Cosmetici naturali

Anna Ciranni
Chimico e consulente nel settore della cosmesi, membro del Comitato di Controllo Istituto Autodisciplina Pubblicitaria
annaciranni@gmail.com


Il crescente mercato dei prodotti cosmetici naturali e di origine naturale ha portato alla divulgazione di forme pubblicitarie e comunicazioni commerciali a volte non conformi ai regolamenti europei in tema di prodotti cosmetici e di liceità dei criteri comuni per la giustificazione delle dichiarazioni utilizzate.
Tutti i prodotti cosmetici, senza alcuna eccezione, devono essere conformi al Regolamento (CE) n.1223/2009 che stabilisce obblighi ben precisi, anche in merito alle dichiarazioni relative al prodotto e alle rivendicazioni di efficacia.
Un ruolo importante sul controllo della pubblicità dei prodotti cosmetici è svolto dall’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) che opera attraverso il monitoraggio e l’attività del Comitato di Controllo e del Giurì. La sua attività si basa sul rispetto del Codice della Comunicazione Commerciale che ha lo scopo di assicurare che la comunicazione commerciale venga realizzata in modo onesto, veritiero e corretto.


Natural Cosmetics – Regulatory, claims and commercial communication

The growing market for natural cosmetic products of natural origin has led to the dissemination of advertising and commercial communications that sometimes do not comply with the European Regulations on cosmetic products and the common criteria for the justification of the claims used.
All cosmetic products, without exception, must comply with Regulation (EC) n. 1223/2009, which also lays out precise requirements with regard to product claims and claims of efficacy.
An important role in the control of the advertising of cosmetic products is carried out by the Institute of Advertising Self-discipline which operates through the monitoring and activity of the Control Committee and the Jury. Its activity is based on compliance with the Code of Commercial Communication which aims to ensure that commercial communication is carried out honestly, truthfully and correctly.

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Metaboliti secondari come nutrienti non-essenziali: Pomodoro

Paolo Morazzoni1, Francesco Visioli2, Fulvio Ursini2
1Indena (Milano);
2Dipartimento di Medicina Molecolare (Università di Padova)
scientificadvisor.pm@indena.com

Il pomodoro (Solanum lycopersicum L., 1753) è una pianta annuale della famiglia delle Solanacee e che dal punto di vista della classificazione botanica (ICBN) è riportata anche come Lycopersicon esculentum (L.) Karsten ex Farw. La pianta è originaria di aree dell’America centrale, che oggi sono identificabili con il Messico, dove peraltro è stata avviata la prima domesticazione intorno al 700 dC.
… I dati di produzione mondiale del pomodoro corrispondono oggi (dati FAOSTAT aggiornati al 2014) a circa 170,75 Mt (milioni di tonnellate) derivanti da circa 50.238,1 km2 di aree coltivate sparse ormai in moltissimi paesi che includono tra i principali produttori quelli del bacino Mediterraneo (Italia, Spagna, Francia, Grecia, Turchia, Israele e paesi maghrebini), la Cina, l’India e gli Stati Uniti (4).
… Il consumo alimentare estensivo di pomodoro in molte parti del mondo ha anche permesso di accumulare molti dati interessanti di tipo epidemiologico che hanno sempre più permesso di identificare i componenti fitochimici (Fig.2) di questo frutto nel loro complesso come associabili ad effetti salutistici importanti nella popolazione (5-7). Sulla base di questi rilievi, sono poi stati avviati anche molti studi, di tipo preclinico e clinico, che hanno sostanziato per alcuni dei componenti del frutto, quali polifenoli e soprattutto alcuni carotenoidi come il licopene, importanti attività biologiche.

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Metaboliti secondari come nutrienti non-essenziali: Vite

Paolo Morazzoni1, Francesco Visioli2, Fulvio Ursini2
1Indena (Milano);
2Dipartimento di Medicina Molecolare (Università di Padova)
scientificadvisor.pm@indena.com

La vite (Vitis vinifera L.) (Fig.1) è classificata, insieme ad altre 900 specie suddivise in 15 generi, come appartenente alla grande famiglia delle Vitacee. Tra tutte le specie raggruppate in questa famiglia, la Vitis vinifera L. è sicuramente la più conosciuta, oltre a essere quella maggiormente utilizzata in epoca attuale a scopi commerciali che includono soprattutto l’utilizzo del frutto e/o di sue parti ad uso alimentare e/o medicinale, e in minor parte delle foglie a prevalente uso medicinale.
[… ] Vitis vinifera L. è presente nell’elenco delle sostanze vegetali ammesse negli integratori alimentari del Ministero della Salute (DM del 9 gennaio 2019) con le seguenti indicazioni di riferimento per gli effetti fisiologici:
folium, semen: funzionalità del microcircolo (pesantezza delle gambe), antiossidante, regolare funzionalità dell’apparato cardiovascolare;
oleum: integrità e funzionalità delle membrane cellulari, trofismo e funzionalità della pelle, contrasto dei disturbi del ciclo mestruale, funzionalità articolare.

