bettero un gruppo che si occupasse di cosmetica, in particolare di analitica, in appoggio alla richiesta crescente da parte delle aziende di metodologie, in vista del recepimento in Italia della Direttiva europea del ‘76.
Pochi giorni dopo la laurea il Prof. Benassi mi offrì una borsa di studio che accettai, nonostante la cosmetica fosse per me una disciplina sconosciuta e (lo confesso) lontana dai miei interessi. Catapultata a Ferrara alla scuola di specializzazione in cosmetica, ho scoperto un mondo che da una parte mi affascinava ma dall’altra mi spaventava, perché molto lontano dall’idea della ricerca “ideale” in cui mi ero formata.
Nel giro di pochi anni sono riuscita a entrare come ricercatrice all’Università degli Studi di Padova, dove ancora insegno Chimica dei prodotti cosmetici dal 2006 e dove nel corso degli anni ho scoperto una vera passione per la cosmetica, ampliando i miei interessi dall’analitica alla formulazione e alle tecniche fisiche di caratterizzazione dei materiali, in un processo naturale e continuo.
Se all’inizio la cosmetica non rientrava nel mio immaginario (anche perché avevo molti preconcetti al riguardo), alla fine si è rivelata una strada che mi corrispondeva pienamente, forse proprio in quanto non preordinata.
D’altronde John Lennon disse: “La vita è quello che ti accade mentre sei occupato a fare altri progetti” (N.d.R).

R. Uno dei primi lavori che ho pubblicato riguardava un metodo per valutare la quantità di formaldeide derivante dall’uso dei preservanti; un metodo innovativo che rendeva la procedura molto semplice e rapida. Dopo la pubblicazione, il responsabile del Controllo Qualità di una multinazionale cosmetica mi inviò una lettera (le mail non esistevano ancora!) per ringraziarmi, in cui mi diceva come quel metodo aveva di gran lunga semplificato l’iter dei controlli, liberando tempo prezioso per i suoi collaboratori. Avevo gettato il primo seme. Il mio obiettivo, infatti, è sempre stato quello di fornire alle aziende delle soluzioni ma anche un metodo di lavoro. In molte realtà produttive mancano gli approcci metodologici che invece sono propri del bagaglio di chi lavora all’università. Provo molta soddisfazione quando la collaborazione crea qualcosa di utile che spesso si concretizza anche in nuovi prodotti. È un po’ come il lavoro dello chef… e a me piace cucinare, oltre che mangiare!
Da questo desiderio di relazione con le aziende è nato dunque UNIRED.

R. “UNI” sta per “università” e in origine il nome completo era UNIR&D, con un chiaro richiamo al reparto Research & Development delle aziende. Sfortunatamente la scelta di avere nel nome una lettera come la & commerciale non si è rivelata in linea con le logiche dei motori di ricerca, così quando abbiamo deciso di rivedere la nostra comunicazione digitale abbiamo scelto il nome UNIRED.

R. La prima idea di spin-off mi è venuta nel 2000 quando ho partecipato alla prima edizione di una competizione (Start Cup) proposta dall’Università degli Studi di Padova per la selezione di idee imprenditoriali innovative derivanti dalla ricerca dei propri laboratori. Sono arrivata in finale ma non sono stata finanziata. Meglio così perché i tempi non erano ancora maturi…!
UNIRED invece è nata nel 2012 in seguito alla collaborazione pluriennale con il Dott. Baratto, responsabile scientifico di UNIFARCO. Nella creazione dello spin-off ho coinvolto da subito altri colleghi con competenze molto diverse ma strategiche per il mondo healthcare e abituati a lavorare con le aziende. UNIRED cerca quindi di mettere l’approccio universitario al servizio e ai bisogni dell’azienda, costruendo soluzioni personalizzate. Credo che, come universitari, abbiamo questo “dovere”, ovvero vedere “al di là del nostro naso” al fine di proporre un’idea di ricerca applicata e rispondente a un bisogno ben preciso, per aiutare le aziende nel percorso di innovazione.
Spesso le aziende rinunciano a innovare per paura che approcci metodologici diversi portino via tempo e risorse senza dare un ritorno immediato, mentre l’innovazione è la chiave per capitalizzare e offrire al consumatore qualcosa di nuovo in una prospettiva di breve e medio termine. Il mercato sta diventando sempre più competitivo e le offerte sono sempre più ampie e variegate; è quindi necessario reinventarsi e per farlo è indispensabile un approccio scientifico di fondo.

R. Sì… nel mio percorso professionale ho intrapreso una collaborazione ultraventennale con la Facoltà di Economia, grazie alla quale abbiamo dato vita a un Master in Business and Management nel settore cosmetico conosciuto a livello internazionale, in quanto parte di un progetto denominato EFCM. Vedere che molti degli studenti che si sono formati presso questo Master oggi ricoprono ruoli chiave nel management delle aziende è motivo di orgoglio e conferma l’importanza del dialogo tra il mondo tecnico-scientifico e quello aziendale nel campo della cosmetica.
L’interdisciplinarietà è proprio ciò su cui dovremmo maggiormente puntare nella ricerca e nella didattica, come nei team di lavoro aziendale. Finalmente oggi anche l’università sembra muovere i primi passi in questa direzione, anche se persistono delle resistenze burocratiche e organizzative.

R. Naturalmente sì, sia tra i soci che tra i dipendenti e i collaboratori. Attualmente in UNIRED ci sono 5 dipendenti (un laureato in Economia Aziendale e 4 farmacisti), a cui si aggiungono un consulente psicologo e psicoterapeuta che si occupa di neuromarketing e qualità della vita, e un altro consulente, esperto di polimeri, che si occupa di packaging sostenibile. A queste persone si aggiunge altro personale dell’università come borsisti, assegnisti e laureandi. Quindi in totale siamo tra le 8 e le 10 persone. La differenza tra la mia prima idea di spin-off e UNIRED risiede nel fatto di avere al suo interno una squadra in cui ciascuno ha una sua specifica competenza e predisposizione.
Questa interdisciplinarietà e l’ottimo gioco di squadra sono alla base anche dai nostri podcast, un’idea nata durante il lockdown e con cui andiamo ad analizzare, con un linguaggio semplice e andando dritti al punto (da qui il nome del podcast Dritti al punto), le notizie scientifiche, spaziando dal settore chimico-farmaceutico al mondo dei cosmetici e del personal care, portando l’ascoltatore ad allenare il pensiero critico, utile ad approcciarsi razionalmente nei confronti della vastità di informazioni e delle fake news che riceviamo ogni giorno.

R. Il cosmetico è un prodotto per la persona; non nasce per rispondere solo alle esigenze della sua pelle o per evocare emozioni. Puntare sull’innovazione e sulla tecnologia significa dare risposte scientifiche ai bisogni della salute e del benessere della persona. Per fare questo ci vogliono però degli strumenti nuovi. Il successo del cosmetico è la risultante delle sue caratteristiche fisiche e applicative, ed è solo attraverso una vera conoscenza di come le materie prime si mettono in relazione tra di loro che si possono migliorare le performance dei prodotti. Oggi con gli studi di neuromarketing si possono misurare i benefici che essi sono in grado di apportare e quindi comprendere meglio come far diventare i nostri prodotti un vero successo di mercato.

R. Innanzitutto è importante prendere consapevolezza del fatto che la sostenibilità è un processo complesso che riguarda molte fasi della realizzazione di un prodotto.
Per questo la prima cosa che proponiamo è un ciclo di formazione aziendale che coinvolga tutti i reparti, dalla Ricerca e Sviluppo al Marketing, per allineare l’azienda ed evitare così di cadere nel noto fenomeno del greenwashing. Si capisce facilmente, quindi, come la sostenibilità sia un percorso di lungo periodo che include diversi obiettivi, realizzabili con tempistiche diverse.
Ad esempio, la sostituzione del packaging con materiali biodegradabili e compostabili richiede tempi di sviluppo lunghi e investimenti ingenti, mentre quando si parla di ingredienti e biodegradabilità della formulazione gli obiettivi sono più a breve termine. Un grande spazio della nostra ricerca è anche dedicato allo studio di nuovi principi attivi da materiali di scarto, che si inseriscono molto bene nel concetto di economia circolare, in quanto affronta il problema dello smaltimento dei rifiuti.

