Webinar FederSalus

La correttezza della comunicazione commerciale tutela i consumatori e salvaguarda la leale concorrenza tra le imprese. Partendo dal quadro normativo di riferimento, il webinar affronterà il tema della comunicazione scientifica e della pubblicità al pubblico e agli operatori sanitari degli integratori alimentari, definendo i due ambiti anche attraverso esempi pratici e casi recenti. Il tema sarà sviluppato prendendo in considerazione anche gli strumenti e i canali del marketing digitale. 

Contenuti
– Regolamentazione della comunicazione commerciale relativa agli integratori alimentari.
– I contenuti della comunicazione commerciale.
– L’aggiornamento scientifico sugli integratori alimentari.
– L’utilizzo dei social network e le forme di comunicazione commerciale online.

Perché partecipare?
– Approfondire il quadro normativo relativo all’aggiornamento scientifico e alla pubblicità relativa agli integratori alimentari.
– Acquisire gli strumenti per sviluppare una corretta comunicazione anche attraverso i canali digitali.
– Confrontarsi su esempi pratici e casi recenti.

Articolo pubblicato su L’Integratore Nutrizionale 2/2021

La scienza svela i segreti dei capelli danneggiati

Rita María Bran García, European Master in Translational Cosmetic and Dermatological Sciences, Università del Piemonte Orientale, Novararitambrang@gmail.com;
Irene Preet Bhela, Dipartimento di Scienze del Farmaco, Università del Piemonte Orientale, Novarairenepreet.bhela@uniupo.it


Chi ha capelli danneggiati dal calore, da particolari acconciature, da trattamenti chimici o da fattori ambientali può tuttavia tornare a disporre di capelli forti e sani, considerando in dettaglio tre fattori molto importanti. Primo fra tutti l’aspetto, ovvero la brillantezza, la lucentezza e il contrasto tra i capelli. Il secondo è rappresentato dalla libertà dei loro movimenti, tenendo conto dell’allineamento, della forma e del fatto che le fibre riescano a muoversi in modo fluido mantenendosi separate le une dalle altre. Il terzo e ultimo fattore è correlato alla texture, ovvero la consistenza, che dovrebbe anche garantire una sensazione liscia e setosa al tatto. Al giorno d’oggi il rispetto di questi fattori è considerato essenziale per garantire capelli sani e robusti (1).

Struttura del capello
Per una migliore comprensione di come i capelli si danneggino progressivamente, è indispensabile concentrarsi sulla loro struttura.
I capelli sono composti da diverse sostanze quali proteine, acqua, lipidi, oligoelementi e pigmenti vari. Studi recenti hanno chiarito importanti dettagli in merito ad alcuni di questi componenti, in particolare ai lipidi, alle proteine e ad altri composti contenuti nei capelli, e al loro cruciale coinvolgimento a carico della superficie del capello (2).
Il fusto, quello che generalmente definiamo come “capello”, costituisce la parte direttamente legata alla pelle (3) e si presenta come un biomateriale filamentoso contenente prevalentemente proteine, in particolare cheratina.
Uno studio approfondito della struttura del capello ha permesso di evidenziare che questo biomateriale è costituito da diversi strati (Fig.1): il midollo rappresenta una zona disordinata e poco compatta, vicino all’epicentro, circondata dalla corteccia. Quest’ultima struttura contiene la maggior parte della massa della fibra ed è composta prevalentemente da proteine cheratiniche e da lipidi strutturali.
La porzione successiva è rappresentata dalla cuticola, che circonda la corteccia, composta da uno strato di cellule morte sovrapposte che creano uno strato protettivo attorno al filamento del capello (4). Essa fornisce proprietà visive come lucentezza, luminosità e interviene anche nel controllo dell’umidità (2,4).
Molti dei prodotti cosmetici del mercato come le mousse per capelli, gel, balsami e spray si depositano sulle cuticole. Anche altri prodotti applicati sulle cuticole, quali tinte, liscianti e arriccianti, esercitano poi i loro effetti negativi su tutta la fibra capillare.
La cuticola può essere formata da diversi strati, la cui quantità dipende dal tipo, dalle condizioni e dalla lunghezza del capello. Uno degli strati principali è costituito dal complesso della membrana cellulare (CMC), che presenta uno spessore di circa 30 nm e agisce come separazione tra le differenti cellule presenti nella cuticola (5).
Diversi studi hanno dimostrato che la superficie esterna delle cellule della cuticola è rivestita da un monostrato di acidi grassi legati in modo covalente, il cui componente principale è l’acido 18-meti- leicosanoico (18-MEA) (6) che è uno dei principali componenti lipidici della CMC, nonché il lipide fondamentale nella struttura del capello, dove contribuisce alla pettinabilità sia del capello bagnato che asciutto (5).
Il 18-MEA è un particolare acido grasso a catena ramificata, legato covalentemente attraverso legami tioestere o estere alla superficie della cuticola delle fibre capillari (7). Questo acido grasso conferisce idrofobicità alla superficie esterna del capello; pertanto, è in grado di creare una superficie idrorepellente e di agire da lubrificante, riducendo l’attrito tra le fibre capillari. In questo modo i capelli sono anche protetti da un eccessivo assorbimento d’acqua (6).
Inoltre il 18-MEA influenza l’aspetto, la morbidezza, il tatto, la lubrificazione, la lucentezza dei capelli ed è oggi un importante additivo nei prodotti per migliorarne l’effetto condizionante (8).
Pertanto, se il monostrato di 18-MEA è intatto, le ciocche mostrano un allineamento regolare e parallelo (Fig.2) (9), e i capelli bagnati avranno una minor tendenza ad aggrovigliarsi durante il processo di asciugatura.
Al contrario, in assenza di 18-MEA le ciocche di capelli si aggrovigliano e si attaccano le une alle altre, e si asciugano molto più rapidamente ottenendo come risultato l’effetto di numerosi grovigli (6). L’assenza di 18-MEA provoca un maggiore attrito tra le fibre, condizione che influisce sulle percezioni sensoriali quali secchezza e difficoltà nel pettinare i capelli (Fig.3) (2).
Poiché il 18-MEA forma legami covalenti, è insolubile in acqua e non si dissolve nei comuni solventi organici, ne è perciò difficoltosa anche la rimozione meccanica. Tuttavia, risulta molto suscettibile all’idrolisi alcalina e ai danni causati dal lavaggio quotidiano (3). Ciò significa che prodotti e trattamenti alcalini come tinture per capelli, rilassanti, permanenti e detergenti ad alto pH contribuiscano alla perdita di questo strato lipidico protettivo e, successivamente, a rendere idrofila la superficie del capello.
Come conseguenza si ha un aumento dell’attrito tra le ciocche, modificando la percezione sensoriale e promuovendo l’effetto crespo, la rottura, la sensazione di secchezza, la difficoltà nel districarli o, semplicemente, nel passare le dita fra i capelli (6).
Pertanto, al fine di arricchire l’aspetto della chioma, il primo passo da compiere è quello di ridurre al massimo l’esposizione ad ambienti alcalini. Infatti, una riduzione della frequenza di tintura o di altri trattamenti garantirà una protezione sotto il profilo dell’integrità (10). Naturalmente, i capelli sottoposti a numerosi trattamenti chimici richiederanno maggiori attenzioni (11). Sarà pertanto preferibile l’utilizzo di detergenti con pH inferiore (<6) per contribuire a una significativa protezione (10). Fortunatamente l’industria cosmetica ha scoperto varianti modificate di 18-MEA, in grado di depositarsi sulla superficie dei capelli danneggiati migliorandone le proprietà idrofobiche (10). Alcuni esempi di prodotti disponibili sul mercato sono: Advanced Haircare Total Repair 5 di L’Oréal, Platinum Strength Treatment Mask di TRESemmé, Ciment Thermique Blow Dry Primer di Kérastase e Creme with Silk Groom di Kiehl’s (12). L’utilizzo di tali prodotti supporta la prevenzione dalla disidratazione e permette la diminuzione dell’attrito e dei grovigli, nonché aumenta la lucentezza, garantendo così capelli sani e forti.