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Sole senza timore

Giuseppina Viscardi • Creative Cosmetic Consultant – giuseppinaviscardi@tiscali.it
Valentina Strada • Chemist research – valentinairene.strada@gmail.com


Se in passato l’utilizzo dei prodotti solari era confinato per lo più al periodo estivo, oggi, grazie a una sempre maggior possibilità di viaggiare e di spostarsi, i cosmetici dedicati al sun care rimangono di grande interesse durante tutte le stagioni dell’anno. Di seguito una selezione di attivi, estratti naturali e ingredienti che permettono di arricchire, con attività mirate, i prodotti dedicati a questo settore.

Inosiltol
Attivo idrosolubile di origine naturale a base di D-chiroinositolo, ottenuto per separazione cromatografica e successiva concentrazione dalla pianta Ceratonia siliqua L., agisce intensificando e prolungando l’abbronzatura grazie all’attivazione di una cascata di secondi messaggeri coinvolti nella sintesi della melanina. Oltre a svolgere un effetto booster sull’abbronzatura, la sua azione si completa anche di un’attività preventiva verso la perdita di elasticità cutanea indotta dall’esposizione al sole, poiché agisce come attivatore della sintesi di collagene di tipo I.

Butylene Glycol (and) Aqua (and) Malt Extract (and) Sodium Bisulfite (and) Sodium Benzoate (and) Gluconolactone (and) Calcium Gluconate
Si tratta di un estratto idrosolubile derivato dal malto, standardizzato in acido fitico, proteine e zuccheri. Grazie alla sua composizione, ricca in particolare di cellulosa, emicellulosa e destrina, esercita un’azione di booster SPF (Sun Protection Factor) e aiuta a proteggere le membrane cellulari dalle radiazioni solari. La sua attività si svolge dall’interno della cellula, in particolare su fibroblasti e cheratinociti, dove interferisce con i meccanismi che causano gli effetti indesiderati dei raggi UV.

Coffea arabica (Coffee) Seed Oil
Olio estratto da chicchi di caffè verde (Coffea arabica L.) mediante spremitura a freddo. Questa tecnica di estrazione consente di preservare inalterate tutte le proprietà caratteristiche, in particolare l’alto contenuto di acido linoleico, un acido grasso con proprietà nutrienti ed emollienti. Grazie alla sua capacità di aumentare l’espressione delle acquaporine (AQP), proteine di membrana coinvolte nel trasporto di acqua all’interno della cellula, i cheratinociti risultano maggiormente protetti dall’aggressione dei raggi UVB. Migliora, inoltre, l’elasticità cutanea grazie a un incremento nella sintesi di collagene ed elastina.

Helianthus Annuus (Sunflower) Seed Oil (and) Haematococcus Pluvialis Extract
Si tratta di un estratto liposolubile derivato dalla microalga Haematococcus pluvialis. Durante lo stadio di riposo, l’alga viene esposta ad alte intensità luminose che permettono di incrementare la sintesi di astaxantina. L’alta concentrazione di quest’ultima, che lavora come radical scavenger (cioè contrasta l’attività dei radicali liberi) con un’efficacia fino a 500 volte maggiore rispetto alla vitamina E, offre una naturale protezione contro i raggi UVA/UVB e aumenta la resistenza della cute alle aggressioni solari. Il photo-ageing (invecchiamento cutaneo causato dal sole) risulta ridotto e la pelle presenta un aspetto più sano. Il prodotto è certificato Ecocert.

Water (and) Glycerin (and) Oryza Sativa (Rice) Seed Protein (and) Phytic Acid (and) Oryza Sativa (Rice) Extract
Dal chicco di riso un estratto appositamente pensato e progettato per preservare la struttura dei capelli dai danni ossidativi indotti dalle radiazioni solari. La sua composizione è caratterizzata da peptidi, polisaccaridi e acido fitico, che agiscono sinergicamente per proteggere e migliorare la coesione tra le cuticole. Rinforza, inoltre, la fibra capillare rendendo i capelli naturalmente morbidi, luminosi e, nel caso di trattamenti colorati, riduce la perdita di colore anche su chiome estremamente danneggiate.

Diisopropyl Adipate (and) Propylene Glycol Dicaprylate/Dicaprate (and) C12-15 Alkyl Benzoate (and) Diisopropyl Sebacate
Ingrediente multifunzionale composto da un mix di esteri perfettamente bilanciati per esaltare al meglio le loro caratteristiche nelle formulazioni contenenti filtri solari. Grazie alle sue caratteristiche chimiche e alla sua elevata compatibilità, agisce da solubilizzante sia dei filtri fisici sia di quelli chimici. Ciò determina, di conseguenza, una migliore resa dell’attività dei filtri solari, che si distribuiscono in maniera più omogenea e uniforme sulla pelle garantendo una migliore protezione. Inoltre, le sue qualità sensoriali rendono l’applicazione del prodotto finito estremamente facile e gradevole.