R. Il problema più grosso è quello delle impurezze perché ci sono delle criticità da governare.
Ma ci sono anche materiali di scarto che non presentano grosse criticità: c’è scarto e scarto. Più si va verso lo scarto di lavorazione e più ci saranno problemi, ma tutto è risolvibile. Anche in questo caso ci vuole tempo e sperimentazione.
Oltre alla rivalutazione dei materiali di scarto, la nostra ricerca si concentra anche sulla rivalutazione di prodotti del territorio a filiera corta che possono rappresentare una fonte di biodiversità ma sono poco appetibili per il settore alimentare, ad esempio la mela cotogna.
La sfida principale per le aziende che realizzano prodotti healthcare rimane quella di coniugare la sostenibilità con le performance del prodotto, non solo per gli attivi funzionali ma anche per le materie prime che strutturano il veicolo. Questo richiede l’utilizzo di tecniche di caratterizzazione fisica che possano supportare la sostituzione razionale di materie sintetiche come modificatori reologici e texturizzanti con materie prime naturali compatibili con l’eco-design del prodotto, in grado di mantenerne le proprietà applicative.

R. Secondo me le aziende non dovrebbero mai adattarsi e sedimentarsi su determinati procedimenti aziendali, perché non è detto che ciò che è sempre andato bene continuerà ad andare bene; gli scenari possono cambiare da un momento all’altro e il COVID-19 ne è la dimostrazione.
Una delle citazioni a me più care è la seguente: “Molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità” (Alex Carrel). Concordo pienamente con questa affermazione e cerco di applicarla sia nel lavoro che nella mia vita personale. Essere buoni osservatori della realtà senza innamorarsi dei propri ragionamenti ci rende molto più aperti alla possibilità di cogliere le novità e, tradotto sul piano pratico per un’azienda, a ricordarci che i consumatori sono prima di tutto persone e non semplicemente dei target.
Quello che invece consiglierei di fare è creare delle figure di raccordo tra i vari reparti: un dialogo tra R&D e produzione e tra R&D e marketing rende i processi più fluidi. Questo dialogo porta allo sviluppo di team che sono realmente interdisciplinari, che riescono meglio a governare le complessità e in cui le competenze di ciascuno possono emergere ed essere valorizzate.
Riportare l’attenzione sulle persone, inoltre, è uno dei fattori che contribuisce a realizzare un’azienda sostenibile.

COSMETIC TECHNOLOGY

Alessandra Semenzato

tel 049 776766
alessandra.semenzato@unired.it
www.unired.it

Condividi la notizia!

Condividi su facebook
Condividi su twitter
Condividi su linkedin
UNIRED - HEALTH AND PERSONAL CARE INNOVATION

Soluzioni personalizzate per l’innovazione di prodotto
e la crescita del know-how delle aziende Health & Personal Care.

Raspberry e Blueberry NECTA®

Raspberry e Blueberry NECTA®

Cosmetica sostenibile, bellezza in armonia con l’ambiente

Conosciuti come i beauty upcyclers, Full Circle sviluppa ingredienti naturali e sostenibili per la cosmetica, realizzati unicamente impiegando sottoprodotti ricavati dai processi produttivi delle filiere primarie e altrimenti destinati allo smaltimento, come per esempio la polpa dei frutti recuperati dall’industria della spremitura o i noccioli di oliva utilizzati in precedenza per la produzione dell’olio d’oliva.
Il portafoglio offre a marchi e formulatori avanguardisti opportunità uniche per creare prodotti di bellezza innovativi, facendo un uso eccellente delle preziose risorse che ci circondano. Oltre a promuovere un’economia circolare, è stato dimostrato che gli ingredienti “a rifiuti zero” di Full Circle garantiscono performance superiori a quelli convenzionali. La gamma NECTA® di Full Circle è composta da nettari attivi liposolubili a elevate prestazioni per formulazioni dedicate alla cura della pelle e dei capelli. Come tutti gli ingredienti Full Circle, la gamma NECTA® è al 100% di provenienza upcycle, naturale e vegana.

 Della gamma NECTA® fanno parte Raspberry NECTA® e Blueberry NECTA®, prodotti da Full Circle e distribuiti in Italia da amita health care Italia.

Raspberry NECTA®

Raspberry NECTA® (nome INCI: Rubus Idaeus Seed Oil), nettare oleoso attivo, altamente nutriente e idratante, è stato testato al fine di quantificare le capacità antiossidanti. Ha mostrato una capacità antiossidante superiore del 120% rispetto all'olio di semi di lampone standard e del 61% superiore rispetto a un normale olio di semi di mirtillo. È stato inoltre dimostrato che ha una capacità antiossidante notevolmente superiore rispetto all'olio di oliva e all'olio di arachidi.
Inoltre, ha dimostrato di aumentare l'idratazione della pelle di oltre il 25% dopo 2 ore dall’applicazione del prodotto, all’interno del quale è stato inserito il 3% di attivo.

Raspberry NECTA® è particolarmente indicato per le applicazioni face, skin e hair care. Non ci sono limiti percentuali all’utilizzo in formula.

Blueberry NECTA®

Blueberry NECTA® (nome INCI: Vaccinium Myrtillus Seed Oil), un efficace attivo oleosolubile che offre una barriera naturale contro l’esposizione alla blue light, è stato testato per dimostrare la sua capacità di assorbire la blue light funzionando come una barriera naturale per l’esposizione ai raggi di luce blu (HEV) generati dal sole e dai dispositivi tecnologici. Paragonato a un olio di controllo (olio d'oliva) dimostra una capacità di assorbimento energetico superiore, con un utilizzo in formula del 2%.
Blueberry NECTA® è stato testato al fine di quantificare le capacità antiossidanti: ha mostrato risultati superiori all'olio di semi di mirtillo e all'olio di semi di lampone standard, all'olio di oliva e all'olio di arachidi.

Grazie alle sue capacità di assorbimento della blue light, è particolarmente indicato per le applicazioni skin care. Non ci sono limiti percentuali all’utilizzo in formula.

Scarica le brochure dei principali prodotti di Full Circle e scopri l’economia circolare dedicata ad ognuno di essi

Raspberry NECTA®​

Un nettare oleoso attivo altamente nutriente e idratante ricavato dai semi di lampone provenienti da fonte upcycle e prodotto secondo i più elevati standard dell’economia circolare...
Scopri di più

Blueberry NECTA®

Un efficace attivo oleosolubile che offre una barriera naturale contro l’esposizione alla blue light....
Scopri di più

COSMETIC TECHNOLOGY

Dario Parente
Sales & Business Development Manager
tel 02 96798808

info@amitahc.com

Full Circle è anche produttore di…

Condividi la notizia!

Condividi su facebook
Condividi su twitter
Condividi su linkedin
amitahc - your health, our care

Raspberry e Blueberry NECTA®

Cosmetica sostenibile, bellezza in armonia con l’ambiente

La sostenibilità prima di tutto

La sostenibilità prima di tutto

Un modello di business che anticipa i tempi

Due chiacchiere con...