Bibliografia
1. Tanamachi H, Tokunaga S, Tanji N et al (2010) 18-MEA and hair appearance. J Cosmet Sci 61(2):147-160
2. Robbins CR (2014) Chemical and Physical Behavior of Human Hair. Springer-Verlag, New York.
3. Martel JL, Miao JH, Badri T (2020) Anatomy, Hair Follicle. In: StatPearls [Internet]. Treasure Island (FL): StatPearls Publishing.
4. Yang F-C, Zhang Y, Rheinstädter MC (2014) The structure of people’s hair. PeerJ 2:e619
5. Velasco MVR, de Sá Dias TC, de Freitas AZ et al (2009) Hair fiber characteristics and methods to evaluate hair physical and mechanical properties. Braz J Pharm Sci 45(1):153-162
6. Tokunaga S, Tanamachi H, Ishikawa K (2019) Degradation of Hair Surface: Importance of 18-MEA and Epicuticle. Cosmetics 6(2):31
7. Sinclair RD (2007) Healthy hair: what is it? JIDSP 12(2):2-5
8. www.intechopen.com/books/hair-and-scalp-disorders/anatomy-and-physiology-of-hair (ultimo accesso: 2 dicembre 2020).
9. www.naturallycurly.com/curlreading/chemicals-ingredients/cuticle-protectant-the-18-mea-layer (ultimo accesso: 2 dicembre 2020).
10. Dias MFRG, Pirmez R, Dutra H (2020) How to Select a Good Shampoo and Conditioner.  In: Hair and Scalp Treatments. Springer, Cham.
11. www.cosmeticsandtoiletries.com/formulating/function/repair/231621741.html (ultimo accesso il 3 dicembre 2020).
12. www.naturallycurly.com/curlreading/chemicals-ingredients/cuticle-protectant-the-18-mea-layer (ultimo accesso il 3 dicembre 2020).

Articolo pubblicato su Cosmetic Technology 2/2021

Echinacea purpurea biotech: efficacia standardizzata

L’Echinacea purpurea è una pianta erbacea comunemente utilizzata negli integratori alimentari per aiutare le normali difese dell’organismo e le funzionalità delle prime vie respiratorie.
Grazie a una tecnologia innovativa denominata CROP® (Controlled Release of Optimized Plants), è stato possibile produrre con la tecnica delle colture vegetali in vitro, a partire da un frammento di pianta di Echinacea purpurea, un fitocomplesso titolato e standardizzato. Questa tecnologia è in grado di assecondare la crescente domanda da parte del mercato di botanicals con elevati standard di qualità e di sicurezza, proteggendo il consumatore da prodotti fraudolenti di scarsa qualità.
Il fitocomplesso che ne deriva, titolato in acido cicorico, ha dimostrato, attraverso studi in vitro, di esercitare una marcata attività antinfiammatoria e antiossidante, agendo con effetto protettivo a livello cellulare. […]

Per leggere l’intero lavoro abbonati o acquista il singolo numero da L’Integratore Nutrizionale 2/2021

Webinar SIFNut

SIFNut organizzerà da maggio a settembre 2021 un ciclo di webinar con focus su estrazione, formulazione ed efficacia di ingredienti attivi, con relatori del mondo accademico e industriale del Board scientifico di SIFNut.
Qui di seguito riportiamo l’elenco dei webinar in programma:
– 7 maggio 2021 (ore 14:30-16:30): Estrazione di fitocomplessi e sperimentazione clinica: simile non significa uguale.

  • Metodi di estrazione di matrici nutraceutiche complesse (Giancarlo Cravotto, Università degli Studi di Torino, Membro board SIFNut).
  • Diversità clinica di estratti simili ma diversi (Alessandro Colletti, Università degli Studi di Torino, Segretario nazionale SIFNut). 

– Luglio 2021 – Data da definire: Bioaccessibilità e formulazione dei nutraceutici: formulazioni ed efficacia.
– Settembre 2021 – Data da definire: Efficacia dei nutraceutici: modelli in vitro e aspetti clinici.

I 3 webinar saranno eventi in diretta su piattaforma Zoom e avranno luogo con un minimo di 15 partecipanti. Per permettere massima flessibilità, le registrazioni dei corsi saranno rese disponibili nei giorni immediatamente dopo il webinar. Ogni corso vedrà l’alternarsi di 2 relatori, membri del Board scientifico SIFNut e docenti universitari, per una durata complessiva di 2 ore.
Per informazioni su iscrizioni e costi: https://sifnut.it/webinar

Articolo pubblicato su L’Integratore Nutrizionale 2/2021

Prodotti finiti • Bio-Colorist

Ingredients: Aqua, Cocamide Mea, Ethanolamine, Glyceryl Stearate, Cetearyl Alcohol, Palmitic Acid, Stearic Acid, Toluene- 2,5-diamine Sulfate, Propylene Glycol, Tristearyl Citrate, Lauryl Lactate, Octyldodecyl Lactate, Hibiscus Sabdariffa Flower Extract, Rheum Palmatum Root Extract, Lawsonia Inermis Leaf Extract, Ascorbic Acid, Sodium Hydrosulfite, Sodium Gluconate, Citric Acid, Sodium Benzoate, Potassium Sorbate, 4-amino-2-hydroxytoluene, P-aminophenol, 2,4-diaminophenoxyethanol HCl, 4-chlororesorcinol, 2-methylresorcinol, M-aminophenol, 1-naphthol Rivelatore in crema: Aqua (Water), Hydrogen Peroxide, Cetearyl Alcohol, Hexyldecyl Laurate, Hexyldecanol, Ceteareth-20, Laureth-3, Etidronic Acid, Oxyquinoline Sulfate

Introduzione: La prima linea di colorazione permanente venduta in farmacia con l’85- 90% di attivi naturali, che consente di ottenere un risultato perfetto come dal parrucchiere ma nella sicurezza di casa propria. In soli 20 minuti di posa garantisce un’ottimale copertura dei capelli bianchi, riflessi e colore brillante. Disponibile in 8 nuance, ritroviamo tutta la gamma cromatica offerta dalla natura: dal colore caldo dello zafferano all’intensità dell’henné, dalla dolcezza della camomilla alla vivacità dell’ibisco.
Ogni kit è dotato di: tubo di tintura con crema colorante, shaker per l’emulsione ossidante, guanti monouso, bustine monodose di shampoo e maschera post-colore, e istruzioni di riferimento che accompagnano il consumatore passo dopo passo nella realizzazione della colorazione. La tintura e l’emulsione ossidante sono inserite nell’astuccio con le dosi corrette per permettere l’ottimale sviluppo del colore.

Spunti tecnici: Gli attivi vegetali presenti non seccano né stressano il capello, ma al contrario i pigmenti coloranti avvolgono la cuticola e si legano alla cheratina, rendendo il fusto molto più corposo e lucente, e riducendo le doppie punte. Inoltre contiene un complesso dermoprotettivo naturale brevettato realizzato con acidi della frutta lipofilizzati in grado di creare un film protettivo quando entra in contatto con la pelle, rendendo la colorazione ideale anche per la cute più sensibile e riducendo il rischio di irritazione.
La linea non contiene ingredienti controindicati in gravidanza, non contiene ammoniaca, resorcinolo, parafenilendiammina, parabeni, paraffine, siliconi e composti poliossietilenati.

Articolo pubblicato su Cosmetic Technology 2/2021

 

Estratto di legno di quercia francese

Per centinaia di anni, i polifenoli presenti nel legno di quercia sono stati consumati insieme alle bevande conservate e invecchiate nelle botti di quercia. Le roburine sono esempi di questi polifenoli che appartengono alla classe degli ellagitannini e sono presenti solo nella quercia. L’estratto in acqua standardizzato di legno di quercia francese Quercus robur* è stato studiato esaminando 1172 soggetti in oltre 20 studi clinici pubblicati in letteratura. I risultati di questi studi sono in linea con gli effetti rilevati delle urolitine che indicano un’aumentata mitofagia (autofagia mitocondriale). Questo processo consiste nel rinnovamento dei vecchi mitocondri (le centrali energetiche del corpo), inefficienti dal punto di vista energetico, e la conseguente maggiore capacità energetica. Le urolitine A, B e C sono metaboliti contenuti nell’estratto di legno di quercia francese (French Oak Wodd Extract, FOWE), prodotti nell’intestino della maggior parte degli individui a seguito della supplementazione di tale estratto. É stato rilevato che non solo i livelli, ma anche il numero di produttori di urolitina era aumentato dopo l’assunzione prolungata dell’estratto.