Polyester-7 (and) Neopentyl Glycol Diheptanoate
Complesso derivante dalla combinazione sinergica di un polimero a basso peso molecolare con attività water resistant e un emolliente a bassa viscosità dal tocco non grasso. La particolarità di questo fluido è quella di avere un’elevata capacità di solubilizzare, nella fase grassa, i filtri UV organici, amplificandone così l’efficacia. Inoltre, grazie alla presenza di un polimero che resiste all’acqua, permette di formulare solari che si mantengono a lungo sulla pelle.

Prodotti solari con claim di insetto-repellente

Gabriella Bertuccioli • Biocides regulatory, G.A.B.A., Roma, gabriella@gabaregulatory.com
Raffaella Butera • Medico tossicologo e regulatory, Toxicon, Pavia, raffaella.butera@unipv.it


La necessità di introdurre un nuovo prodotto sul mercato o di rinnovarlo per la prossima stagione è un’esigenza comune alle aziende di qualsiasi categoria merceologica. Esigenza sempre foriera di mille quesiti e per la quale è necessario avere idee buone e innovative, per avvicinarsi al meglio ai bisogni o ai desideri dei consumatori.
Le aziende che operano in settori dove i vincoli derivanti dalla regolamentazione normativa sono particolarmente presenti, come nel caso dei cosmetici, hanno un ostacolo in più da dover superare per giungere al risultato.
Ostacolo che si fa sempre più alto da qualche anno a questa parte, perché normative limitrofe come quella sui prodotti biocidi, ancora più stringenti, fanno sorgere dubbi su:
1. quale sia la categoria nella quale debba essere posizionato un prodotto che si trova in una posizione limite, i cosiddetti prodotti borderline;
2. quali dovranno essere gli investimenti che la scelta, in un senso e nell’altro, comporta.
In questo scenario si colloca la categoria dei prodotti solari, richiesti dal consumatore sia per le loro proprietà protettive dai raggi UV prima dell’esposizione (protettivi o schermi solari), sia per rinfrescare e ammorbidire la pelle dopo l’esposizione (prodotti doposole), ma anche in grado di evitare, laddove possibile, fastidi di altro genere quali l’attacco da parte degli insetti.
In quest’ultimo caso si tratta di solari con una contestuale azione insetto-repellente; a questo punto la natura di prodotto borderline si materializza e i quesiti sorgono immediati: qual è il claim prevalente? Si tratta di un prodotto cosmetico o di un biocida? E ancora: dove è giustificabile e sostenibile la presenza di due tipologie in un prodotto solo? Sono claim realmente conciliabili?

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SOS microplastiche

Anna Todeschini • R&D cosmetici OFI – a.todeschini@ofi.it


Negli ultimi anni la sostenibilità è diventata un valore di fondamentale importanza per diverse categorie industriali, tra le quali quella cosmetica che sta puntando al raggiungimento di standard di ecocompatibilità sempre più alti. In questa direzione molte aziende mettono al centro del proprio modo di creare bellezza l’impegno alla riduzione dell’utilizzo di materie prime, packaging primario e secondario con un impatto ambientale negativo.
L’obiettivo di questo testo di approfondimento è illustrare i passi in avanti mossi dall’industria cosmetica per raggiungere standard sempre più elevati in termini di impatto ambientale dei prodotti.

Definizione del concetto di microplastica
Da alcuni anni a questa parte il mondo cosmetico ha seguito e sostenuto gli obiettivi europei volti a diminuire in maniera significativa la quantità di rifiuti in plastica, sia micro sia macro, che vengono riversati in mare ogni anno. Proprio in questo contesto si colloca la tematica delle microplastiche, che sono state definite dalla Commissione Europea come any intentionally added, water insoluble, solid plastic particles (5 mm or less in size) used to exfoliate or cleanse in rinse-off personal care products.
Ci si riferisce, quindi, a un’ampia gamma di particelle su base polimerica che spazia dal nano range (1-999nm) fino al milli range (1-5mm). I materiali plastici in questione sono di origine sintetica, non biodegradabili, insolubili in acqua e di forma solida. Molti derivano dalla frammentazione di materiali plastici di dimensioni notevoli (1), altri hanno già in partenza una granulometria tale da essere difficilmente visibili a occhio nudo.