Matteo Locatelli
Titolare Pink Frogs Cosmetics

Pink Frogs è una società di produzione cosmetica fondata nel 1979 come consolidamento di un’impresa familiare nata nel 1939 con il proposito di offrire un servizio di formulazione e produzione di cosmetici tricologici a una clientela altamente specializzata sulla cura del capello. Nel tempo l’organizzazione della società è andata via via strutturandosi, incrementando la propria capacità produttiva e allargando i propri ambiti di competenza all’intero campo della cosmesi non decorativa esclusivamente in conto terzi. Con l’arrivo nel 1996 di Matteo Locatelli sono stati fatti molti passi avanti, specialmente da 10 anni a questa parte, quando l’azienda ha deciso di puntare sulla sostenibilità come valore aggiunto e imprescindibile. La sostenibilità è un argomento a cui teniamo molto anche noi di CEC Editore; non potevamo dunque lasciarci sfuggire l’occasione di intervistare proprio il Dott. Locatelli, titolare di Pink Frogs e vicepresidente di Cosmetica Italia, che ha fatto sì che la propria azienda si distinguesse dalle altre del settore cosmetico per essere stata la prima ad aver rivoluzionato il proprio modello di business puntando sulla carta vincente della sostenibilità. [...]

Pink Frogs cosmetics è anche...

Solidarietà

Franco e Andrea Antonello dell’Impresa Sociale I Bambini delle Fate

... Ecco quindi che ci siamo concentrati sulla costruzione del secondo pilastro rappresentato dalle tematiche sociali con iniziative all’interno del nostro comune e in supporto all’Humanitas, la successiva adesione a La forza e il sorriso e, a partire da quest’anno, la realizzazione di un progetto che permetterà a una Onlus di Rozzano di offrire un’assistenza continuativa a ragazzi affetti da autismo. Questo progetto, coordinato da I bambini delle Fate, coinvolgerà studenti delle scuole superiori che diventeranno “amici dei ragazzi speciali”, instaurando con loro una condivisione di tempo e occasioni di socialità.

Sostenibilità

Conosciamo le etichette di utilizzo responsabile ideate da Pink Frogs

Partiamo dal presupposto che uno dei principi della sostenibilità è la comunicazione: non penso che possa esistere sostenibilità se non viene comunicata. La comunicazione ti obbliga non solo a fissarti degli obiettivi, ma ti spinge a raggiungerli entro un tempo prestabilito. Ecco quindi che con la comunicazione l’impegno preso verso te stesso diventa un impegno preso con la società che ti accoglie...

COSMETIC TECHNOLOGY

Condividi la notizia!

Condividi su facebook
Condividi su twitter
Condividi su linkedin
Pink Frogs Cosmetics

La nostra sfida è il vostro successo

Laboratorio Cosmopolita • Interactive Cosmetic Reaserch & Development

Novità regolatorie in Gran Bretagna

Novità regolatorie in Gran Bretagna

Il regolamento cosmetico e chimico dal 1° gennaio 2021

Il 31 gennaio 2020 il Regno Unito ha lasciato l’Unione europea (1) diventando un Paese terzo e, di conseguenza, con una propria regolamentazione per i diversi settori.
I futuri regolamenti britannici, qualora non già implementati nelle normative del Regno Unito da precedenti direttive europee, originano dai regolamenti europei correntemente in vigore. La legge del Regno Unito EU Withdrawal Act prevede, infatti, l’adattamento delle normative europee correnti e la loro trasposizione in legge britannica (2). Nello specifico, la legge del Regno Unito EU Withdrawal Agreement Bill prevede la trasposizione delle leggi europee in leggi britanniche senza apportare alcun cambiamento nel contenuto (3); di conseguenza i principi regolatori non cambiano, ma sono duplicati per il mercato britannico.
Questo articolo tratta dei nuovi regolamenti sui prodotti cosmetici e sulle sostanze chimiche della Gran Bretagna che sono entrati in vigore a partire dal 1° gennaio 2021, evidenziando le somiglianze e le discrepanze con le normative europee. Le informazioni riportate sono il risultato dell’attenta analisi delle leggi da parte dello staff di CTPA, ma anche della cooperazione tra l’associazione e il governo del Regno Unito.

Regolamento sui prodotti cosmetici

La scheda 34 della legge Product Safety and Metrology etc. (Amendments etc.) (EU Exit) Regulations 2019 e i successivi emendamenti costituiscono il regolamento britannico per i cosmetici. Questo regolamento è entrato in vigore il 1° gennaio 2021 (4) ed è applicabile a tutti i prodotti cosmetici venduti in Gran Bretagna (Inghilterra, Galles e Scozia). L’Irlanda del Nord, invece, mantiene le normative europee, come previsto dal Northern Ireland Protocol del Withdrawal Agreement (5).

Sono riportati sotto i requisiti principali del regolamento applicabili a tutti i prodotti cosmetici venduti nel mercato britannico dal 1° gennaio 2021, qualora non sia previsto un periodo di transizione specifico per gli obblighi descritti nella sezione seguente di questo articolo.
1. La definizione di prodotto cosmetico viene mantenuta tale e quale a quella corrente del regolamento europeo sui prodotti cosmetici (4,6) (art.2 del regolamento cosmetico della Gran Bretagna).
2. I requisiti correnti di sicurezza e di valutazione della sicurezza del prodotto cosmetico, ma anche le qualifiche e i diplomi richiesti per l’assessore alla sicurezza, rimangono invariati rispetto alle normative europee (4,6) (artt.3 e 10 del regolamento cosmetico della Gran Bretagna).
3. Il concetto e definizione di persona responsabile e i suoi obblighi per quanto riguarda la conformità del prodotto cosmetico vengono mantenuti come nel regolamento cosmetico europeo (4,6) (artt.4 e 5 del regolamento cosmetico della Gran Bretagna). L’art.5a descrive le condizioni per cui una persona responsabile in Irlanda del Nord può essere accettata sotto i termini di questa regolamentazione e operare anche nel Regno Unito.
4. Il ruolo e gli obblighi del distributore dei prodotti cosmetici all’interno del mercato britannico rimangono invariati rispetto alle normative europee (4,6) (art.6 del regolamento cosmetico della Gran Bretagna).
5. Il Product Information File (PIF) resta inalterato nel suo contenuto rispetto alle normative europee, ma deve essere reso disponibile in inglese (4,6) (art.11 del regolamento cosmetico della Gran Bretagna).
6. Le informazioni che devono essere inviate al portale per la notifica dei prodotti cosmetici immessi sul mercato britannico rimangono invariate rispetto al regolamento europeo (4,6) (art.13 del regolamento cosmetico della Gran Bretagna). Il governo del Regno Unito ha creato un portale di notifica, chiamato Submit Cosmetic Product Notifications (SCPN), che è simile al portale europeo Cosmetic Product Notification Portal (CPNP).
Il portale è stato pubblicato il 1° gennaio 2021 (6).
7. Il divieto di testare e immettere sul mercato prodotti o ingredienti cosmetici testati sugli animali viene mantenuto come da regolamento europeo (4,6) (art.18 del regolamento cosmetico della Gran Bretagna).
8. Le normative di etichettatura dei prodotti cosmetici sono uguali a quelle descritte dal regolamento cosmetico europeo, con l’unica fondamentale differenza che la ragione sociale e indirizzo della persona responsabile devono essere nel Regno Unito (4,6) (art.19 del regolamento cosmetico della Gran Bretagna).
9. Le norme sulla comunicazione al consumatore (claim) riguardanti gli effetti del prodotto cosmetico e il riferimento ai Common Criteria for Cosmetic Claims sono mantenute rispetto al regolamento europeo (4,6) (art.20 del regolamento cosmetico della Gran Bretagna).
10. I requisiti per gli ingredienti cosmetici vietati o ai quali sono applicate delle restrizioni, gli ingredienti Carcinogenici, Mutagenici e tossici per la Riproduzione (CMR) e i nanomateriali sono mantenuti come da regolamento europeo (4,6) (artt.14,15,16,30 e 31 del regolamento cosmetico della Gran Bretagna). Nello specifico, gli ingredienti cosmetici hanno seguito le decisioni europee implementate negli allegati delle normative europee fino al 31 dicembre 2020. A partire dal 1° gennaio 2021, la Gran Bretagna ha istituito il proprio gruppo di esperti indipendenti per la valutazione della sicurezza degli ingredienti cosmetici; le opinioni europee vengono e verranno comunque tenute in considerazione. Di conseguenza, gli ingredienti vietati o ai quali saranno applicate delle restrizioni d’uso in Gran Bretagna potrebbero essere diversi da quelli europei in futuro.
11. Le normative e il processo di cosmetovigilanza per le segnalazioni di effetti indesiderati seri rimangono invariati rispetto ai requisiti europei (4,6) (artt.22 e 23 del regolamento cosmetico della Gran Bretagna). CTPA e il governo del Regno Unito stanno lavorando a un processo specifico per la cosmetovigilanza e la segnalazione degli effetti indesiderati gravi.
12. Per finire, i reati e le sanzioni che vengono indirizzate dalle autorità non cambiano rispetto ai requisiti correnti (4,6) (artt. 25 e 26 del regolamento cosmetico della Gran Bretagna).