É stato riscontrato che la supplementazione di FOWE aiutava gli individui affetti da stanchezza cronica o burnout a recuperare livelli di energia e attività più elevati. L’estratto ha dimostrato, inoltre, di essere in grado di migliorare condizioni caratterizzate da disturbo da stress post-traumatico. Negli esperimenti condotti sui metaboliti prelevati dagli individui dopo il consumo di tale estratto, è stata rilevata una maggiore produzione di ribosomi in diverse linee cellulari. Questo aumento di ribosomi nelle cellule accelera la produzione di peptidi per soddisfare la richiesta di proteine, rendendo il FOWE un possibile potenziatore della resistenza e delle prestazioni fisiche. […]

Per leggere l’articolo integrale: Integratore Nutrizionale 2/2021

*Robuvit®, Horphag Research, www.robuvit.com

Sperimentazione sugli animali

Dal 2004, prima ancora che entrasse in vigore il Regolamento (CE) n.1223/2009, la sperimentazione animale è stata gradualmente messa al bando nel settore cosmetico. In un primo momento i test sugli animali sono stati vietati per i prodotti finiti e successivamente, con l’art.18 del Regolamento (CE) n.1223/2009, sono stati via via sostituiti anche per gli ingredienti e le miscele di ingredienti con metodi alternativi convalidati. L’applicazione del divieto è stata graduale, in modo da non compromettere la raccolta dei dati necessari per provare la sicurezza delle sostanze, delle miscele di ingredienti e dei prodotti finiti ottenuti con diversi tipi di prove. Nel 2013 il processo di implementazione del divieto di sperimentazione animale si è completato e da quell’anno, a norma dell’art.18 del Regolamento, nel territorio europeo nessun cosmetico o suo componente, prodotto o importato, deve essere testato sugli animali.
La sensibilità del pubblico dei consumatori nei confronti della sofferenza degli animali causata dai test aveva indotto molte aziende, già prima dell’introduzione dei divieti, a cercare soluzioni alternative alle sperimentazioni animali. Le associazioni per la tutela degli animali avevano premiato questi operatori rilasciando, a chi lo richiedeva, delle certificazioni attestanti che i loro prodotti erano cruelty free. A partire dal 2013 è stato però sollevato il problema dell’ingannevolezza di tali certificazioni; poiché le sperimentazioni sono vietate dalla legge, il fatto che alcune aziende vantino i loro prodotti come cruelty free risulta discriminatorio verso le altre che pure hanno la stessa caratteristica. A questo riguardo è significativa la pronuncia n.37/2014 del Giurì dell’Autodisciplina Pubblicitaria dove si afferma, con riferimento al claim “non sono testati sugli animali”, che: “Dal momento che le norme europee (Regolamento (UE) n.655/2013) proibiscono a tutti i prodotti cosmetici di essere testati sugli animali, il Giurì ravvisa nell’espressione impiegata dallo spot non una ridondanza pleonastica, ma l’enunciazione di un inesistente ma vantato pregio differenziale che, mirando all’acquisizione di un indebito beneficio, genera ingannevolezza nel consumatore”.
Perché allora parlare ancora di sperimentazione sugli animali visto che il problema pare essere superato? Le associazioni per la protezione degli animali da subito hanno denunciato come i divieti introdotti dalla disciplina cosmetica non fossero assoluti e rimanessero possibili diverse eccezioni, e che dunque prodotti davvero esenti da tale problematica fossero pochi. Uno degli scopi principali perseguiti dalla disciplina sui cosmetici è la tutela della salute degli utilizzatori e, di conseguenza, salvaguardare la sicurezza di questi prodotti e dei loro componenti costituisce un fine primario. La Commissione europea persegue tale obiettivo avvalendosi della consulenza di una commissione di esperti e del Scientific Commettee on Consumer Safety (SCCS) che la consiglia nello stabilire se una sostanza chimica possa essere o meno consentita come ingrediente nei cosmetici e, nel caso, con quali limiti o condizioni. Per la verifica della sicurezza degli ingredienti cosmetici si fa ricorso, come per tutte le sostanze chimiche, a dati sui possibili effetti dannosi che le diverse sostanze possono causare all’uomo e storicamente tali dati sono stati ricavati da test effettuati sugli animali. Ci sono quindi molti ingredienti cosmetici di uso attuale che in passato sono stati testati sugli animali. Se solo questa fosse l’eccezione però il problema sarebbe circoscritto.
Il fatto è che ci sono anche ingredienti presenti nelle formulazioni in commercio in Europa che, malgrado i divieti, sono tuttora sperimentati sugli animali. Interessante è la questione affrontata dalla Corte di Giustizia europea su impulso della High Court of Justice (England and Wales) e decisa nella sentenza del 21 settembre 2016. In questa causa, promossa dalla Federazione europea per gli ingredienti cosmetici (EFFCI), associazione di categoria che opera all’interno dell’Unione europea e rappresenta i fabbricanti di ingredienti impiegati nei prodotti cosmetici, si è valutata la portata dell’art.18 co.1 lett.b. Questa disposizione vieta l’importazione dei cosmetici contenenti ingredienti o combinazioni di ingredienti testati sugli animali fuori dalla Comunità europea, come avviene nei casi in cui tali test sono effettuati per ottenere dati necessari per espletare procedure di immissione in commercio in Paesi extraeuropei (come Giappone e Cina). La conclusione cui sono giunti i giudici è che il divieto riguarda le sperimentazioni sugli animali effettuate all’estero “allo scopo di conformarsi alle disposizioni di tale Regolamento” e cioè quando “i risultati sono utilizzati per dimostrare la sicurezza di tali prodotti per la loro immissione sul mercato dell’Unione”. Di conseguenza, nessun dato ottenuto nell’ambito di sperimentazioni animali, indipendentemente se effettuate in territorio europeo o extraeuropeo (unica esclusione previsa è costituita dai casi in cui tali dati siano stati ottenuti prima delle date limite per l’eliminazione progressiva delle diverse sperimentazioni animali), può mai essere posto a fondamento della valutazione di sicurezza di ingredienti e miscele di ingredienti cosmetici, ma, nondimeno, poiché il divieto non è assoluto, dati ottenuti fuori dall’UE possono comunque entrare a far parte della documentazione informativa sul prodotto (l’art.11 che riguarda la documentazione informativa sul prodotto prevede al par.2 lett.e che siano conservati “i dati concernenti le sperimentazioni animali effettuate dal fabbricante, dai suoi agenti o dai suoi fornitori relativamente allo sviluppo o alla valutazione della sicurezza del prodotto cosmetico o dei suoi ingredienti, inclusi gli esperimenti sugli animali effettuati per soddisfare i requisiti legislativi o regolamentari dei paesi terzi”). Ciò accade per le sostanze di uso nell’ambito cosmetico, ma bisogna anche tener conto del fatto che in questo settore vengono utilizzati come ingredienti cosmetici anche sostanze in uso in altre filiere dove le sperimentazioni animali sono ancora ammesse, come quella farmaceutica e alimentare. Infatti, un’eccezione al divieto è ammessa se la sperimentazione animale è richiesta per soddisfare gli obblighi di altre normative, come ad esempio la disciplina REACH, ciò benché lo stesso Regolamento REACH all’art.13 stabilisca che “per quanto riguarda la tossicità umana, le informazioni sono acquisite, ove possibile, ricorrendo a mezzi diversi dai test su animali vertebrati, attraverso l’uso di metodi alternativi, ad esempio metodi in vitro o modelli di relazioni qualitative o quantitative struttura-attività o dati relativi a sostanze strutturalmente affini”.
Nel 2016 lo stesso Parlamento europeo, riconosciuto che il divieto di sperimentazione animale prescritto dal Regolamento (CE) n.1223/2009 non è sufficiente a tutelare gli animali nel territorio comunitario e che nel mondo ben l’80% degli stati ancora ricorrono alla sperimentazione animale nel settore cosmetico, ha approvato una risoluzione per rafforzare il principio e anche sollecitare iniziative a livello internazionale per estendere il divieto nei Paesi extraeuropei.
La posizione europea in materia di cosmetici si colloca nell’ambito di un orientamento più generale iniziato con l’approvazione nel 1991 a Maastricht di una Dichiarazione sulla protezione degli animali, in cui veniva riconosciuta la qualità di esseri senzienti, e seguita, nel 1997, ad Amsterdam dall’approvazione di un Protocollo sul benessere degli animali poi diventato parte integrante del Trattato di Lisbona. Proprio partendo da questi principi, in Europa sono state introdotte regole più severe anche nel settore della sperimentazione medica e farmacologica. Con la Direttiva 2010/63/UE del 22.9.10 sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, infatti, con l’obiettivo di migliorare il benessere animale si è introdotto il principio delle 3 R (Replacement, completa sostituzione degli animali con metodi alternativi come scopo finale; Reduction, riduzione del numero di animali utilizzati, tale comunque da ottenere una quantità di dati statisticamente significativa; Refinement, raffinamento delle condizioni sperimentali per ridurre al massimo la sofferenza provocata all’animale). Anche in settori diversi da quello cosmetico è stato quindi posto l’obiettivo di eliminare gradualmente i test mettendo a punto metodi alternativi convalidati. La Direttiva 2010/63/UE prevede che i ricercatori possano utilizzare metodi di sperimentazione alternativi, purché siano preventivamente approvati dalla legislazione europea attraverso un preciso iter di validazione. L’organismo incaricato della validazione dei metodi alternativi è il Laboratorio di Riferimento dell’Unione europea (EURL- ECVAM). L’ EURL-ECVAM è ospitato presso il Joint Research Centre, Institute for Health and Consumer Protection (IHCP) che si trova in Italia, a Ispra. EURL ECVAM recepisce le richieste di validazione di nuovi metodi e ne valuta la rilevanza a livello regolamentare e l’affidabilità tecnica. I metodi vengono poi sottoposti a un processo di validazione che si completa con la pubblicazione di una raccomandazione. Lo stesso organismo poi può farsi promotore dello sviluppo e diffusione di metodi e approcci alternativi. Il Parlamento italiano, nel recepire la Direttiva europea ha deciso di modificarla applicando misure particolarmente restrittive. In Italia l’art.37 del D.Lgs. 4 marzo 2014, n.26, attribuisce al Ministero della Salute lo sviluppo e la ricerca di approcci alternativi che non prevedano l’uso di animali o utilizzano un minor numero di animali o che comportano procedure meno dolorose, nonché la formazione e aggiornamento per gli operatori degli stabilimenti autorizzati. Sono stati previsti stanziamenti per finanziare le ricerche in questo senso ed è stato anche creato un gruppo di lavoro per la promozione di nuovi metodi alternativi.
Malgrado questo generale consenso verso l’abbandono delle sperimentazioni sugli animali in tutti i settori, in seno all’Europa muovono ora indicazioni in senso opposto. Non solo per le proteste della comunità scientifica nazionale e internazionale da marzo 2014 è in vigore una moratoria sulle restrizioni al ricorso alle sperimentazioni animali per finalità mediche e scientifiche, ma anche con riferimento a sostanze di uso cosmetico si stanno facendo passi indietro. L’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) nell’ottobre 2020 ha avanzato, infatti, la richiesta di testare sugli animali alcuni ingredienti ampiamente utilizzati nei cosmetici e in altri prodotti di largo consumo sulla base di alcune pieghe del Regolamento REACH che riguarda appunto le condizioni d’uso delle sostanze chimiche per assicurare la sicurezza d’uso per l’uomo. È stato affermato, in particolare, che le sperimentazioni sugli animali sono necessarie per testare la sicurezza anche di ingredienti cosmetici quando vi sia il rischio di una possibile esposizione dei lavoratori nel processo di fabbricazione. Le associazioni europee per la tutela degli animali e anche aziende di cosmetici hanno ora sottoscritto un appello ai vertici dell’UE (la Presidente della Commissione, Ursula von der Leyen; il Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel e il Presidente dell’Europarlamento, David Sassoli) con la richiesta di non consentire il superamento del divieto delle sperimentazioni animali. Sarebbe un vero peccato che, ora che il buon esempio europeo ha spinto anche Paesi come la Cina a rinunciare alle sperimentazioni sugli animali in fase prevendita per almeno alcune categorie di cosmetici (legge entrata in vigore dal gennaio 2021), andassero persi in Europa risultati che si ritenevano definitivamente acquisiti. È comprensibile che la salute dei consumatori sia un valore importante e che debba essere difeso, ma la politica di graduale sostituzione dei test sugli animali con metodi alternativi convalidati ha dato fino ad ora risultati positivi, le aziende non risultano essere state penalizzate e i consumatori hanno apprezzato, e dunque ci si chiede perché si voglia invertire la tendenza.