Utilizzo di materie prime di origine plastica nei prodotti cosmetici
Gli ingredienti plastici sono usati comunemente dall’industria cosmetica per una varietà incredibilmente diversificata di azioni a seconda del tipo, composizione e forma del polimero; essi, infatti, possono avere proprietà emulsionanti o film forming, controllare il rilascio di determinati attivi, generare un effetto blur, agire da opacizzanti, nonché provocare un’azione esfoliante (2). Alcuni di questi materiali vengono anche addizionati di altre sostanze per poter assumere specifiche proprietà. Rappresentano, pertanto, una categoria molto ampia di materie prime che vengono in aiuto al formulatore nello sviluppo di una vasta gamma di prodotti.
Il Cosmetic Ingredient Review del 2012 dichiarava che ingredienti in plastica di piccole dimensioni erano contenuti in diversi tipi di prodotti cosmetici (dentifrici, shower gel, creme, detergenti per il viso, prodotti makeup), in quantità variabili da frazioni percentuali fino a più del 90% in alcuni casi.
Gli ingredienti plastici hanno però sollevato l’interesse mediatico solo negli ultimi anni, soprattutto nella forma di microplastiche a effetto esfoliante in prodotti da risciacquo, poiché causano un inevitabile sversamento di materiali non biodegradabili negli ambienti marini (3). Esse sono infatti inserite in scrub per il viso e per il corpo, gel detergenti e bagnoschiuma, nonché dentifrici.
I nomi più comunemente associati ai vari tipi di microplastiche sono Polietilene, Polimetilmetacrilato, Polipropilene, Polistirene, Poliamide, Nilon, Poliacrilato, Acrilato.
Il vantaggio di utilizzo di molte microbeads in plastica risiede in alcune loro specifiche proprietà, tra le quali, come anticipato, l’effetto esfoliante. Per esempio, il polietilene, e cioè la resina termoplastica ottenuta sinteticamente tramite una polimerizzazione semplice (4), è stato il principale materiale plastico utilizzato dall’industria cosmetica in tutto il mondo per il suo costo contenuto. Le sue proprietà delicatamente esfolianti, nonché l’inerzia nei confronti degli altri componenti e la sua buona stabilità nel tempo, hanno reso questa materia prima un’utile soluzione nello sviluppo di prodotti come scrub e gommage.

Una doverosa precisazione
È importante distinguere le cosiddette microplastiche dai polimeri acrilati, spesso utilizzati nei prodotti detergenti rinse off che contengono Acrylates copolymer. Essi sono utilizzati come viscosizzanti in molti sistemi tensiolitici, non hanno una forma fisica definita e contengono fino al 90% di acqua. Inoltre, molti di questi si presentano liquidi a temperatura ambiente e questo li esclude direttamente dalla definizione di microplastica.

Fenomeni di inquinamento marino
Le microplastiche in questione sono particelle caratterizzate da una forma fisica definita, la quale viene mantenuta all’interno dei prodotti dalle proprietà esfolianti anche dopo la fase di risciacquo e passaggio negli scarichi idrici. A causa delle loro ridotte dimensioni non vengono trattenute dagli impianti di depurazione dell’acqua e sono quindi riversate in mare, dove rappresentano un serio rischio di ingestione per molte specie marine (5).
Piccoli frammenti in plastica sono stati individuati sulla superficie degli oceani già a partire all’inizio degli anni Settanta (6), quando sono stati pubblicati i primi studi che dimostravano come molti ambienti marini stessero subendo un serio inquinamento ambientale. Ai tempi non venne fornita una precisa definizione di microplastica, ma numerosi studi si sono susseguiti per descrivere e rendere noto il fenomeno di inquinamento che stava lentamente diventando di portata globale.
Recenti studi di risk assessment hanno dimostrato come il rilascio di microplastiche (quindi anche provenienti dai cosmetici) abbia numerosi effetti negativi sulla vita acquatica e biodiversità marina, nonché sulla vita umana (7). Le loro ridotte dimensioni ne favoriscono infatti l’uptake e l’accumulo da parte di altri organismi, con conseguente ingresso nella catena alimentare. Il rischio di danno alla fauna marina può manifestarsi tramite esposizione e passaggio attraverso le branchie degli animali o per ingestione delle particelle (8).