Per permettere alle società che vendono prodotti cosmetici in Gran Bretagna di adattarsi alle nuove regole, sono stati creati dei requisiti di transizione del regolamento cosmetico della Gran Bretagna che sono validi solo per un determinato periodo di transizione, specifico per alcuni obblighi della persona responsabile.
• Prodotti cosmetici (ciascun numero di lotto) immessi sul mercato britannico prima del 1° gennaio 2021, che non hanno l’indirizzo della persona responsabile nel Regno Unito, possono essere venduti per tempo indefinito e cioè senza specifiche limitazioni temporali (1). Sarà necessario dimostrare alle autorità (in caso di ispezione) quando il prodotto (ovvero uno specifico lotto) è stato immesso sul mercato (1). Questo è previsto dall’art.41 del Withdrawal Agreement.
• Prodotti immessi sul mercato britannico dopo il 1° gennaio 2021 che non hanno l’indirizzo della persona responsabile in Gran Bretagna possono essere venduti per un periodo di 2 anni (4,6). Dopo questi 2 anni di transizione tutti i cosmetici venduti in Gran Bretagana dovranno avere nome e indirizzo della persona responsabile nel Regno Unito riportato sull’etichetta (4,6).
• Lo stesso periodo di transizione di 2 anni vale per l’etichettatura del Paese di produzione, per cosmetici importati in Gran Bretagna dall’Unione europea o altri Paesi terzi (4,6).
• I prodotti immessi sul mercato britannico prima del 1° gennaio 2021 devono essere notificati sul portale di notifica del Regno Unito entro 90 giorni dal 1° gennaio 2021 (4,6). Questo tipo di notifica è semplificata e non richiede l’invio dell’etichetta o della foto del prodotto (4,6). Inoltre il portale supporta il caricamento dei cosidetti “xml files” che possono essere scaricati direttamente dalla notifica del CPNP (6).

Per continuare a vendere prodotti cosmetici sul mercato britannico dal 1° gennaio 2021, altri fattori devono essere presi in considerazione.
a. Le qualifiche del valutatore della sicurezza devono essere considerate equivalenti o accettate dalle autorità della Gran Bretagna (6).
b. Le società che attualmente vendono cosmetici in Gran Bretagna dall’Europa (prima classificati come distributori) sono diventate importatori. Come per il regolamento europeo, anche nel regolamento britannico gli importatori sono automaticamente considerati la persona responsabile (4,6). Qualora il brand owner in Europa abbia già designato una persona responsabile nel Regno Unito, è importante che gli importatori preparino un mandato per i prodotti che importano, in modo da incaricare la persona responsabile in Gran Bretagna, scelta dal brand owner, della responsabilità per le conformità dei prodotti cosmetici di interesse (6).
c. Viceversa, il punto sopra riportato è valido anche per prodotti cosmetici importati nel mercato europeo dalla Gran Bretagna (7).

Irlanda del Nord
Come già menzionato in questo articolo, l’Irlanda del Nord segue il regolamento europeo sui prodotti cosmetici (5). Qualora delle società con sede in Europa vendano solo nell’Irlanda del Nord e non in Gran Bretagna, non dovranno duplicare i requisiti per i cosmetici rispetto al regolamento cosmetico della Gran Bretagna (5,7).

Regolamentazione chimica (UK REACH)

Il testo di legge REACH etc. (Amendment etc.) (EU Exit) Regulations 2019 [Registration, Evaluation, Authorisation of Chemicals (REACH)] e i successivi emendamenti costituiscono il regolamento britannico per le sostanze chimiche (8). Il regolamento è in vigore dal 1° gennaio 2021 ed è valido per tutte le sostanze chimiche immesse sul mercato della Gran Bretagna (Inghilterra, Galles e Scozia) (8). L’Irlanda del Nord, invece, mantiene le normative europee, come previsto dal Northern Ireland Protocol del Withdrawal Agreement (5).

Sono riportati sotto i requisiti principali del regolamento che sono applicabili a tutte le sostanze chimiche immesse sul mercato britannico dal 1° gennaio 2021, qualora non sia previsto un periodo di transizione specifico per gli obblighi descritti nella sezione seguente di questo articolo (8). Essendo UK REACH una replica di EU REACH, possiamo trovare molte similarità nei principi fondamentali di questa normativa, come descritto nei punti seguenti.
• L’autorità britannica Health and Safety Executive (HSE) svolge il ruolo dell’European Chemicals Agency (ECHA) (8,9).
• UK REACH copre la sicurezza delle sostanze chimiche nei confronti dell’ambiente e della sicurezza nei luoghi di lavoro (8,9). UK REACH si applica a tutte le sostanze chimiche singolarmente o come parte di una miscela di sostanze che vengono prodotte o importate sopra al limite di 1 tonnellata/anno per ogni entità legale (8,9).
È importante sottolineare che le quantità di produzione o importazione devono tenere in considerazione solo il mercato della Gran Bretagna e non dell’Irlanda del Nord (5).
• Non è possibile immettere sul mercato britannico una sostanza chimica sopra 1 tonnellata/anno, sulla cui sicurezza non ci siano informazioni o dati (8,9).
• I prodotti cosmetici finiti (che sono per lo più miscele) sono esenti dagli obblighi di UK REACH, ovvero non si applicano; al contrario, gli ingredienti cosmetici individualmente o contenuti nei prodotti cosmetici finiti (sostanze in miscele) sono soggetti agli obblighi previsti dalla norma (8).
• UK REACH identifica diversi ruoli nella catena di fornitura (società fabbricante, importatore, utilizzatori a valle, distributori) e relativi obblighi (8,9).
• In base ai limiti quantitativi, la sostanza chimica deve essere registrata per permettere alle autorità di valutare la sua sicurezza. Il dossier di registrazione deve contenere informazioni e dati sulla sicurezza per dimostrare che le sostanze chimiche possono essere usate in maniera appropriata e che ogni rischio può essere minimizzato. In caso contrario, la sostanza chimica verrebbe proibita o ristretta, o soggetta ad autorizzazione, o sostituita con un’altra sostanza meno pericolosa (8,9).
– Società localizzate al di fuori della Gran Bretagna, inclusi i Paesi europei, dovranno nominare un only representative per svolgere le attività di conformità con la normativa di UK REACH (8,9).
– La registrazione di una sostanza chimica può essere effettuata da una società singola (se questa è l’unica società che produce o importa una data sostanza) o da un gruppo di società con sede in Gran Bretagna che vogliono registrare la stessa sostanza; in questo modo i costi di registrazione e test, ma anche i dati su una specifica sostanza chimica, possono essere condivisi (8,9).
– Nel testo legale, le informazioni che devono essere incluse nel dossier di registrazione sono esattamente le stesse di EU REACH, in base alla quantità di produzione o importazione (regolamenti 10 e 12 di UK REACH); anche il requisito di creare un chemical safety report e schede su come minimizzare i rischi relativi alla sostanza chimica rimangono invariati (8,9).
– Gli utilizzatori a valle hanno l’obbligo di assicurarsi che le sostanze chimiche usate siano registrate con UK REACH (8,9). Qualora il dossier di registrazione non copra l’uso cosmetico, l’utilizzatore a valle può compilare un chemical safety report per estendere il dossier di registrazione da includere al Safety Data Sheet (SDS) della sostanza.
• Il governo del Regno Unito ha creato il portale Comply with UK REACH che è simile al software REACH IT europeo.

