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Il tocco lieve della Piantaggine

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1990. La nave americana si dirige verso il porto di Genova (o forse è successo prima a Trieste?) con un carico di copertoni usati. I marinai attraccano; i copertoni vengono portati a terra e cominciano il loro viaggio per le strade d’Italia. Ma recano con sé dei clandestini. Migliaia di clandestini. Minuscoli, nascosti in quelle piccole pozze d’acqua piovana raccoltasi all’interno degli pneumatici. Sono larve acquatiche che si nutrono di batteri e respirano aria atmosferica grazie a lunghi sifoni respiratori. Attendono, nascoste nei copertoni. E presto si trasformeranno. Acquisite le ali, l’invasione può avere inizio. Una dopo l’altra cadono le principali città padane: Padova, Rovigo, Brescia, Torino, Bologna. Ed è solo il principio, la prima campagna d’Italia di Aedes albopictus. Ben presto, pochi sono i luoghi che possono dirsi al sicuro: solo la montagna, con i suoi inverni troppo freddi, o l’arido meridione. Vola poco la zanzara tigre, ma l’uomo ne trasporta inconsapevolmente le uova e le larve nascoste nei camion e nelle navi. È stato così fin dall’inizio, quando ha disboscato le sue sedi remote nel fitto delle foreste dell’Asia meridionale. Da lì è partita l’invasione. Ha conquistato dapprima l’Asia, crogiolo di vie commerciali, poi si è volta verso Occidente: le Americhe, e infine l’Europa. Non c’è scampo. Aedes albopictus attacca anche di giorno. E il nostro corpo non è ancora preparato a sopportare l’iniezione anticoagulante dell’insetto. Le punture gonfiano e prudono. Parecchio (1).

Non c’è scampo. Ma c’è una pianta che può aiutare a neutralizzare il fastidio. Basta sfregarne le foglie sulla puntura e, in breve, il prurito scompare. Ed è una pianta che, per certi versi, ha una storia simile e contraria a quella della zanzara: la Piantaggine.

Mucillagine, per aderire all’ambiente

Il genere Plantago (famiglia Plantaginaceae) comprende circa 275 specie annuali e perenni distribuite in tutto il mondo. Tre le specie più utilizzate: Plantago major L., Plantago lanceolata L. e Plantago asiatica L. Sono piante erbacee con foglie ellittiche che formano una rosetta basale dal cui centro si diparte l’infiorescenza, cilindrica, a spiga, con numerosi semi ermafroditi le cui grosse antere sporgono dalla corolla (2,3). La fioritura inizia in primavera e si protrae fino a settembre, e il polline dei suoi fiori può essere causa di allergie, spesso correlate a quelle delle Graminacee. Riniti, asma, congiuntiviti: un piccolo scotto che ad alcuni tocca pagare per una pianta altrimenti utilissima (4). Il frutto è una capsula ovale che contiene piccoli semi (ce ne sono quasi 20000 per scapo fiorale). E sono proprio questi semi la chiave del suo successo, ciò che le ha permesso di espandersi in ogni dove. Il rivestimento del seme presenta delle cellule particolari in grado di produrre mucillagini. La loro parete cellulare è ricca di pectine, che rigonfiano quando piove portando il seme ad aumentare di dimensione fino a 4 volte. Le mucillagini hanno una triplice funzione: forniscono una riserva d’acqua per l’embrione; proteggono il seme quando viene ingerito dagli uccelli e ne favoriscono l’espulsione; conferiscono al seme proprietà adesive, che gli permettono di attaccarsi alle zampe degli animali di passaggio. Gli uccelli sono ghiotti dei suoi semi, e la pianta ha sviluppato con essi un rapporto simbiotico: cibo in cambio di un aiuto nella germinazione. Se la germinabilità dei semi è normalmente del 56%, quando questi passano attraverso l’apparato digerente degli uccelli, diventa del 100%. Si parla, in questo caso, di diffusione endozoocora (5). Ma è l’altra diffusione, quella epizoocora, che si è resa protagonista di una grande invasione. E, come per la zanzara tigre, il vettore è Homo sapiens.