Restrizione normativa
La legge di Bilancio 2018 (Legge 27 dicembre 2017, n.205), approvata dal Parlamento a fine dicembre 2017, ha stabilito che a decorrere dal 1° gennaio 2020 sarà introdotto il divieto di commercializzazione di prodotti cosmetici da risciacquo ad azione esfoliante o detergente contenenti microplastiche. Tale emendamento ha riproposto e confermato quanto era stato indicato nella raccomandazione di Cosmetics Europe (associazione europea dell’industria cosmetica) pubblicata nel 2015.
La comunicazione della Commissione Europea al Parlamento (Strasburgo, 16.1.2018, A European Strategy for Plastics in a Circular Economy) è stata recepita dai Paesi membri attraverso diverse norme che entreranno in vigore nei mesi futuri (9). Si stima che tale restrizione eviterà un inquinamento futuro in plastica negli ambienti marini di circa 400.000 tonnellate (European Environmental Bureau, 30 gennaio 2019).
Ottimi risultati sono stati ottenuti già da anni grazie all’auto-restrizione che alcuni paesi europei si sono imposti: i dati diffusi da Cosmetics Europe nel 2018 mostrano, ad esempio, che le imprese europee della cosmesi hanno ridotto, dal 2012 al 2017, del 97,6% l’impiego di microparticelle in plastica nei cosmetici da risciacquo esfolianti e detergenti (Press release Cosmetics Europe, 30 maggio 2018).
L’industria cosmetica italiana si è perfettamente allineata agli standard europei già da alcuni anni, cominciando a eliminare o a modificare le formulazioni dei prodotti cosmetici presenti sul mercato con altri che fossero conformi ai nuovi auspicabili requisiti. A questo scopo sono state introdotte diverse soluzioni per lo sviluppo eco-friendly e sostenibile di prodotti da risciacquo ad azione esfoliante.

Polveri esfolianti alternative al polietilene
I più antichi scrub per il corpo venivano formulati sfruttando l’azione delicatamente esfoliante di zucchero e sale, che anche tuttora rappresentano valide sostituzioni alle particelle di polietilene che per molti anni sono state utilizzate.
Tuttavia, i formulatori hanno messo a punto negli anni numerose alternative alle microplastiche in polietilene, che spesso hanno performance comparabili, se non superiori a quest’ultime.
Un esempio è rappresentato dalle beads di carbone da cocco 100% di origine vegetale, che esercitano un delicato effetto esfoliante e allo stesso tempo purificano la pelle.
Un’altra valida opzione è rappresentata da esfolianti derivanti da semi e noccioli trattati in modo da avere una granulometria fine e tali da essere dermocompatibili. In questa categoria si collocano le più comuni mandorle sgusciate triturate, così come la polvere di nocciolo di albicocca. Polveri a effetto scrub possono anche arrivare dagli ambienti più esotici per rendere i prodotti più interessanti anche dal punto di vista marketing: molto utilizzate sono infatti le polveri di açai, bacche della pianta Euterpe oleracea Mart. originarie del Sud America, o di andiroba, ottenute dai semi di Carapa guianensis. Da notare che molte materie prime di questa tipologia sono anche certificate COSMOS e per questo utilizzabili in formulati che devono essere conformi al disciplinare.
Altre microbeads sono a base di cera candelilla e di jojoba, 100% biodegradabili e quindi ritenute sicure per l’ambiente. Test in vivo hanno inoltre dimostrato come queste microbeads non interferiscono con lo stato di idratazione della pelle, a differenza delle particelle di polietilene che possono alterare la funzionalità della barriera cutanea provocando un aumento della TEWL (Transepidermal Water Loss).
Inoltre, la superficie più regolare e omogenea di queste beads di nuova generazione evita la formazione di micro-abrasioni sulla superficie della pelle, garantendo un effetto ottimale anche sulle pelli più delicate e sensibili.
Molto utilizzate sono anche le particelle di cellulosa, alcune delle quali possono essere inserite in prodotti scrub leave on, grazie alla loro morbidezza e al basso punto di fusione.
Queste beads offrono la possibilità di essere additivate con principi attivi come la vitamina E: dopo un leggero massaggio esfoliante, esse si fondono amalgamandosi al gel o all’emulsione in cui sono inserite e liberando la sostanza funzionale a contatto con la pelle.
L’ampia varietà granulometrica offre la possibilità di sviluppare prodotti con diversa capacità esfoliante, rendendo il formulato più adatto a una delicata esfoliazione del viso o delle labbra oppure a una più intensa per il corpo.
Concludendo, è possibile affermare che il futuro della cosmetica non sarà solo fornire al consumatore prodotti con alte percentuali di naturalità, ma anche rispettare requisiti di sostenibilità verso l’ambiente. È sempre necessario fare un piccolo passo per raggiungere grandi obiettivi: quello intrapreso dall’industria cosmetica nei confronti delle microplastiche è sicuramente un traguardo che ha gettato le basi per molte altre iniziative pensate per una cosmesi rispettosa dell’ambiente e della salute.