Articolo pubblicato sulla rivista Cosmetic Technology 01/2021

Press Release • Indena compie 100 anni

Cento anni di storia e di attività in continua crescita, all’insegna dell’eccellenza.
È questo il traguardo orgogliosamente raggiunto nel 2021 da Indena, Industria Derivati Naturali, azienda italiana nata e radicata a Milano che vanta oggi una leadership internazionale nel settore dei principi attivi botanici per l’industria farmaceutica e nutraceutica.
Creata dall’intuito e dallo spirito imprenditoriale di Carlo Boccaccio Inverni e Biagio Alberto Della Beffa, l’azienda, denominata inizialmente Inverni Della Beffa e in seguito Indena, si impone fin da subito sul mercato grazie alla sua capacità di rivoluzionare l’approccio al settore delle piante officinali con una visione moderna e industriale, e una profonda impostazione scientifica.
Biagio Della Beffa, presidente di Indena, figlio di Luigi e nipote del fondatore, afferma: “In 100 anni abbiamo realizzato un percorso che ci porta a essere protagonisti sui mercati di tutto il mondo, motivo di orgoglio per un’impresa italiana ancora oggi guidata dalla nostra famiglia. Elevata attenzione alla qualità e alla scienza, investimenti continui in innovazione di prodotto, processi e impianti costantemente allo stato dell’arte sono le caratteristiche riconosciute a Indena, che le consentono dalla fondazione di crescere e di essere un punto di riferimento per il comparto dei derivati botanici”.
Aggiunge Daniele Giavini, amministratore delegato dell’azienda: “Oggi gestiamo dal nostro headquarter di Milano 4 siti produttivi nel mondo e 5 filiali internazionali, per un’occupazione complessiva di oltre 900 persone, buona parte delle quali in ambiti strategici come Innovazione e Qualità. Vantiamo inoltre circa 100 famiglie brevettuali e oltre 1000 studi scientifici pubblicati con qualificati gruppi di ricerca. Giavini conclude: “Nonostante il nostro DNA profondamente italiano, la dimensione internazionale caratterizza da sempre Indena che nella propria crescita è arrivata oggi a gestire il 90% del proprio business all’estero e che collabora con diversi partner internazionali in alcuni ambiti tecnologici differenzianti ed estremamente innovativi”.