Schermata 2017-07-25 alle 11.29.28Una storia accanto agli uomini

Di nuovo una nave. Non più dall’America, ma per l’America. Da un qualche porto europeo un gruppo di coloni parte a cercare fortuna nel Nuovo Mondo. Non è passato molto dai viaggi di Colombo; l’America è un continente vergine, da conquistare, agli occhi degli Europei. Ma un’altra conquista ha luogo. Silenziosa. Eppure fulminea come quella dei Visi pallidi, che segue, è il caso di dirlo, a ruota. I coloni portano con sé dei semi di Piantaggine; la coltivano nei loro orti sulla costa americana, ma, ben presto, la pianta evade. I suoi semi si attaccano alle scarpe e ai pantaloni degli Europei, e alle ruote dei loro carri. E verdi macchie di Piantaggine spuntano ovunque essi vadano. L’impronta dell’uomo bianco: così la chiamano gli Indiani, che la vedono comparire dappertutto assieme agli invasori (6). Ma la conquista dell’America di questa specie di origine eurasiatica è solo uno dei tanti capitoli che essa occupa nella storia. I Greci e i Romani la conoscevano e ne apprezzavano le proprietà al punto che Temisone di Laodicea, fondatore della scuola metodica di medicina nel I secolo a.C., le dedicò un trattato apposito: De plantagine, che purtroppo non ci è pervenuto (7). Pochi secoli dopo (siamo tra il terzo e il quinto d.C.), i semi di Piantaggine compaiono negli stomaci delle cosiddette mummie di palude, antichi uomini dell’Europa del nord i cui corpi si sono conservati fino ad oggi, mummificati naturalmente grazie all’ambiente asfittico delle torbiere (8). In tempi più recenti veniva coltivata nei giardini dei monasteri e fa la sua comparsa, nonostante il suo aspetto umile e dimesso, anche nell’arte e nella letteratura. All’inizio del XVI secolo compare negli acquarelli Albrecht Dürer, dove, semplice erbaccia assieme ad altre erbacce, conquista la sublimità di ciò che è naturale e selvatico, espressa con vivido realismo dal pittore tedesco (9). Alla fine del secolo, invece, entra nei teatri grazie al genio di Shakespeare, che le dedica qualche verso in Romeo e Giulietta (10).

Schermata 2017-07-25 alle 11.30.01Un rimedio polivalente

Ma perché la Piantaggine è stata, da sempre, così apprezzata? Pare che abbia numerose proprietà benefiche, tanto da poter essere considerata una sorta di pronto soccorso da campo. Il medico greco Dioscoride (I sec. d.C.) la dice utile per una lunga serie di disturbi (11). Sarebbe ottima per asciugare le ferite e aiutarle a rimarginare, contro le ulcere, per stagnare il sangue e cicatrizzare i tagli, contro i morsi dei cani, le infiammazioni e la dissenteria. Ma anche per gli epilettici, gli asmatici e coloro che soffrono di piaghe in bocca. Il succo delle foglie aiuterebbe a eliminare il mal d’orecchie e darebbe sollievo agli occhi. A tal proposito, aggiunge il suo contemporaneo Columella, che si occupava di agricoltura, sarebbe utile creare un collirio mischiando il succo della Piantaggine con del miele estratto dai favi senza l’uso del fumo o, in mancanza di questo, con del miele di timo (12). Ma l’elenco di Dioscoride prosegue: la Piantaggine è utile per il sanguinamento delle gengive e per la dissenteria (somministrata per clistere). Bevuta assieme al vino è indicata per chi ha problemi intestinali e per chi sputa sangue. La radice, inoltre, allevierebbe il mal di denti. Anche Plinio il Vecchio ricorda le sue proprietà cicatrizzanti, e la dice utile contro il catarro (13). Dall’antichità al medioevo: tra gli altri impieghi, fa la sua comparsa nella letteratura medica la curiosa applicazione topica delle foglie di Piantaggine per ridare tono alla vagina ut etiam corrupta appareat virgo (14). E dal medioevo ai giorni nostri. Tralasciando il consumo delle foglie in insalata, gli impieghi che la medicina popolare ha per la Piantaggine sono numerosissimi. In Inghilterra viene usata per le sue proprietà emostatiche e antisettiche, per le vene varicose, per eliminare il pus, come sollievo contro le punture (tutti i tipi di punture, non solo quelle delle zanzare, di cui dicevamo prima), come tonico, per la tosse e per lenire le scottature. In Irlanda, invece, si ha la credenza che una pagina della foglia sia in grado di espellere il pus, mentre all’altra pagina sono attribuite le facoltà curative. È usata per gonfiori, screpolature, calli, verruche, mal di testa, gotta, problemi al fegato e, mischiata al latte, come ricostituente per i bambini deboli (15). E ancora. Le foglie di Plantago major sono usate in molti Paesi per la guarigione delle ferite, per le infezioni (della pelle e non solo), per i disordini digestivi e respiratori, per migliorare la circolazione e la riproduzione, come antidolorifico e per prevenire l’insorgenza del cancro. Plantago lanceolata è considerata anch’essa nel trattamento delle ferite e delle infiammazioni; inoltre è ritenuta antibatterica, diuretica, antiasmatica, in grado di contrastare artrite, gotta, problemi della bocca e della pelle. Plantago asiatica è usata nella medicina popolare come antipiretico, antitussivo, diuretico, cicatrizzante. Le fibre dei semi di numerose specie (Plantago afra L., Plantago ovata Forssk., Plantago indica L., Plantago major L.), inoltre, sono impiegate per promuovere la motilità intestinale. Alcune tribù messicane, poi, mischiano i semi di Piantaggine con acqua per formare un ammasso gelatinoso in grado di alleviare il mal di stomaco (16).