Bibliografia
1. Guerranti C, Martellini T, Perra G (2019) Microplastics in cosmetics: Environmental issues and needs for global bans.
Environ Toxicol Pharmacol 68:75-79
2. Leslie HA (2014) Review of Microplastics in Cosmetics – Scientific background on a potential source of plastic particulate marine litter to support decision-making.
IVM Institute for Environmental Studies
3. Wright SL, Thompson RC, Galloway TS (2013) The physical impacts of microplastics on marine organisms: a review.
Environ Pollut 178:483:492
4. Peacock AJ (2000) Handbook of Polyethylene: Structures, Properties, and Applications. CRC Press, Boca Raton (USA).
5. Fendali LS, Sewell MA (2009) Contributing to marine pollution by washing your face: microplastics in facial cleansers.
Mar Pollut Bull 58(8):1225-1228
6. Carpenter EJ, Smith KL Jr. (1972) Plastics on the Sargasso sea surface.
Science 175(4027):1240-1241
7. Sources, fate and effects of microplastics in the marine environment: a global assessment.
GESAMP Joint Group of Experts on the Scientific Aspects of Marine Environmental protection.
8. Gouin T, Avalos J, Brunning I (2015) Use of Micro-Plastic Beads in Cosmetic Products in Europe and Their Estimated Emissions to the North Sea Environment.
J SOFW 141(3):40-46
9. Kentin E, Kaarto H (2018) An EU ban on microplastics in cosmetic products and the right to regulate.
Review of European, Comparative & International Environmental Law 27(3) doi:10.1111/reel.12269

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Le GMP cosmetiche

di Chiara Ruzza, Esperto in Assicurazione Qualità: industria Cosmetica e Farmaceutica
chiara_ruzza@icloud.com


Dall’11 luglio 2013, con l’entrata in vigore del Regolamento (CE) n.1223/2009 sui prodotti cosmetici, tutti i produttori sono tenuti a fabbricare i prodotti conformemente alle GMP (Good Manufacturing Practice) e a dimostrare di averlo fatto.
Le GMP hanno come fine ultimo la garanzia della sicurezza e della qualità del prodotto immesso sul mercato.
Nonostante siano trascorsi più di sei anni dall’entrata in vigore del Regolamento, non tutti i produttori si sono adeguati; inoltre, sono in molti a interrogarsi sull’effettiva utilità di seguire la Norma UNI EN ISO 22716:2008 (Cosmetici – Pratiche di buona fabbricazione (GMP) – Linee Guida sulle pratiche di Buona Fabbricazione).
Per contro, i clienti richiedono sempre più alle aziende partner di presentare la certificazione di conformità alle GMP come requisito essenziale per poter iniziare una collaborazione, mentre il Ministero della Salute si sta organizzando per effettuare i controlli nelle aziende produttrici.
Nel testo seguente sono presenti casi concreti di applicazione delle GMP alla produzione di cosmetici e le relative considerazioni sulla loro effettiva utilità.

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Eco-Thinking

Diego Garofano1, Paolo Lucchese2

1Designer esperto in strategia, sviluppo e comunicazione di packaging e prodotto
2Chimico specialista in ricerca cosmetica e dei materiali

diegogarofano@gmail.com • paolo.lucchese@libero.it+


In comunicazione, come nella vita, è il porre le domande giuste che ci permette di intuire le decisioni corrette da prendere.
Nel solco del precedente articolo (1), e quindi del tema che titola la rubrica, abbiamo intuito come potesse risultare atteso un esempio pratico che calasse la teoria dei metodi, degli strumenti e delle opportunità nella realtà quotidiana dello sviluppo, della commercializzazione e dell’acquisto di un prodotto cosmetico.
Questa intuizione ci ha portato a lavorare su un testo che ponesse di fronte due ipotesi di prodotto in antitesi tra loro, posto l’eco-thinking quale fulcro, ago della bilancia, spartiacque.
Tornando quindi al porsi le giuste domande: eco-thinking SÌ, eco-thinking NO?
È dunque partendo da questi quesiti e dalla conoscenza dei processi di mercato che intendiamo confrontare un prodotto pensato, ideato, progettato, venduto e scelto in eco-thinking con un altro che invece potrebbe seguire logiche prettamente, o meglio esclusivamente, di profitto.
I risultati presentati consentiranno di intraprendere una decisione consapevole e di poter dare una risposta al quesito che è stato posto.

Due realtà a confronto

Il generare e partorire concept di prodotto è sempre legato ad analisi di marketing, commerciali e tecniche; sempre più pesantemente, però, la contestualizzazione socio-economica assume un valore fondamentale nelle valutazioni a monte di un processo decisionale di sviluppo.
Ora non scenderemo nella descrizione dei processi, ma più semplicemente immagineremo delle caratteristiche di prodotto secondo delle logiche di sviluppo opposte tra loro, con il solo obiettivo di arrivare a porre la domanda principe a tutte le categorie di lettori e a darne una risposta.
Consideriamo due aziende (Azienda A, Azienda Z) che intendono sviluppare un prodotto “olio da massaggio con proprietà nutritive e rilassanti per la pelle”; come input di progetto entrambe chiedono che il prodotto cavalchi l’onda del prodotto green e che sia quanto più possibile biologico, che risulti facilmente posizionabile nei vari canali di vendita e che sia quindi aspecifico e fortemente caratterizzato dal punto di vista dell’immagine, in modo da distinguersi sul mercato.
Distinguiamo tra loro due realtà con l’approfondimento delle rispettive visioni e quindi missioni:
• Azienda A: crede in logiche di profitto, del buono quanto basta, e quindi in una commercializzazione di prodotti “di moda”, il cui periodo di vita sul mercato non risulta un must per la progettazione, considerato che l’obiettivo è “sfornare” referenze che soddisfino i claim di tendenza scendendo a compromessi che ottimizzano costi di sviluppo e di produzione.
• Azienda Z: si pone come obiettivo quello di creare prodotti capaci di perdurare sul mercato nel lungo periodo, e quindi riconosciuti per coerenza e prestazionalità. Prodotti pensati in ottica sostenibile, ecocompatibile e che siano quindi segnale di cambiamento.
Esaminiamo ora le due aziende nel profondo delle scelte e delle strategie adottate da ciascuna. […]