CELEBRARE 100 ANNI DI ECCELLENZA BOTANICA
Le iniziative che prenderanno vita nel corso del 2021 si declineranno su diversi fronti: da quello scientifico alla comunicazione, dalla formazione a giovani di talento fino al rafforzato impegno per l’ambiente.
L’anno si apre con il lancio di una nuova narrazione d’impresa (corporate identity e immagine coordinata) per dare corpo e visibilità a un’identità aziendale completamente nuova, luminosa e piena di futuro. È importante comunicare, nell’epoca che stiamo vivendo, la storia e la vita di un’industria della natura, longeva e complessa come Indena.
È un patrimonio di eccellenza botanica che si è scelto di celebrare a cominciare da un podcast, dal nome evocativo di Phytocast, un viaggio sonoro che ripercorre la storia centenaria dell’impresa in 12 frammenti tematici, uno al mese.
Per onorare questo importante traguardo è stato inoltre inaugurato il nuovo si- to web indena.com, trasposizione digitale dell’attività d’impresa che sarà, da oggi e per il prossimo decennio, la vetrina più aggiornata e completa dei progetti Indena. Presentando il sistema della conoscenza, i prodotti, i servizi e l’innovazione aziendali, il nuovo sito esplora con eleganza come la relazione tra tecnologia, scienza e natura sia per Indena così densa, profonda e piena di risorse.
Sono parte integrante del racconto le produzioni video, forma di comunicazione in grado di narrare l’universo della scienza e dei dati in modo diretto e immediato, fornendo informazioni e contenuti a chiunque voglia comprendere come dal mondo affascinante delle piante officinali possa venire un aiuto concreto per la salute e il benessere delle persone.
Ma Indena utilizzerà anche il veicolo più tradizionale e diffuso del sapere, con la pubblicazione di un volume sulle milestones del successo di Indena, dalla qualità alla ricerca e alla sostenibilità, raccontate attraverso contributi di realtà aumentata.
Un’altra importante celebrazione del centenario sarà il premio di dottorato biennale intitolato al Colonnello Biagio Alberto Della Beffa, co-fondatore dell’azienda. Il premio sarà riconosciuto nel 2021 ad alcuni giovani ricercatori durante l’International Summer School on Natural Products (ISSNP).
Sul fronte scientifico, Indena ha in previsione di organizzare un congresso che ripercorre cento anni di qualità e innovazione degli estratti botanici, chiamando ad animare questo importante evento scienziati e ricercatori di rilevanza internazionale che hanno collaborato con l’azienda e contribuito alle sue svolte scientifiche. La pubblicazione del primo volume di una collana dedicata alle piante officinali di particolare interesse per il benessere e la salute dell’uomo in questo momento completerà questa parte di attività.

L’IMPEGNO PER L’AMBIENTE, DALLE PIANTE ALLA CITTA’
Per festeggiare i suoi 100 anni, Indena desidera infine rilanciare il suo profondo impegno per la sostenibilità e la biodiversità.
L’attività di Indena vede nella natura la sua fonte di approvvigionamento e soprattutto si ispira da sempre alle piante e ai loro meccanismi e, con osservazione e rigore scientifici, ne trae preziosi insegnamenti per la realizzazione di estratti botanici di altissima qualità, particolarmente efficaci.
La sostenibilità ambientale e sociale è intrinseca nel modo di operare dell’azienda che, nella sua lunga storia, si è sempre impegnata nel controllo delle fonti di approvvigionamento e della filiera delle piante per assicurare tracciabilità e trasparenza insieme al rispetto dell’ambiente e delle comunità coinvolte.
Nel 2021 a tale impegno si aggiunge un intervento concreto di riqualificazione urbana realizzato con il criterio delle Nature Based Solutions.
Presso la sede di Indena a Milano sarà infatti realizzata una “green terrace” progettata per ospitare piante di diverse specie, selezionate da esperti su criteri di biodiversità e coerenza con il contesto di inserimento. Uno spazio di valore ambientale pensato con criteri scientifici, un omaggio alla città e alle persone che lavorano nell’headquarter.
Inizia quindi oggi un percorso lungo un anno per conoscere Indena, un’azienda che, a un secolo dalla sua nascita, continua a ispirarsi alle caratteristiche dei suoi fondatori: visione, capacità di anticipare i tempi, rigore scientifico e concretezza.

Articolo pubblicato su L’Integratore Nutrizionale 01/2021

Letteratura cosmetica

Introduzione
Nel suo ultimo libro Umberto Borellini descrive la cosmetologia come una vera e propria scienza in grado di evidenziare che psiche e cute dialogano costantemente. La bellezza può essere raggiunta non soltanto impiegando prodotti sempre più performanti, ma anche attraverso un percorso polisensoriale.

La ricerca dermocosmetica si avvale sempre più di un approccio multidisciplinare che tenga conto della totalità delle esposizioni cui una persona è soggetta. La cosmetologia esposomatica si concentra, quindi, sull’insieme degli stimoli che quotidianamente influenzano e danneggiano la pelle, l’organo più esposto ed esteso del corpo umano. I fattori possono essere esogeni (inquinanti ambientali come le polveri sottili e i gas di scarico) oppure derivare da elementi fisiologici (per esempio variazioni ormonali), abitudini e stili di vita (fumo, alimentazione, stress, esposizione a radiazioni) (1). Durante la pandemia da SARS-CoV-2 (sindrome respiratoria acuta grave Coronavirus-2), un ulteriore elemento si è aggiunto al complesso network di componenti ambientali cui il corpo è sottoposto: il virus che causa la malattia chiamata COVID-19, identificato per la prima volta nell’uomo nel 2019 (2). La necessità di adottare misure di contenimento del contagio da Coronavirus ha infatti drasticamente modificato il nostro modo di vivere, di lavorare, di studiare e di socializzare, impattando quindi sull’esposoma umano.

Nessun cosmetico potrà mai donare quella
luce unica che nasce dal profondo dell’anima
che esprime la propria unicità
e la propria spiritualità.

Borellini U.

Abitudini igienico-cosmetiche durante la pandemia di COVID-19
Dall’inizio della pandemia, per prevenire e ridurre la trasmissione del virus sono state intraprese molte azioni: tra queste ha assunto un ruolo fondamentale la maggiore attenzione alle pratiche igieniche quotidiane. Numerosi ricercatori hanno approfondito questo tema. Per esempio, a 140 donne polacche è stato proposto un sondaggio relativo a operazioni di routine come il lavarsi mani e capelli, il farsi il bagno o la doccia e l’impiego di prodotti cosmetici, igienizzanti per la cute compresi (3). Sono stati tenuti in considerazione fattori come il livello di istruzione (professionale/primaria/secondaria/universitaria), il luogo di residenza (città da piccole a grandi), l’età (da 18 anni a oltre 65), la professione svolta e l’ambiente lavorativo (lavoro d’ufficio/agile). Dal confronto delle risposte relative al periodo COVID-19 con quelle del periodo pre-pandemico è emerso che, in generale, la pandemia ha significativamente cambiato le abitudini igienico-cosmetiche: per timore di infezione da SARS-CoV-2, nella maggior parte dei casi si è infatti prestata più attenzione all’igiene e alla cura delle pelle. A causa delle restrizioni imposte (distanziamento sociale) o per la perdita del lavoro, qualcuno ha potuto dedicarsi maggiormente al proprio aspetto grazie all’accresciuta disponibilità di tempo libero da trascorrere a casa. Consapevoli che l’igiene delle mani è un’operazione efficace nel ridurre l’incidenza di infezioni, le intervistate hanno dichiarato di aver aumentato la frequenza giornaliera del lavaggio delle mani, in particolare
dopo aver utilizzato il trasporto urbano (prima della pandemia 53,6 vs 80,7% durante) e dopo il ritorno a casa (80 vs 100%). Il sondaggio ha messo in luce la tendenza durante la pandemia a lavare il viso molte volte al giorno: dalle risposte “ogni volta che torno a casa”, “ripetutamente”, “più volte al giorno” e anche “8-10 volte al giorno” è emersa una sorta di ossessione per la pulizia del viso, sul quale il virus può depositarsi attraverso la trasmissione nell’aria di goccioline di saliva, potenzialmente contagiose, oltre che per contatto fisico tra le persone. Come atteso, è stato riscontrato un maggiore utilizzo di prodotti disinfettanti per la cute, principalmente quelli a base di etanolo: il ricorso a tali prodotti, descritto come “nullo” o “molto raro” in periodo pre-pandemico, è diventato “regolare” e “molto frequente” dopo. Non è invece significativamente variata la frequenza di lavaggio dei capelli (2-3 volte a settimana, 51,4 vs 52,1%), mentre è leggermente aumentata quella delle docce (due volte al giorno, 22,9 vs 30,0%) e dei bagni (3 volte a settimana, 5,3 vs 8,6%). La maggior frequenza dei bagni e delle docce calde, soprattutto serali, è stata correlata al desiderio di facilitare il relax in soggetti che avevano riscontrato disturbi del sonno, anche imputabili allo stato di ansia da COVID-19. A causa della chiusura dei centri estetici durante alcune fasi della pandemia, si è fortemente ridotta la possibilità di ricorrere a trattamenti professionali come tinture e maschere per i capelli, e trattamenti per le unghie. In parallelo, è aumentato il ricorso a rimedi casalinghi “fai da te” per la cura di viso, corpo e capelli, anche impiegando ingredienti economici, per esempio maschere allo yogurt per il corpo, al lievito di birra per il viso e all’uovo per capelli (11,4 vs 15,7%). Questa variazione è stata associata al maggior tempo disponibile da dedicare al proprio aspetto, ma anche alla necessità di risparmio economico (per riduzione o perdita del lavoro). In generale, si è osservato un minor utilizzo di tinture e maschere nutrienti per capelli, creme e sieri per il contorno occhi e per il viso, scrub per il viso e per il corpo, smalti per le unghie e creme per mani e piedi. Il cambiamento dello stile di vita associato alla cessazione del lavoro durante la pandemia (42,1%) o per il lavoro a distanza (26,4%) ha comportato una significativa riduzione della frequenza di impiego di profumi e di cosmetici per il makeup di viso, occhi e labbra. La limitazione all’utilizzo dei rossetti è attribuibile anche all’introduzione dell’obbligo di indossare la mascherina negli spazi pubblici. È invece aumentato in modo considerevole il ricorso a creme per le mani, a causa dell’incremento dell’uso dei prodotti ad azione disinfettante, i quali possono provocare irritazione cutanea e secchezza della pelle, ma anche per la possibile insorgenza di onicoschisi (fessurazione o escoriazione delle unghie) in chi indossa guanti protettivi per molte ore durante la giornata. Soltanto il 44% delle donne partecipanti al sondaggio ha dichiarato che manterrà le nuove abitudini e routine igieniche anche quando la pandemia sarà terminata, non tanto per l’oggettivo riscontro di migliori effetti cosmetici, quanto per la maggior comodità ed economicità di eseguire i trattamenti a casa propria. Le rimanenti intervistate, invece, hanno espresso l’intenzione di voler ritornare alla normalità, con la speranza di poter allontanare le sensazioni di paura, ansia e incertezza generate dalle restrizioni imposte per il contenimento del contagio da Coronavirus.