È importante evidenziare che le compagnie identificate come downstream users di sostanze chimiche potrebbero diventare importatori sotto UK REACH se le sostanze chimiche sono importate dall’Europa alla Gran Bretagna (8,9). Viceversa, questo è valido anche per le compagnie che importano sostanze chimiche dalla Gran Bretagna al mercato europeo (10). È importante ricordare che gli obblighi degli importatori sono estremamente diversi dal quelli dei downstream users.

Per permettere alle società che vendono sostanze chimiche in Gran Bretagna di adattarsi alle nuove regole, sono stati creati dei requisiti di transizione di UK REACH che sono validi solo per sostanze chimiche che sono già registrate conformemente EU REACH.

Società che già possiedono una registrazione secondo quanto previsto dal Regolamento EU REACH
• Le informazioni riportate sotto devono essere inviate all’HSE entro 120 giorni dal 1° gennaio 2021 (30 aprile 2021) (8,11):
– identificazione del produttore o importatore;
– identificazione della sostanza;
– informazioni sulla produzione e uso della sostanza;
– conferma che la sostanza è stata valutata da una persona con esperienza e competenze appropriate;
– numero e data di registrazione EU REACH;
– decisioni ECHA sulla sostanza.

• Dal 28 ottobre 2021 le società hanno le seguenti scadenze per completare il dossier di registrazione (8,11):
– 2 anni per sostanze chimiche sopra le 1000 tonnellate/anno, CMR, tossiche per gli organismi acquatici, lista delle sostanze candidate (pubblicate nella lista delle sostanze candidate fino al 31 dicembre 2020);
– 4 anni per sostanze chimiche sopra le 100 tonnellate/anno, in lista delle sostanze candidate (dal 27 ottobre 2023);
– 6 anni per sostanze chimiche sopra 1 tonnellata/anno.

Utilizzatori a valle che diventeranno importatori
• I “nuovi” importatori devono inviare all’HSE una Downstream User Import Notification (DUIN) entro 300 giorni dal 1° gennaio 2021 (27 ottobre 2021), includendo le informazioni seguenti (8,11):
– identificazione dell’importatore;
– identificazione della sostanza;
– classificazione della sostanza secondo la Classification, Labelling and Packaging (CLP) regulation, solo se disponibile;
– numero di registrazione EU REACH, solo se disponibile;
– autorizzazioni all’uso o restrizioni;
– qualsiasi altra informazione utile per usare la sostanza chimica in sicurezza.

• Dopo i 300 giorni, il downstream user/importatore dovrà decidere se registrare la sostanza in conformità con le scadenze dei registratori di sostanze chimiche o cambiare i fornitori dall’Europa alla Gran Bretagna, per assicurarsi di essere sollevati da ogni obbligo di registrazione (8,11).

Come già menzionato in questo articolo, l’Irlanda del Nord segue il regolamento chimico europeo. Qualora compagnie con sede in Europa vendano solo nell’Irlanda del Nord e non in Gran Bretagna, queste compagnie non dovranno duplicare i requisiti per le sostanze chimiche rispetto a UK REACH (5).

conclusioni

Come spiegato nei dettagli di questo articolo, i regolamenti della Gran Bretagna per i prodotti cosmetici e le sostanze chimiche sono puramente dei duplicati delle normative europee correnti. Il modo più semplice per comprendere questi nuovi regolamenti britannici è quindi seguire la logica e i principi di quelli europei, ma applicati alla Gran Bretagna.
Pur avendo un iniziale allineamento dei requisiti britannici ed europei, non si può tuttavia escludere la possibilità di divergenze in futuro, siano queste su normative o su decisioni riguardanti la sicurezza degli ingredienti cosmetici e sostanze chimiche (per esempio proibizioni, restrizioni o autorizzazioni).

Bibliografia

1. Agreement on the withdrawal of the United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland from the European Union and the European Atomic Energy Community (2019) HM Government.
2. European Union (Withdrawal) Act 2018, www.legislation.gov.uk/ukpga/2018/16/contents/enacted
3. EU (Withdrawal Agreement) Bill, www.gov.uk/government/publications/eu-withdrawal-agreement-bill
4. Scheda 34 del Product Safety and Metrology etc. (Amendments etc.) (EU Exit) Regulations 2019 e i successivi emendamenti (the Product Safety and Metrology etc. (Amendment to Extent and Meaning of Market) (EU Exit) Regulations 2020, the Product Safety and Metrology (Amendment) (EU Exit) Regulations 2020, the Product Safety and Metrology etc. (EU Withdrawal and EEA EFTA Separation Agreements) (EU Exit) Regulations 2020 SI, Product Safety and Metrology etc. (Amendment etc.) (UK(NI) Indication) (EU Exit) Regulations 2020).
5. Northern Ireland Protocol to the Withdrawal Agreement, https://assets.publishing.service.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/840230/Revised_Protocol_to_the_Withdrawal_Agreement.pdf
6. Office for Product Safety and Standards (OPSS), guida sul regolamento cosmetico della Gran Bretagna, www.gov.uk/guidance/uk-product-safety-and-metrology-from-1-january-2021
7. Commissione europea technical notice on cosmetics, https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/notice_to_stakeholders_cosmetic_products.pdf
8. REACH etc. (Amendment etc.) (EU Exit) Regulations 2019 e i successivi emendamenti (the REACH etc. (Amendment etc.) (EU Exit) (No. 2) Regulations 2019, the REACH etc. (Amendment etc.) (EU Exit) (No. 3) Regulations 2019, the REACH etc. (Amendment etc.) (EU Exit) Regulations 2020).
9. Health and Safety Executive (HSE), guida sul regolamento UK REACH, www.hse.gov.uk/reach/brexit.htm
10. European Chemicals Agency, Brexit advice, https://ec.europa.eu/info/relations-united-kingdom/overview/consequences-public-administrations-businesses-and-citizens-eu_en
11. Department for the Environment, Food and Rural Affairs (Defra) guida sui requisiti di transizione per UK REACH, www.gov.uk/guidance/how-to-comply-with-reach-chemical-regulations?utm_source=613460fe-fbec-4ce9-992c-ca7bdb6abacc&utm_medium=email&utm_campaign=govuk-notifications&utm_content=immediate

COSMETIC TECHNOLOGY

Francesca Rapolla
Cosmetic Toiletry and Perfumery Association (CTPA), Regulatory Affairs Manager CTPA

frapolla@ctpa.org.uk

Condividi la notizia!

Condividi su facebook
Condividi su twitter
Condividi su linkedin

Master in Packaging

Master in Packaging

All’Università di Parma una formazione per esperti in packaging

Quali sono i punti di forza di un Master in Packaging?