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Potremo davvero farne “senza…”?

“Senza siliconi”, “senza solfati” e “senza parabeni”; a partire da luglio 2019 l’uso di alcune rivendicazioni con l’indicazione “senza” (i cosiddetti free-from claim) potrebbe subire delle limitazioni. Scopo delle nuove disposizioni regolamentari è quello di controllare l’utilizzo di terminologie che potrebbero risultare ingannevoli per i consumatori o comportare il rischio di concorrenza sleale.

Ne abbiamo parlato con Cristina Emanuel, Direttore Scientifico & Regolamentare di L’Oréal Italia.


A partire da luglio 2019 i claim contenenti il termine “senza” non possono più comparire sui prodotti cosmetici? Potrebbe spiegarci il contesto di queste nuove disposizioni regolamentari?
Innanzitutto vorrei descrivere brevemente il quadro generale delle normative che regolano la comunicazione pubblicitaria dei prodotti cosmetici (il Regolamento (CE) n.1223/2009 e il successivo Regolamento (UE) n.655/2013), che hanno introdotto sei Criteri Comuni, ovvero conformità alle norme, veridicità, supporto probatorio, onestà, correttezza e decisione informata. Si tratta di criteri che permettono di verificare la veridicità di una rivendicazione pubblicitaria o di un claim, sulla base di un certo numero di parametri quali l’evidenza di prove e risultati di test, il fatto che una rivendicazione sia onesta, corretta, non ingannevole in termini giuridici, e così via. Questi criteri sono stati applicati a partire dal 2013.
Sin da luglio 2013, quindi, l’Europa ha fatto riferimento ai Criteri Comuni per approvare tutti i claim, inclusi quelli che riportano i termini “senza” e “ipoallergenico”.
Sebbene in origine i claim “senza” fossero perlopiù limitati alla rivendicazione “senza parabeni”, attualmente sono molti i claim di questo tipo che vengono utilizzati. Al contempo, dopo un periodo di monitoraggio intercorso tra luglio 2013 e settembre 2016, le Autorità hanno ritenuto che, di fatto, il termine “senza”, utilizzato nei free-from claim, non sempre fornisse ai consumatori un’informazione sufficientemente accurata.
È stato quindi deciso di rivedere e precisare i contenuti delle Linee Guida alla normativa.

Cosa ci può dire della nuova regolamentazione?
Si fa riferimento, per la precisione, all’aggiornamento delle Linee Guida della Commissione Europea sull’applicazione del citato Regolamento (UE) n.655/2013, che stabilisce i criteri comuni per la giustificazione delle dichiarazioni utilizzate in relazione ai prodotti cosmetici. Si tratta di un documento di orientamento per l’interpretazione delle normative in vigore, il cui scopo non è proibire, ma limitare il numero di free-from claim, in modo da assicurare che i consumatori non vengano erroneamente fuorviati e che venga salvaguardato in futuro l’uso di determinati ingredienti da parte del settore. Il principio di base è che se un ingrediente è autorizzato non si può pregiudicarne l’uso.
In poche parole, significa che l’indicazione di assenza di qualcosa (“senza…”) può essere utilizzata solamente qualora fornisca ai consumatori un’informazione effettiva relativa all’efficacia, alla percezione o alle proprietà sensoriali del prodotto e non deve invece essere impiegata per creare allarmismo ingiustificato.
La famosa dichiarazione “senza parabeni”, ad esempio, non dovrebbe più essere utilizzata. I parabeni sono ingredienti autorizzati e il loro utilizzo non pone rischi per la sicurezza dei consumatori. Un esempio in senso contrario, invece, è l’impiego della dicitura “senza alcool”: è possibile continuare a utilizzarla, in quanto l’assenza di alcool in alcuni prodotti, come i collutori, può essere utile per ragioni religiose o di dipendenza da questa sostanza.