Prodotti igienizzanti e disinfettanti per le mani
Tipologie
La pandemia di COVID-19 ha influenzato molti aspetti della vita di ciascuno di noi. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha divulgato in tutto il mondo, attraverso molteplici campagne di sensibilizzazione, raccomandazioni relative a tre azioni basilari per limitare la diffusione dei contagi: distanziamento sociale (ovvero allontanamento fisico), impiego di mascherine e igiene delle mani. Soprattutto durante la fase iniziale della pandemia, l’assenza di terapie specifiche per debellare il SARS-CoV-2 e la mancanza di vaccini hanno conferito alla prevenzione del contagio un ruolo fondamentale.
Ognuno di noi può svolgere una funzione importante nella lotta al Coronavirus: la frequente e accurata igiene delle mani e la disinfezione delle superfici e degli ambienti rappresentano senz’altro una strategia semplice ed efficace per il contenimento della diffusione di agenti patogeni e di prevenzione delle infezioni, compresa quella del COVID-19. Il Coronavirus, infatti, si trasmette principalmente attraverso goccioline di saliva e per contatto con persone infette e/o oggetti contaminati.
Numerose pubblicazioni scientifiche e raccomandazioni di organismi nazionali e internazionali destinate alla popolazione hanno puntato l’attenzione proprio sulla corretta igiene e disinfezione delle mani, soprattutto quando si trascorre molto tempo fuori casa, in luoghi pubblici, come anche in alcune situazioni particolari, per esempio prima di mangiare, dopo aver tossito, starnutito e soffiato il naso (4).
Ciò che emerge è la necessità di fare chiarezza sulle definizioni di prodotti che possono essere utilizzati per l’igiene delle mani e che sono differenti dal punto di vista regolatorio (5,6). Se infatti sembra essere chiaro a tutti che il lavaggio con acqua e sapone è una pratica cosmetica di detersione intesa come azione di pulizia della pelle, risulta meno netta la distinzione tra prodotti per le mani igienizzanti (cosmetici), quelli disinfettanti (Presidi Medico-Chirurgici (PMC) e biocidi) e i medicinali (formulazioni OMS).
I saponi naturali (solidi) e sintetici (saponi-non-saponi: lavamani solidi, fluidi, gel, spray, lozioni) sono prodotti cosmetici i quali, al contrario dei disinfettanti per la cute, non possono vantare un’azione germicida (claim non contemplato dal Regolamento cosmetico (CE) n.1223/2009).
I disinfettanti sono disciplinati dalla normativa europea sui prodotti biocidi (Regolamento (UE) n.528/2012) e da quella nazionale dei presidi medico-chirurgici (DPR n.392/199) destinati esclusivamente al mercato italiano. I prodotti lavamani più comuni attualmente presenti sul mercato e conformi ai requisiti di PMC, prodotti biocidi o cosmetici, sono i gel a base idroalcolica senza risciacquo.
Le formulazioni OMS sono ricette destinate alle farmacie o ad appositi laboratori per la produzione di grandi volumi di preparazioni a base alcolica per l’igiene delle mani. Si tratta di due soluzioni galeniche officinali, quindi medicinali, contenenti etanolo (80% v/v) oppure isopropanolo (75% v/v). Pensate per far fronte a emergenze sanitarie nei Paesi in via di sviluppo, per il consumo locale, e per questo contenenti anche perossido di idrogeno (0,125% v/v) con azione antisporigena, queste soluzioni sono state raccomandate anche per contenere l’emergenza COVID-19.
Le diverse organizzazioni sanitarie, nazionali e internazionali, hanno fornito indicazioni sulle pratiche per l’impiego corretto e consapevole degli igienizzanti e dei disinfettanti. Per il lavaggio delle mani venute a contatto con superfici contaminate, è sufficiente la detersione scrupolosa con saponi o detergenti sintetici, avendo cura di raggiungere entrambi i lati delle mani, le zone tra le dita e le unghie. Si deve quindi seguire un accurato risciacquo acquoso. L’a- zione lavante dei prodotti cosmetici citati è data dalla miscela di tensioattivi in essi contenuti: si tratta di molecole anfifiliche, la cui porzione idrofobica è in grado di rimuovere lo sporco dalle mani per azione meccanica e di interagire con l’involucro lipidico del Coronavirus, danneggiandolo.
I saponi sarebbero quindi meno efficaci nei confronti dei virus il cui materiale genetico non è contenuto e protetto da involucro. Anche se il lavaggio con acqua e sapone resta il metodo da preferire nella maggior parte dei casi, poiché consente l’eliminazione di un ampio spettro di agenti patogeni, non è sempre possibile ricorrervi (7). In assenza di acqua sono diventati di uso comune i prodotti lavamani senza risciacquo, ovvero prodotti igienizzanti o disinfettanti a base alcolica (contenenti etanolo, isopropanolo o miscele dei due) (8). Si tratta di prodotti molto versatili e di rapido impiego, formulati sotto forma di liquidi, gel o schiume: vanno applicati in piccola quantità su mani non visibilmente sporche (per non ridurre l’efficacia germicida) e asciutte; quindi si strofinano le mani per distribuire uniformemente il prodotto fino ad asciugatura completa. I disinfettanti possono anche essere non a base alcolica e contenere, per esempio, sostanze attive come la clorexidina digluconato o il cloruro di didecil dimetil ammonio. Tali prodotti, oltre a essere più costosi di quelli a base idroalcolica, sono caratterizzati da uno spettro germicida più ristretto e quindi sono meno efficaci: per tale ragione, i centri statunitensi per la prevenzione e il controllo delle malattie (Centers for Disease Control and Prevention, CDC) suggeriscono di non utilizzarli contro il SARS-CoV-2. Possono essere utilizzate anche le salviette umidificate contenenti sostanze disinfettanti: frizionare le mani con questi prodotti permetterebbe la rimozione fisica aggiuntiva dei microrganismi  eventualmente  sopravvissuti. È da notare, tuttavia, che durante il periodo pandemico il ricorso alle salviette non è così frequente, principalmente a causa del costo elevato di questi prodotti. L’esposizione ripetuta e prolungata ai prodotti a base di alcol, e ancora di più quelli non idroalcolici, potrebbe favorire nei batteri lo sviluppo di resistenza antimicrobica, con conseguente aumento del rischio di infezioni (1). Anche per questa ragione tali prodotti devono rappresentare un’alternativa al lavaggio delle mani con acqua e sapone, e non un’abitudine.