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Nuove prospettive dalle evidenze scientifiche

Una tradizione d’uso millenaria e variegata, dunque, quella della Piantaggine che, negli ultimi anni, si è confrontata con l’indagine scientifica. Le analisi hanno rivelato la presenza, nelle foglie, di un complesso cocktail di sostanze attive che la pianta ha sviluppato per proteggersi dai patogeni, dagli erbivori e con funzione allelopatica, regolando le interazioni tra piante diverse. Glicosidi fenilpropanoidi, iridoidi (come l’aucubina), triterpeni, flavonoidi, acidi fenolici: tutte sostanze che contribuiscono anche ai numerosi effetti che la Piantaggine sembra avere sul nostro organismo (17). Effetti che, a fronte della mole di dati etnobotanici, sono stati studiati con metodo scientifico, cercando di dare una spiegazione all’immensa fortuna di cui la Piantaggine gode a livello popolare. Numerose le proprietà della pianta che hanno trovato un riscontro scientifico. Innanzitutto la sua attività antiossidante (18). È in grado infatti, di stimolare il corpo a produrre quantità più elevate del normale di antiossidanti quali superossido dismutasi e glutatione (19). Connesse, l’attività antinfiammatoria che, grazie a composti come l’aucubigenina e gli acidi ursolico e oleanolico, riesce a inibire i mediatori dell’infiammazione, e quella cicatrizzante (20). Quest’ultima si esplica con un’accelerazione del tasso di contrazione e di epitelizzazione delle ferite. Ma non solo. È anche in grado di modulare l’immunità cellulo-mediata, di agire contro alcuni virus e cellule tumorali; ha effetti ematopoietici e, grazie alla stimolazione del sistema immunitario, antimicrobici. A questi si sommino moderati effetti antiparassitari nei confronti del protozoo responsabile della giardiasi, che dà sintomi di tipo gastrointestinale. È diuretica. E, per finire, nonostante il suo polline possa provocare allergie, gli estratti etanolici delle foglie si sono dimostrati in grado di inibire il rilascio di istamina IgE dipendente: effetti antiallergici, dunque (21). Un discorso a sé stante meritano i semi della Piantaggine. Come dicevamo sopra, sono ricchi di mucillagine, che ne rappresenta il principio attivo. Costituita di una porzione polisaccaridica solubile formata perlopiù (85%) da arabinoxilani, questa mucillagine non è utile soltanto per la dispersione dei semi: anche l’uomo ha saputo trarne vantaggio, impiegandola per regolarizzare le funzioni intestinali. In quanto lassativi formanti massa, i semi di Piantaggine sono in grado di richiamare acqua, una volta nell’intestino, e di rigonfiare grazie alla mucillagine in essi contenuta. L’aumento di volume stimola la peristalsi e favorisce l’espulsione delle feci nei soggetti affetti da costipazione. Le feci, inoltre, diventano più soffici, provocando meno dolore a chi è soggetto a emorroidi o ha subito un intervento chirurgico in loco. E tuttavia non servono solo per la costipazione, ma anche per il suo contrario: diarrea, sia cronica sia acuta. Gli effetti antidiarroici sono anch’essi dovuti all’azione delle mucillagini, che assorbono i liquidi in eccesso nell’intestino, aumentano la viscosità delle feci e, di conseguenza, il tempo di transito intestinale, regolarizzando la defecazione (22).