Qual è stata la posizione di L’Oréal nel dibattito con le autorità europee?
Nel 2009, quando si iniziò a discutere di questo argomento, avevamo già cercato di anticipare al nostro interno la posizione successivamente espressa dalle autorità europee. Perché? Perché sebbene il fatto di evidenziare l’assenza di un ingrediente nella comunicazione pubblicitaria di un prodotto possa talvolta certamente essere utile e rilevante per i consumatori, questo non deve necessariamente indurre a pensare che tale ingrediente possa avere degli effetti sulla salute umana. A volte l’assenza di un ingrediente può essere giustificabile e comunicabile, ma non è sempre detto che sia così.
I lavori di ricerca e gli studi svolti all’epoca in Azienda, a livello nazionale ed europeo, avevano proprio questo obiettivo: contribuire a chiarire il dibattito iniziale all’interno del settore, permettendo di individuare un terreno comune e successivamente discutere i risultati insieme alla Commissione Europea e agli Stati Membri. Un processo che complessivamente si è protratto per circa sei anni.

In ultima battuta, non si corre il rischio di creare confusione tra i consumatori?
In Europa l’obiettivo è offrire la massima chiarezza ai consumatori. A meno di essere un chimico o un esperto, la lista degli ingredienti (riportata sulle confezioni dei prodotti) può effettivamente creare confusione. I regolamenti e le nuove Linee Guida sollecitano il settore a essere più trasparente, evitando di concentrarsi esclusivamente sulla “non presenza” di determinati ingredienti.
La realtà di cui faccio parte condivide questo approccio; cerchiamo di spiegare, direttamente sulle confezioni di alcuni dei nostri prodotti, la lista degli ingredienti, mentre sui siti internet sono spesso reperibili maggiori informazioni, insieme alle risposte a domande come: “A cosa servono i conservanti? E l’alcool?”, ecc. Il consumatore ha così accesso a ciò che desidera e a ciò che deve sapere, ed è più facilmente in grado di operare scelte informate.
I consumatori sono consapevoli ed esigenti; ambiscono a prodotti che realmente abbiano il minor impatto negativo possibile sulla salute, sull’ambiente e sulla società. Ancora troppo spesso queste ambizioni sono frustrate a fronte di un uso sovente disinvolto di determinate rivendicazioni e claim evocativi e allusivi, ma fuorvianti perché non supportati e giustificati da realtà tecniche e scientifiche.
Come qualcuno ha detto “la fiducia è un bene circolare”; così noi dobbiamo darla ai consumatori se vogliamo riceverla come settore nel suo complesso e come singole imprese. Anche se la nuova regolamentazione potrà comportare inizialmente delle problematiche, siamo fiduciosi che sarà in grado di offrire vantaggiose prospettive per il futuro, sia per le aziende sia per i consumatori, purchè si sia in grado di applicarla in modo responsabile e coerente.

 

Nanocosmesi: ponte tra presente e passato, tra il naturale e l’Hi-Tech

Le nanotecnologie offrono passi in avanti nella ricerca e nello sviluppo; esse, infatti, permettono di migliorare l’efficacia di un dato prodotto per mezzo di soluzioni innovative. L’applicazione delle nanotecnologie sta così avendo una grande diffusione nel settore dei cosmetici, ove consentono di ovviare ad alcuni inconvenienti associati ai prodotti tradizionali.
L’uso di nanocosmetici in ambiti quali cute, capelli, unghie e cura delle labbra è sempre più diffuso per il trattamento di condizioni come rughe, fotoinvecchiamento, iperpigmentazione, forfora e danni al capello. Nuovi nanocarrier come liposomi, niosomi, microemulsioni, nanoparticelle lipidiche solide e portatori lipidici nanostrutturati hanno sostituito l’uso del sistema di rilascio convenzionale. Questi nuovi nanotrasportatori presentano una serie di vantaggi, tra cui una maggiore penetrazione cutanea, un rilascio controllato e prolungato di sostanze, una maggiore stabilità, targeting specifico per sito ed elevata efficacia di inclusione. Questo scritto mette in evidenza i vari nuovi vettori nel campo cosmetico.


Nanocosmetics: link between present and past, between natural and Hi Tech

Nanotechnology displays the progression in the research and development, by increasing the efficacy of the product through delivery of innovative solutions. To overcome certain drawbacks associated with the traditional products, application of nanotechnology is escalating in the area of cosmetics. Nanocosmetics used for skin, hair, nail, and lip care, for conditions like wrinkles, photoaging, hyperpigmentation, dandruff, and hair damage, have come into widespread use. Novel nanocarriers like liposomes, niosomes, microemulsion, solid lipid nanoparticles, nanostructured lipid carrier have replaced the usage of conventional delivery system. These novel nanocarriers have advantages of enhanced skin penetration, controlled and sustained drug release, higher stability, site specific targeting, and high entrapment efficiency. This paper highlights the various novel carriers used in cosmetic and the progress of nanotechnology in the cosmetic field.

 

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