Questo Master ha la peculiarità di riuscire a coniugare la formazione accademica con il mondo del lavoro, offrendo un’offerta formativa dal punto di vista didattico legata a realtà professionali che operano sul campo. È molto forte, dunque, la collaborazione con le imprese, tant’è che con alcune di loro sono già nati progetti di ricerca applicata. Non è poi raro che i nostri studenti vengano inseriti all’interno di queste realtà come tirocinanti, per poi rimanere stabilmente nelle aziende come dipendenti a tutti gli effetti, e questo è sicuramente un punto a nostro favore. Il settore packaging ha infatti un’elevata percentuale di occupazione. Si tratta di un mondo in forte crescita che contempla molteplici settori: food, beverage, farmaceutico e biomedicale, cosmetico & personal care, tabacco, chemicals & home care. Settori fondamentali, e nella maggior parte dei casi considerati strategici, che nonostante la pandemia non si sono mai fermati.
Il nostro Master è poi una realtà ampiamente multidisciplinare. Packaging significa allo stesso tempo progettazione, studio della chimica dei materiali (ad esempio è importante capire cosa succede quando questi materiali invecchiano o come interagiscono con il loro contenuto), design, sia per quel che riguarda materiali nuovi e ampiamente rodati sia di riciclo, ma anche lo sviluppo di nuovi materiali, quindi è anche ricerca e innovazione. Ecco perché un Master in Packaging è utile in molteplici campi.

A chi si rivolge il Master? Per l’accesso ci sono lauree preferenziali rispetto ad altre?

È un Master di primo livello, quindi è pensato sia per gli studenti che hanno conseguito una laurea triennale che magistrale.
Poiché si tratta di un settore molto ampio, variegato e multidisciplinare, non c’è una “selezione all’ingresso” in termini di laurea conseguita: ogni studente laureato ha la possibilità di accedervi. Tra i nostri studenti abbiamo avuto ingegneri, chimici, ma anche architetti, designer e tante altre figure. La multidisciplinarietà è quindi su entrambi i fronti: sia dei docenti sia degli studenti che, attraverso il Master, riescono a costruire una vera e propria rete di contatti e di collaborazione, integrandosi l’uno con l’altro.
Grazie al Master acquisiscono infatti la capacità di dialogare anche con figure appartenenti a contesti diversi da quelli relativi alla propria formazione di base, e questo è molto apprezzato nell’ambito lavorativo.
Il Master può essere poi un’occasione per chi già lavora all’interno di questo mondo e vuole saperne di più.
Ad esempio, ci possono essere delle aziende interessate a iscrivere i propri dipendenti per poterli aggiornare sulle novità del settore. È infatti previsto che ci siano degli “uditori” esterni che possono partecipare ai singoli corsi in relazione all’area di interesse.

Come si struttura il Master al suo interno?

Il Master prevede delle lezioni frontali che si svolgono da fine gennaio a giugno, dal giovedì al sabato per agevolare le persone impegnate in attività lavorative.
Oltre alle lezioni frontali (la prossima edizione si terrà essenzialmente in modalità a distanza, considerata l’emergenza sanitaria in corso) sono previste delle esercitazioni in laboratorio presso il Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale; un corso di alcuni giorni sulle tecnologie di stampa presso l’Istituto Grafico di Verona San Zeno; e infine delle visite a stabilimenti e realtà produttive, laboratori in presenza e seminari guida per l’ingresso nel mondo del lavoro in collaborazione con Manpower Group.
Inoltre, a conclusione del periodo di formazione in aula è previsto uno stage aziendale di almeno 375 ore della durata di 3-6 mesi.  
Il numero minimo di iscritti al Master è di 7 fino a un massimo di 20. Per gli uditori non c’è un limite di posti dato che non dovranno svolgere alcuno stage.

Chi sono i docenti del Corso? Da quali realtà provengono e che discipline insegnano?

La docenza è tenuta da professionisti del settore.
Anche la docenza si ispira al principio della multidisciplinarietà: si spazia dal design al marketing, dall’ingegneria alla chimica, dalla legislazione alla comunicazione.
Organizziamo anche dei seminari che riguardano la logistica, perché indirettamente anche quest’ambito riguarda il packaging, così come la tracciabilità.

C’è un packaging che ha una trattazione particolare oppure tutti i materiali vengono considerati allo stesso modo?

I materiali canonici sono vetro, plastica, metalli e cellulosa, ma ormai chi lavora nel campo dei materiali plastici ha ben presente l’obiettivo di passare a materiali più ecosostenibili.
Molti materiali di largo uso sono penalizzati in quest’ultimo periodo, anche se a seguito del lockdown c’è stata una ripresa di contenitori monouso per il confezionamento di cibo e sanificanti. Il cartone è invece un materiale estremamente rilevante per la posizione che ricopre in termini di sfida ambientale e di design.
Nei nostri laboratori facciamo continuamente attività di ricerca finanziate da aziende sia del settore del packaging sia dell’alimentare e della cosmetica, perché il Master punta innanzitutto a fornire i più recenti aggiornamenti riguardo il packaging ecosostenibile, edibile e attivo; temi di particolare interesse per tutti coloro che lavorano già nel mondo del packaging e per i quali l’iscrizione al nostro Master consente di venire a conoscenza dei vari ambiti di innovazione in un settore in continua evoluzione.

L’emergenza sanitaria ha contribuito a rivalutare il ruolo del packaging. Pensate che questa situazione possa in qualche modo incrementare il numero degli iscritti al Master?

È possibile, se si considera che l’industria farmaceutica e quella cosmetica sono molto interessate al packaging, specialmente in questa situazione di emergenza sanitaria durante la quale le industrie hanno incontrato grandi difficoltà negli approvvigionamenti del packaging.
Anche in questo settore si sta riscontrando un’inevitabile crisi economica dettata dalla situazione contingente, in particolare per il calo dell’esportazione dei prodotti Made in Italy. Ma considerato il largo impiego nella quasi totalità dei settori, possiamo dire che la stia subendo meno di altri comparti.

Ultima domanda, ma non per importanza: “Che sbocchi professionali è in grado di offrire il Master in Packaging?”

L’iniziativa di attivare un Master universitario sul packaging risponde alle esigenze provenienti dal mondo del lavoro e delle professioni coinvolte in questo vasto ambito.
Il packaging offre dunque opportunità di lavoro in vari settori:
• aziende che progettano packaging (design, stampa, grafica);
• utilizzatori di imballaggi (confezionamento prodotti);
• produttori di packaging;
• produttori di macchinari per il packaging;
• ricerca e sviluppo materiali per il packaging, caratterizzazione e controllo qualità.

COSMETIC TECHNOLOGY

Intervista alla Dott.ssa Antonella Cavazza e al Prof. Claudio Corradini

Il futuro “confezionato” è vincente! Questo è lo slogan del Master in Packaging dell’Università di Parma che ha appena compiuto 10 anni.
Un Master che punta all’innovazione all’interno di un settore in continua evoluzione e forte crescita, basti pensare che l’Italia è un’eccellenza a livello mondiale per la produzione di macchine per il packaging.
Ne abbiamo parlato con la Dott.ssa Antonella Cavazza, coordinatrice del Corso, e con il Prof. Claudio Corradini, ex presidente del Master.

Prof.ssa Antonella Cavazza antonella.cavazza@unipr.it
tel 0521905433

Prof. Claudio Corradini claudio.corradini@unipr.it
tel 3246217639

www.masterpackaging.unipr.it

Condividi la notizia!

Condividi su facebook
Condividi su twitter
Condividi su linkedin
Università di Parma - Master in packaging
Il Master in Packaging dell’Università di Parma, il primo in Italia ad essere attivato su queste tematiche, propone una formazione altamente specializzata, un percorso multidisciplinare destinato ai nuovi profili per l’industria e la ricerca in quest’ambito. Il Master si propone di fornire le conoscenze sul Packaging, materia assolutamente interdisciplinare, e fornire un ampio spettro di competenze legate a materie specifiche che coprono settori disciplinari eterogenei ma essenziali per una formazione aderente alle necessità professionali.

Sicurezza microbiologica nei cosmetici

Sicurezza microbiologica
nei cosmetici

Quali sono i test più efficaci per garantirla?