Efficacia
La letteratura mostra che l’efficacia degli igienizzanti (cosmetici) e dei disinfettanti (PMC e biocidi) per le mani dipende da fattori quali la composizione (tipologia e concentrazione della sostanza funzionale/attiva) e il tipo di microrganismo bersaglio (9). I prodotti a base idroalcolica, per esempio, sono efficaci contro i virus dotati di involucro lipidico, come quello del COVID-19, meno resistenti a detergenti, disinfettanti, acidi e calore rispetto ai virus senza involucro. Analogamente ai tensioattivi presenti nei saponi naturali o sintetici, infatti, le molecole degli alcol presentano una porzione polare e una non polare: anch’esse sono in grado di dissolvere le membrane lipidiche virali, con conseguente denaturazione e coagulazione delle proteine, l’inibizione del metabolismo cellulare e conseguente lisi del virus. Per tale ragione l’isopropanolo, più lipofilo dell’etanolo, sarebbe più attivo nei confronti del Coronavirus. Anche se alcuni studi hanno dimostrato che concentrazioni di alcoli maggiori del 30% v/v sono efficaci nell’inattivare il SARS-CoV-2 entro 30 secondi, normalmente si utilizzano concentrazioni maggiori. I CDC raccomandano l’impiego di prodotti a base alcolica contenenti almeno il 60% v/v di etanolo o il 70% v/v di isopropanolo, in particolar modo per il personale che lavora nelle strutture sanitarie. Soluzioni alcoliche a concentrazioni ancora più elevate sono meno efficaci perché le proteine virali sono difficilmente denaturabili in assenza dell’acqua.
La Food and Drug Administration (FDA) raccomanda di disinfettare le mani con prodotti contenenti 80% v/v di etanolo o 75% v/v di isopropanolo. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), l’etanolo è efficace contro i virus se utilizzato al 73,6- 89% p/p. Viene specificato, inoltre, che per evitare ambiguità la concentrazione di alcol non deve essere espressa in % v/v, unità di misura che, a differenza della % p/p, è influenzata da fattori quali la temperatura e il peso specifico della preparazione (6). Anche volume di applicazione e tempo di asciugatura del prodotto germicida possono influenzarne l’efficacia. Non vengono sempre fornite indicazioni precise sul volume di applicazione ideale, il quale dipende anche dalle dimensioni delle mani del soggetto, mentre è noto che il processo di igienizzazione delle mani deve richiedere non meno di 15 secondi. È stato sperimentato che i tempi di essiccazione di 3 mL di preparazioni contenenti percentuali di alcol comprese tra 70-90% v/v di etanolo sono sempre più lunghi di 30 secondi, raggiungendo quasi 50 secondi nel caso di prodotti contenenti isopropanolo, caratterizzato da temperatura di evaporazione maggiore di quella dell’etanolo (9). Se è vero che un’azione disinfettante che si sviluppa in tempi brevi minimizza il rischio che l’utilizzatore non rispetti la procedura di applicazione prevista, è altrettanto vero che il rischio a cui si può andare incontro è quello di impiegare volumi di prodotto inadeguati per velocizzare il tempo di asciugatura, e di conseguenza non utilizzarne una quantità sufficiente per la copertura completa delle mani.
L’OMS raccomanda di dedicare alla detersione delle mani con acqua e sapone non meno di 40-60 secondi, e almeno 20-30 secondi nel caso dei prodotti a base alcolica.
È importante sottolineare che il volume di prodotto da impiegare e la velocità di asciugatura sono correlati anche alla tipologia di preparazione applicata; per esempio le schiume hanno tempi di asciugatura più brevi rispetto a soluzioni e gel. A parità di volumi, i liquidi e le schiume possono ricoprire la superficie delle mani più rapidamente dei gel; d’altra parte, la maggiore viscosità dei gel idroalcolici ne prolunga il tempo di asciugatura e quindi quello di contatto della preparazione con la pelle, incrementando l’azione virucida dell’alcol. Anche la presenza di eccipienti nelle formulazioni dei prodotti disinfettanti può limitarne l’efficacia germicida: è il caso della glicerina, soprattutto se presente in percentuali ≥1,45% v/v (10). In particolare, nelle preparazioni a base di isopropanolo, la glicerina potrebbe avere un impatto negativo sull’azione dell’alcol, quindi si consiglia di sostituirla con altri emollienti (9,10).