La Piantaggine e l’ambiente

Le virtù della Piantaggine non si limitano alla cura dell’uomo. È una pianta resistente e caparbia, che tollera bene il calpestio, così come i terreni inquinati, e prospera anche lungo le strade cittadine. E questa sua tolleranza fa sì che possa essere impiegata anche per risanare l’ambiente. Non solo tollera gli inquinanti, ma è anche in grado di accumularne alcuni, come i metalli pesanti, eliminandoli dal suolo. Il piombo prima di tutto, prevalentemente ad opera di Plantago major, ma anche rame e zinco (Plantago lanceolata) (23). Sembra quasi che sia la natura stessa a farla crescere in luoghi che necessitano di un risanamento. E se la sua capacità di ripulire il suolo non bastasse, di recente si sono studiate le sue applicazioni per eliminare i coloranti dalle acque di scarico. Le industrie tessili, della gomma, del cuoio, della carta, della plastica, dei cosmetici (ecc.) ogni anno rilasciano nella biosfera 1-2 milioni di kilogrammi di coloranti. Sono, questi, molecole sintetiche dalla complessa struttura aromatica resistenti alla degradazione biologica, stabili alla luce, al calore e all’ossidazione. Come eliminarli dalle acque in cui sono confluiti? Il metodo più utilizzato è quello della coagulazione-flocculazione. Ed è qui che entrano in gioco le mucillagini della Piantaggine, che fungono da agente coagulante in grado di riunire le molecole di colorante disperse in acqua perché possano poi essere rimosse con mezzi fisici (24). Un regalo in più che questa piccola pianta dall’aspetto così umile e trasandato è in grado di offrire all’uomo e al mondo intero. 

Bibliografia

1. Di Domenico M (2008) Clandestini. Animali e piante senza permesso di soggiorno. Bollati Boringhieri, Torino: 178-181
2. Gonçalves S, Romano A (2016) The medicinal potential of plants from the genus Plantago (Plantaginaceae). Industrial Crops and Products 83:213-226, pp. 213, 223
3. Appendino G, Luciano R, Salvo R (2012) Flora urbica. Erbe di città. Erbe spontanee su marciapiedi, muri, bordi strade nelle città. Volume primo: Erbe commestibili, medicinali, tossiche. Arabafenice, Boves: 170
4. Gademaier G, Eichhorn S, Vejvar E, Weilnböch L, Lang R et al (2014) Plantago lanceolata: An important trigger of summer pollinosis with limited IgE cross-reactivity. J Allergy Clin Immunol 134:2:475.e5
5. Kreitschitz A, Kovalev A, Gorb SN (2016) “Sticky invasion” – the physical properties of Plantago lanceolata L. seed mucilage. Beilstein J Nanotechnol 7:1918-1927
6. Mitich LW (1987) White Man’s Foot: Broadleaf Plantain. Weed Technology 1:3:250-251
7. È Plinio il Vecchio a darcene notizia: Naturalis Historia 25.80
8. Mitich LW (1987) op cit
9. Dürer A (1503), La grande zolla (Das große Rasenstück). Vedi immagine in apertura articolo.
10. Atto primo, scena seconda.
11. Dioscoride De materia medica 2.126
12. Columella De re rustica 6.33.2
13. Plinio il Vecchio, Naturalis Historia 25.80
14. Appendino G et al (2012) op cit: 170
15. Allen DE, Hatfield G (2004) Medicinal Plant in Folk Tradition. An Ethnobotany of Britain & Ireland. Timber Press, Portland – Cambridge: 247-248
16. Gonçalves S, Romano A (2016) op cit: 214
17. Ibidem
18. Ivi: 215
19. Hussan F, Haryani Osman Basah R, Rafizul Mohd Yusof M et al (2015) Plantago major treatment enhanced innate antioxidant activity in experimental acetaminophen toxicity. Asian Pacific Journal of Tropical Biomedicine 5:9:728-732
20. Riva E (2011) L’universo delle piante medicinali. Trattato storico, botanico e farmacologico di 400 piante di tutto il mondo. Tassotti Editore, Bassano (19951):246
21. Per una rassegna degli effetti di Piantaggine (P. major, nello specifico): WHO (2010) WHO monographs on medicinal plants commonly used in the Newly Independent States (NIS). WHO Press, Geneva: 318-322
22. WHO (1999) WHO monographs on selected medicinal plants. Vol.1 WHO Press Geneva:208-209
23. Romeh AA, Khamis MA, Metwally SM (2016) Potential of Plantago major L. for Phytoremediation of Lead-Contaminated Soil and Water. Water Air Soil Pollut 227:9
24. Chaibakhsh N, Ahmadi N, Zanjanchi MA (2014) Use of Plantago major L. as a natural coagulant for optimized decolorization of dye-containing wastewater. Industrial Crops and Products 61:169-175