 

Il rispetto dei parametri di qualità e sicurezza sono elementi essenziali per garantire ai consumatori l’utilizzo dei prodotti cosmetici senza alcun rischio.
Con l’entrata in vigore del Regolamento (CE) n.1223/2009, tutti i prodotti cosmetici immessi sul mercato devono essere sicuri: “È essenziale che i prodotti cosmetici messi a disposizione sul mercato dell’Unione europea siano sicuri per la salute umana se utilizzati in condizioni d’uso normali o ragionevolmente prevedibili. A tale scopo, il Regolamento prescrive che, per stabilire che un prodotto cosmetico sia sicuro in tali condizioni, i prodotti cosmetici debbano essere sottoposti a una valutazione della sicurezza”. Uno dei principali requisiti per garantire la sicurezza dei cosmetici è la valutazione delle caratteristiche microbiologiche per determinare le specifiche accettabili di ingredienti e prodotti finiti. Queste analisi permettono di assicurare il controllo microbiologico, mantenere la qualità e le specifiche previste, e quindi preservare l’immagine e la reputazione delle aziende.

Microbiological safety in cosmetic products
What are the most valid tests  to guarantee it?

The compliance with quality and safety standards is essential to ensure that consumers can use cosmetic products without any risk.
With the implementation of the Regulation (EC) No. 1223/2009, all cosmetic products placed on the market must be safe: “It is essential that cosmetic products made available on the Union market be safe for human health when used under normal and reasonably foreseeable conditions of use. To that end, the Regulation requires that, in order to establish that a cosmetic product is safe under those conditions, cosmetic products undergo a safety assessment”. One of the main requirements to ensure the safety of cosmetics is the evaluation of microbiological characteristics to determine the acceptable specifications of ingredients and finished products. The analyses allow to guarantee microbiological control, maintain quality and specifications and, therefore, preserve the brand reputation of the companies
.

Milioni di persone in tutto il mondo utilizzano ogni giorno prodotti per l’igiene personale. I rituali di cura e bellezza includono l’applicazione di diversi prodotti quali shampoo, balsamo per capelli, sapone, dentifricio, deodorante, balsamo per le labbra, crema solare, lozioni per viso e corpo, prodotti per la rasatura e makeup. Anche se non sterili, questi prodotti sono accuratamente progettati e fabbricati per garantire la sicurezza microbiologica e la stabilità durante l’uso normale e ragionevolmente prevedibile del prodotto (1,2).
La valutazione della sicurezza microbiologica di tutti i prodotti cosmetici viene normata nelle linee guida cosmetiche degli standard internazionali come l’ISO (2).
Il rispetto dei parametri di qualità e sicurezza sono elementi essenziali per garantire ai consumatori l’utilizzo dei prodotti cosmetici senza alcun rischio. Le norme e i principi applicati ai cosmetici, compresa la considerazione di microrganismi patogeni o indesiderabili, si basano su quelli utilizzati nell’industria farmaceutica per i prodotti farmaceutici non sterili (3). Questi sono stati stabiliti dalla United States Pharmacopeia (USP) e sono applicabili negli Stati Uniti dalla Food and Drug Administration (FDA) e in Europa con l’entrata in vigore del Regolamento (CE) n.1223/2009.
Negli ultimi anni il livello di sicurezza dei prodotti per l’igiene personale è stato eccellente e le infezioni derivanti da prodotti contaminati sono state rare, con molti dei casi segnalati verificatisi in individui ospedalizzati (3). Tuttavia, in Europa si sono comunque registrati più di 100 recall di cosmetici, a causa di contaminazioni di origine microbiologica (estrazione dati Rapex – 2010-2020) che hanno visto il coinvolgimento di numerosi Paesi della Comunità oppure di provenienza extra-europea e di cui è possibile apprenderne i dettagli (4).
In linee generali, la contaminazione dei cosmetici originata da funghi o batteri può avvenire tramite:
• materie prime, acqua o altri ingredienti contaminati;
• cattive condizioni di produzione;
• ingredienti che favoriscono la crescita dei microrganismi, senza l’impiego di un efficace sistema conservante;
• packaging non in grado di proteggere adeguatamente il prodotto;
• cattive condizioni di spedizione o di stoccaggio;
• l’utilizzo diretto da parte dei consumatori, come ad esempio la necessità di immergere le dita nel prodotto per applicarlo.

Per leggere l’intero articolo, acquista il singolo numero o abbonati alla rivista

COSMETIC TECHNOLOGY

Chiara Chiaratti, Monica Mapelli,
Nicola Lorenzetto*

Mérieux NutriSciences – Pharma, Healthcare & Cosmetics, Resana (TV)
*Cosmetic scientific and technical expert

nicola.lorenzetto@mxns.com

Condividi la notizia!

Condividi su facebook
Condividi su twitter
Condividi su linkedin

Notte dei ricercatori

Dai vasetti ai sacchetti

Un nuovo modo di concepire il packaging cosmetico

Università: mai stata così vicina

In quest’anno profondamente segnato dalla pandemia è emersa ancora di più la necessità di instaurare un dialogo costruttivo tra scienza e popolazione. La scienza, infatti, si interroga da decenni su come coinvolgere e interessare i cittadini alle sue scoperte. A tal fine, ogni anno dal 2005 viene organizzata in diverse città europee la notte delle ricercatrici e dei ricercatori, che nel caso degli atenei di Padova, Venezia e Verona prende il nome di Venetonight. A causa della pandemia, quest’anno è stata organizzata un’edizione interamente online che ha visto la realizzazione di webinar, esperimenti di laboratorio online e video informativi su domande che posso sorgere spontanee a chiunque, ad esempio come nasce un vaccino, come avviene l’effetto serra o che cosa sono e a che cosa servono le emozioni.
Scopo dell’iniziativa è quello di portare fuori dai laboratori la ricerca accademica, mostrando alla popolazione quanto la ricerca affronti ogni giorno problemi che interessano tutti noi, ma soprattutto quanto questa possa offrire soluzioni che hanno una ricaduta pratica nella società. Quest’ultimo aspetto in particolare è parte della mission degli spin-off universitari che si pongono come veri e propri luoghi di incontro tra accademia e impresa, al fine di favorire il trasferimento tecnologico della ricerca.
Ne è un esempio il video realizzato da Unired, spin-off dell’Università degli Studi di Padova, che da più di otto anni collabora con aziende del settore cosmetico e nutraceutico con lo scopo di favorire l’innovazione di prodotto e la crescita del know-how. Il video in questione  riguarda il frutto dell’ultimo anno di ricerca di Unired sulla sostenibilità dei packaging cosmetici. Tale ricerca ha portato recentemente allo sviluppo di ECO PIPING BAGS, un packaging cosmetico dal design innovativo e in materiale completamente biodegradabile e compostabile.

Quanti contenitori di plastica abbiamo in casa? L’industria cosmetica da anni predilige questo tipo di vasetti e flaconi che rendono facile l’utilizzo del prodotto e la conservazione. Ma un’ottima alternativa che guarda al nostro pianeta in un’ottica ecologica e sostenibile c’è!

La rivoluzione del packaging in un sacchetto

La maggior parte dei prodotti cosmetici è contenuta in vasetti, flaconi o tubetti di plastica, i quali hanno un ruolo fondamentale nel garantire la corretta conservazione del prodotto, proteggendolo efficacemente dagli agenti esterni, oltre che a permettere il giusto dosaggio e una consona applicazione. I classici contenitori cosmetici sono però voluminosi, aumentano notevolmente la produzione di rifiuti e spesso non possono essere inclusi nella filiera del riciclaggio.
In un mondo in cui l’attenzione all’ambiente è sempre più impellente e una delle tematiche più dibattute è come ridurre i rifiuti, è necessario cercare soluzioni sostenibili. Proprio in quest’ottica è nato il progetto ECO PIPING BAGS.
Esso sostituisce il classico flacone o vasetto di plastica con un sacchetto sottile, leggero e dal design unico, realizzato in materiale completamente biodegradabile e compostabile. Il nuovo contenitore per prodotti per la pelle, innovativo e sostenibile, mira a cambiare l’idea del cosmetico e il suo impiego, richiamando il mondo della pasticceria. L’innovazione di questo imballaggio consiste, infatti, nel trasferire e adattare al mondo cosmetico un contenitore come la sac à poche, che è proprio di una realtà, la pasticceria, altrettanto costellata di creme.