Effetti sulla pelle delle mani
Durante la pandemia gli operatori sanitari e la popolazione in generale si sono concentrati sulla rigorosa igiene delle mani, ricorrendo molte volte durante la giornata ai vari prodotti igienizzanti e disinfettanti: è risaputo che questa pratica è in grado di compromettere l’integrità e la funzione di barriera dello strato corneo, con conseguente aumento della sensibilità della pelle. I tensioattivi presenti nei detergenti, così come l’alcol dei lavamani senza risciacquo, sono infatti in grado di provocare delipidizzazione della pelle e disidratazione dello strato corneo (11). L’interruzione della continuità del film idrolipidico comporta modificazione del pH, alterazione del microbiota cutaneo, disidratazione e aumento della Transepidermal Water Loss (TEWL). La conseguente comparsa di arrossamenti, prurito e screpolature, e l’insorgenza di xerosi cutanea (pelle secca), forniscono una potenziale porta di ingresso per i patogeni, oltre che un aumento della penetrazione epidermica di sostanze irritanti e allergeni. Il risultato può essere una risposta infiammatoria, con conseguente dermatite alle mani. L’ACDS, società americana dermatite da contatto, prevede un aumento di dermatite irritativa da contatto (ICD) e dermatite allergica da contatto (ACD), specificando che la causa è da attribuire principalmente a saponi e detergenti sintetici, più aggressivi dei prodotti a base alcolica ben formulati, come quelli contenenti ingredienti emollienti. D’altronde, ripetute e successive applicazioni di lavamani idroalcolici senza risciacquo possono facilmente portare al progressivo accumulo di prodotto sulla pelle.
È possibile adottare alcune precauzioni per la prevenzione della secchezza cutanea durante l’operazione di lavaggio con acqua e sapone: per esempio evitare di utilizzare acqua eccessivamente fredda o, soprattutto, calda (per non favorire la dilatazione eccessiva dei pori e quindi l’aumento della permeabilità della pelle, con successivo arrossamento cutaneo); scegliere tensioattivi delicati per non alterare l’equilibrio della cute; sciacquare accuratamente le mani con acqua corrente per allontanare i tensioattivi eventualmente rimasti tra le pieghe cutanee; utilizzare un asciugamano pulito o “usa e getta” evitando il frizionamento eccessivo oppure asciugare la mani all’aria (7). La risposta della pelle a igienizzanti e disinfettanti, così come l’efficacia, dipende sì da tipologia e intensità del trattamento, ma anche dalla formulazione dei diversi prodotti, ovvero dalla loro composizione (10).
Oltre ai tensioattivi o agli agenti con azione disinfettante, a seconda del tipo di preparazione possono essere presenti anche eccipienti emollienti, viscosizzanti, conservanti, sequestranti, sbiancanti, profumi e coloranti.
Per ridurre l’effetto disidratante e irritante dell’alcol, e quindi per prevenire l’insorgenza di dermatiti, gli igienizzanti mani e i disinfettanti possono essere addizionati di sostanze emollienti e idratanti di natura lipofila o idrofila. Tali ingredienti sono in grado di limitare la rimozione della componente lipidica dello strato corneo e di reintegrare il contenuto di acqua della pelle; devono però essere ben formulati al fine di ridurre l’efficacia dei prodotti che li contengono.
Tra gli idratanti lipofili si possono citare la vaselina, gli oli vegetali (ad esempio di oliva) e il burro di karité. Tra quelli idrofili o umettanti il più comunemente utilizzato è la glicerina, il cui effetto è direttamente proporzionale alla sua concentrazione nella formulazione. Occorre però prestare attenzione alla scelta della concentrazione di glicerina presente nei prodotti a base alcolica. Il contenuto ottimale suggerito è compreso tra 0,5 e 0,7% v/v: percentuali più elevate, come per esempio quelle presenti nelle formulazioni OMS, potrebbero infatti ridurre l’attività antibatterica dei prodotti, oltre a rallentare il processo di asciugatura, conferendo così alle mani una sensazione di appiccicoso. Per superare queste problematiche, recentemente è stato proposto un umettante alternativo costituito da una miscela di etilesilglicerina, dexpantenolo e un alcol a lunga catena. Altri idratanti idrofili sono: il glicole propilenico (2-5% v/v), meno costoso della glicerina e per questo forse preferibile in prodotti per le mani, e il gel di aloe vera, usato in miscela con glicerina o glicole propilenico, interessante e strategico dal punto di vista commerciale, in quanto di origine naturale.
Nei prodotti a base alcolica possono essere presenti anche viscosizzanti polimerici, quali carbomer (derivati dell’acido acrilico) e cellulose modificate (ad esempio idrossietil cellulosa, idrossipropil cellulosa), in percentuali comprese tra 0,5 e 5,5% circa a seconda della tipologia e del peso molecolare del polimero impiegato. Rispetto alle preparazioni liquide, quelle contenenti viscosizzanti sono caratterizzate da maggiore consistenza e buona spalmabilità, quindi meno soggette a perdite di prodotto durante l’erogazione dal contenitore e di più facile applicabilità sulle mani. Se da un lato la presenza di viscosizzanti comporta il prolungamento del tempo di asciugatura del prodotto applicato, e quindi del tempo di contatto dell’alcol con la pelle, occorre anche tenere in considerazione che questi ingredienti, come già osservato per quelli idratanti, possono provocare una riduzione della capacità antisettica della preparazione, variazione che dipende dalla tipologia e dalla percentuale del viscosizzante impiegato.
Infine, in numerosi prodotti per l’igienizzazione e la disinfezione delle mani sono presenti anche sostanze additive come conservanti, coloranti e profumi. Si ricorre a conservanti (alcol benzilico, fenossietanolo, ecc.) per conferire stabilità microbiologica alla preparazione; la sostanza funzionale e/o con azione disinfettante incorporata potrebbe infatti non avere uno spettro germicida ampio a sufficienza per la buona conservazione del prodotto. Principalmente nel caso dei prodotti per le mani senza risciacquo, come i lavamani a base idroalcolica, sarebbe meglio preferire formule semplici e prive di coloranti e profumi, che possono essere causa di reazioni allergiche nei soggetti sensibili.

Conclusioni
Le mani sono una delle parti più esposte del nostro corpo. Questa affermazione assume connotazioni ancora più significative nel periodo di emergenza sanitaria che stiamo vivendo, durante il quale più volte nell’arco di una giornata si ricorre all’igienizzazione e alla disinfezione con prodotti più o meno aggressivi. L’impiego, dopo la detersione delle mani o comunque ogni 3-4 ore, di creme idratanti abbinate a creme nutrienti o unguenti permette di mantenere la pelle idratata e di prevenire e lenire le irritazioni cutanee provocate dai prodotti igienizzanti e disinfettanti (11).

Bibliografia

– Borellini U (2019) Tu chiamale, se vuoi, emulsioni. La cosmesi e il senso della bellezza. Edizioni LSWR, Milano, 209-214

– Andrianou XD, Pronk A, Galea KS et al (2021) Exposome-based public health interventions for infectious diseases in urban settings.
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-Mos´cicka P, Chróst N, Terlikowski R et al (2020) Hygienic and cosmetic care habits in polish women during COVID-19 pandemic
J Cosmet Dermatol 19(8):1840-1845

-Ministero della Salute (2020) Previeni le infezioni con la corretta igiene delle mani, salute.gov.it

-Caldiroli A (2020) Prodotti per la pulizia delle mani.
Necessario fare chiarezza.
Cosm Tech 23(2):40-42

-Istituto Superiore di Sanità (2020) Raccomandazioni ad interim sui disinfettanti nell’attuale emergenza COVID-19: presidi medico chirurgici e biocidi, gruppo di lavoro ISS Biocidi COVID-19.
Rapporto ISS COVID-19 n.19/2020, versione del 25 aprile 2020.

-Singh P, Potlia I, Malhotra S et al (2020) Hand Sanitizer an Alternative to Hand Washing – A Review of Literature.
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-Golin AP, Choi D, Ghahary A (2020) Hand sanitizers: A review of ingredients, mechanisms of action, modes of delivery, and efficacy against coronaviruses.
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-Singh D, Joshi K, Samuel A et al (2020) Alcoholbased hand sanitisers as first line of defence against SARS-CoV-2: a review of biology, chemistry and formulation.
Epidemiol Infect 148:e229, doi:10.1017/
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-Berardi A, Perinelli DR, Merchant HA et al (2020) Hand sanitisers amid CoViD-19: A critical review af alcohol-based products on the market and formulation approaches to respond to increasing demand.
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J Am Acad Dermatol 83(6):1730-1737

Articolo pubblicato su Cosmetic Technology 1/2021

Ipercolesterolemia poligenica

Scopo dello studio è stato quello di valutare gli effetti sul profilo lipidico, a digiuno e dopo un carico orale di lipidi (OFL), di 3 mesi di trattamento con una combinazione di fitoterapici e nutraceutici (contenente monacolina K, Cynara scolymus, Thea sinensis L., Oryza sativa L., Brassica campestris L, acido folico, coenzima Q10 e resveratrolo) rispetto al placebo, in pazienti ipercolesterolemici.
Sono stati arruolati 63 pazienti caucasici, di età ≥18 anni, di entrambi i sessi, a basso rischio cardiovascolare (≤2%), e li abbiamo randomizzati ad assumere il nutraceutico o il placebo per 3 mesi. Abbiamo valutato la glicemia a digiuno, il profilo lipidico, la proteina C reattiva ad alta sensibilità, i parametri di sicurezza al basale e dopo 3 mesi.

I pazienti sono stati, inoltre, sottoposti a OFL al basale e alla fine dello studio. La combinazione nutraceutica ha dato una riduzione del colesterolo totale (TC), dei trigliceridi (Tg) e del colesterolo LDL (LDL-C) sia rispetto al basale (p<0,05) sia rispetto al placebo (p<0,05).
La proteina C-reattiva ad alta sensibilità è diminuita nel gruppo trattato con il nutraceutico, sia rispetto al basale che al placebo (p<0,05 per entrambi). Durante l’OFL eseguita alla fine dello studio, TC e LDL-C registrati nel gruppo trattato con la combinazione nutraceutica sono risultati inferiori rispetto ai valori registrati durante l’OFL basale (p<0,05) e anche rispetto ai valori registrati nel gruppo placebo (p<0,01), in ogni momento dell’OFL.
Per quanto riguarda i Tg, il valore registrato durante l’OFL alla fine dello studio è risultato inferiore a 6 ore rispetto all’OFL basale (p<0,05 vs basale) e al placebo (p<0,05).
In conclusione, un nutraceutico contenente monacolina K, Cynara scolymus, Thea sinensis L., Oryza sativa L., Brassica campestris L., acido folico, coenzima Q10 e resveratrolo potrebbe essere utile per migliorare il profilo lipidico nei pazienti ipercolesterolemici, sia a digiuno che nella fase post-prandiale. […]

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