Come si presenta il sacchetto e da cosa è composto

Il contenitore a sacchetto (Fig.1A) è realizzato con polimeri biobased, biodegradabili e compostabili provenienti dal mondo dell’agricoltura, ed è avvolto da carta biodegradabile che ne favorisce la presa e garantisce una sensazione tattile piacevole, aspetto fondamentale della gestualità cosmetica (Fig.1B). Il corretto svuotamento della confezione viene favorito dall’impugnatura “da pasticceria”, evitando così il contatto diretto del dito con il prodotto, come avviene ad esempio con i vasetti, e riducendo quindi la possibile contaminazione.
L’erogazione del prodotto dal “contenitore a sacchetto” avviene grazie a un dispositivo di erogazione anch’esso biodegradabile e compostabile, dal design ideato su misura e dotato di tappo richiudibile. Questo sistema “apri e chiudi” permette di dosare facilmente il prodotto. Infine il sacchetto viene riposto in un contenitore di carta rettangolare che permette di metterlo a scaffale. Anche tale contenitore è stato realizzato ad hoc per assicurare la funzionalità, riducendo al minimo il materiale che lo compone.
La realizzazione di un sacchetto rispetto a un flacone si traduce in una riduzione di oltre il 90% della quantità di plastica utilizzata per produrlo, abbattendo drasticamente gli spazi necessari per stoccare i pezzi nei magazzini e l’inquinamento derivante dal loro trasporto.
Il progetto ha partecipato al Best Packaging 2020, contest promosso dall’Istituto Italiano di Imballaggio volto a premiare i migliori packaging in relazione a innovazione e sostenibilità, aggiudicandosi il premio Quality Design con la seguente motivazione: “Il prototipo introduce una nuova visione e una nuova concezione del flacone per skin care. Il trasferimento tecnologico della forma, che ricorda una sac à poche da pasticceria, afferma nuove coordinate espressive e propone al consumatore la sperimentazione di nuovi modelli di utilizzo”.
Come sottolinea anche la motivazione, oltre a essere sostenibile introduce una nuova gestualità e fa da apripista a nuovi modi di concepire il packaging cosmetico e non solo.
L’esperienza data dalla realizzazione di questo progetto mostra, ancora una volta, come la sinergia tra ricerca accademica e impresa porti allo sviluppo di modelli virtuosi che possono essere adottati anche da altre industrie, non solo cosmetiche.

COSMETIC TECHNOLOGY

Vasetti flaconi e contenitori
ci sommergeranno?
speciale video

Alessandra Semenzato
Dipartimento di Scienze del Farmaco, Università di Padova, Padova

Alessia Costantini,
Marco Scatto, Gianni Baratto

Unired, Spin-off Università di Padova, Padova

alessandra.semenzato@unipd.it

Condividi la notizia!

Condividi su facebook
Condividi su twitter
Condividi su linkedin
unired - università di padova, dipartimento del farmaco

Vasetti flaconi e contenitori ci sommergeranno?

Bag on Valve

BAG ON VALVE

Tecnologia per la produzione di farmaci, dispositivi medici e cosmetici,
sia in forma di creme e gel sia in forma liquida

AlessandroDiMartino_IBSA

La scelta di tecnologie avanzate e innovative, lo sviluppo di un solido know-how tecnico dei collaboratori e l’effettuazione di investimenti nell’ottica di immettere sul mercato prodotti farmaceutici, sicuri, pratici ed efficaci a garanzia dell’utilizzatore finale rappresentano i criteri con cui IBSA Farmaceutici persegue costantemente il miglioramento della qualità e dell’affidabilità dei suoi prodotti. Il motto “Farmaci nella forma migliore” è diventato il cardine della filosofia aziendale di IBSA.
Abbiamo incontrato il Dott. Alessandro Di Martino, Special Projects Consultant, Technical Operations Department di IBSA Farmaceutici, al quale abbiamo posto una serie di domande per approfondire insieme quali sono state le motivazioni che hanno spinto IBSA Farmaceutici a introdurre nei propri stabilimenti la tecnologia di confezionamento Bag on Valve (BoV).

Alessandro di Martino
Special Projects Consultant, Technical Operations Department di IBSA Farmaceutici

D. Come si è sviluppato il progetto?

R. Già nella prima metà degli anni 2000 la società iniziò a produrre per una consociata francese un antinfiammatorio a uso topico sotto forma di gel, commercializzato nel classico tubetto di alluminio da 100 g, la cui produzione ammontava ad alcune centinaia di migliaia di pezzi/anno.
La linea di confezionamento era costituita da una riempitrice di tubi di alluminio con una capacità produttiva di circa 3000 pz/ora e di una linea di confezionamento secondaria.
Tuttavia, l’evidenza di alcuni aspetti ritenuti poco “farmaceutici” e legati esclusivamente al tipo di confezionamento primario, e cioè la difficoltà di recuperare il totale del contenuto dichiarato sulla confezione (causa le pieghe del tubo di alluminio una volta spremuto) e in secondo luogo il fatto che dopo l’utilizzo sul bocchello del tubetto in alluminio rimane sempre un residuo di crema che si ossida, indurisce e cambia colore), fummo spinti a ricercare un confezionamento che risultasse più idoneo, che mitigasse questi difetti e contemporaneamente fosse, se non del tutto inedito, almeno poco diffuso nell’industria farmaceutica per poterci così distinguere dalla concorrenza.
Una ricerca di mercato consentì di identificare due aziende, una svizzera e una italiana, che allora utilizzavano per il mercato della grande distribuzione (schiume per l’igiene personale, food, ecc.) una particolare tecnologia in grado di minimizzare i suddetti difetti.

D. Quali sono i principi cardine della tecnologia?

R. Il principio di tale tecnologia consiste sostanzialmente nel dosare il prodotto da erogare in un sacchetto multistrato saldato su valvola per aerosol, il tutto contenuto in una bomboletta di alluminio in cui lo spazio tra sacchetto e bomboletta viene pressurizzato con aria oppure azoto. Risulta quindi del tutto eliminato qualsiasi contatto tra prodotto e propellente.  Nel momento in cui l’utilizzatore aziona la valvola premendo su un apposito tasto erogatore, la pressione gravante sul sacchetto permette la fuoriuscita del prodotto attraverso lo stelo valvola ottenendone l’erogazione.
In buona sostanza, la pressione che preme sul sacchetto svolge la stessa funzione della mano dell’utilizzatore che schiaccia il tubetto di alluminio.
In verità già da tempo esistevano anche in ambito farmaceutico (ed esistono ancora oggi) tecnologie similari utilizzate per la preparazione di schiume, salvo il fatto che l’azione propellente in questo caso è svolta da un gas sotto pressione (in genere protossido di azoto) direttamente mescolato al prodotto stesso. Tuttavia, ricorrere a questa tecnologia a posteriori comporta la messa a punto di una nuova formulazione che va registrata e l’esecuzione di prove di stabilità a lungo termine; un iter che appare sicuramente lungo e complesso.
Al contrario, ciò che si rende necessario realizzare se si decide di cambiare imballaggio è solo la valutazione dell’interazione del prodotto a contatto con materiali “inerti” sia del sacchetto (polietilene) sia della valvola.

IBSA FARMACEUTICI ITALIA