L’attuazione del Protocollo di Nagoya in Europa: Il Regolamento ABS

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Il 9 giugno 2014, è entrato in vigore il Regolamento (UE) n.511/2014 “sulle misure di conformità per gli utilizzatori risultanti dal protocollo di Nagoya relativo all’accesso alle risorse genetiche e alla giusta ed equa ripartizione dei benefici derivanti dalla loro utilizzazione nell’Unione” (anche “Regolamento ABS”). Il Regolamento ha la finalità di attuare in modo uniforme nel territorio europeo una parte del Protocollo di Nagoya sull’accesso alle risorse genetiche e sulla giusta ed equa condivisione dei benefici derivanti dal loro utilizzo, in particolare il c.d. “user compliance pillar”. Con questa espressione si usa identificare l’insieme di regole del Protocollo che obbligano gli Stati parte a definire misure (leggi, norme amministrative ed altro) per garantire che gli utilizzatori che operano nell’ambito della rispettiva giurisdizione rispettino le norme sull’accesso dei Paesi fornitori. Il Regolamento si rivolge agli “utilizzatori” di risorse genetiche e di conoscenze tradizionali associate alle risorse genetiche, ovvero a “qualsiasi persona fisica o giuridica che utilizza risorse genetiche o conoscenze tradizionali associate alle risorse genetiche” (art. 3, par. 4 Regolamento ABS), indipendentemente dalle rispettive dimensioni o dall’uso cui sono destinate le risorse (commerciale o non commerciale). Il Regolamento ABS definisce “utilizzo” qualsiasi “attività di ricerca e sviluppo sulla composizione genetica e/o biochimica delle risorse genetiche, anche attraverso l’applicazione della biotecnologia”, riprendendo la definizione data dal Protocollo di Nagoya (art. 2 lett. c).

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Come si intuisce, il Regolamento ABS si rivolge a una platea molto ampia di destinatari che operano nel mondo della ricerca scientifica e accademica, in quello della conservazione (orti botanici, banche genetiche, collezioni…), e – nell’ambito della produzione e del mercato – nei settori biotecnologico, farmaceutico, cosmetico, agro alimentare, sementiero, zootecnico, dell’itticoltura, del biocontrollo e dei biostimolanti, della floricoltura, del vivaismo …

In tutti questi ambiti il Regolamento va a spiegare i suoi effetti nelle varie attività che si dipanano lungo tutta la catena di valore dei possibili “utilizzi” di risorse genetiche di origine vegetale, animale e microbica: dal “reperimento” e l’apprensione materiale della risorsa genetica, fino allo sviluppo finale del prodotto. È opportuno premettere che il Regolamento e il Protocollo di Nagoya si applicano solo laddove sia svolta un’attività di ricerca e sviluppo: non sono soggetti, quindi, alla disciplina dell’ABS il commercio e l’impiego di una risorsa genetica quale “bene di consumo” (“commodity”), come ad esempio l’importazione di un prodotto destinato al consumo diretto o di un materiale usualmente incorporato come ingrediente in un prodotto (ad esempio il burro di karitè in un cosmetico, laddove le proprietà del composto biochimico siano già note e non sia condotta alcuna attività di R&S). L’ampiezza dell’ambito di applicazione del Regolamento e la genericità della terminologia utilizzata dal legislatore europeo, ma anche dallo stesso Protocollo di Nagoya, hanno portato la Commissione Europea ad elaborare una serie di Documenti di orientamento per aiutare gli operatori nell’interpretazione dei basilari concetti di “risorsa genetica”, “derivato”, “conoscenza tradizionale”, “utilizzo”, “ricerca e sviluppo”, prevedendo anche specifiche linee guida focalizzate su ciascun settore di interesse. Questi Documenti di orientamento rappresentano un’utile guida per orientare l’utilizzatore nella interpretazione della normativa ABS e per adempiere al primo obbligo di “due diligence”, ovvero rispondere alla fondamentale domanda: l’attività che sto conducendo rientra nell’ambito di applicazione del Regolamento ABS e del Protocollo di Nagoya? Sono soggetto ai relativi obblighi? Il quadro normativo di fonte europea cui dobbiamo fare riferimento, per la specifica materia, è quindi, ad oggi composto da:

1. il regolamento (UE) n.511/2014, entrato in vigore il 9 giugno 2014 e applicabile in tutto il territorio dell’Unione europea dal 12 ottobre 2014; è prevista l’applicazione differita al 12 ottobre 2015, per gli articoli 4 (obblighi degli utilizzatori), 7 (monitoraggio della conformità dell’utilizzatore) e 9 (controlli sulla conformità dell’utilizzatore);

2. il regolamento di Esecuzione (UE) 2015/1866 della Commissione europea del 13 ottobre 2015, entrato in vigore il 9 novembre 2015, che dà una disciplina di dettaglio di alcune disposizioni del Regolamento ABS;

3. il “Documento di orientamento relativo all’ambito di applicazione e ai principali obblighi del regolamento (UE) n. 511/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio sulle misure di conformità per gli utilizzatori risultanti dal Protocollo di Nagoya relativo all’accesso alle risorse genetiche e alla giusta ed equa ripartizione dei benefici derivanti dalla loro utilizzazione nell’Unione” – 2016/C 313/01, pubblicato in G.U. dell’Unione Europea il 27 agosto 2016, che consiste in una serie di indicazioni elaborate dalla Commissione europea sull’ambito di applicazione del Regolamento;

4. Linee Guida verticali per settore (animal breeding, biocontrol and biostimulants, biotechnologies, cosmetics, food and feed, pharmaceuticals, plant breeding) sul concetto di utilizzo, in corso di elaborazione.

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I contenuti del Regolamento ABS

Il nucleo della disciplina regolamentare si articola su un doppio binario di regole, “impositive” da un lato e “facilitative” dall’altro, con lo scopo di garantire che gli utilizzi di risorse genetiche e/o conoscenze tradizionali ad esse associate nel territorio dell’Unione europea avvengano in conformità alle norme sull’ABS del Protocollo di Nagoya.

Regole impositive:

• obblighi di due diligence in capo agli “utilizzatori”;

• sistema di monitoraggio degli “utilizzatori”;

• controllo degli “utilizzatori”;

• previsione di sanzioni a carico degli utilizzatori inadempienti.

Regole facilitative

hanno lo scopo di agevolare e promuovere il rispetto dei suddetti obblighi di due diligence:

• istituzione di un Registro europeo delle collezioni di risorse genetiche ritenute “affidabili”, sotto il profilo della loro acquisizione, conservazione e gestione;

• istituzione di un sistema di riconoscimento di “best practices” elaborate ed applicate nei vari settori interessati coerenti agli scopi del Regolamento ABS.

La due diligence dell’utilizzatore

Il principale obbligo per gli utilizzatori previsto dal regolamento consiste nell’esercitare “la dovuta diligenza per accertare se l’accesso alle risorse genetiche […] che utilizzano sia avvenuto in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari applicabili in materia di accesso e di ripartizione dei benefici e che i benefici siano ripartiti in maniera giusta ed equa in base a termini reciprocamente concordati, in conformità delle disposizioni legislative o regolamentari applicabili” (art. 4 par. 1 Regolamento ABS). La due diligence si traduce innanzitutto nell’obbligo di “accertarsi”, attraverso una raccolta mirata ed analitica di informazioni, che la risorsa genetica in questione e/o la conoscenza tradizionale associata (ricadente nell’ambito di applicazione del Regolamento ABS) sia utilizzata sulla base di un PIC, o un analogo permesso rilasciato dal Paese fornitore, e di un MAT che preveda la ripartizione dei benefici.

L’esercizio della due diligence si estende poi all’obbligo di:

a) conservare tali informazioni (20 anni);

b) di trasferirle agli utilizzatori successivi ;

c) di attivarsi, nei casi in cui le informazioni possedute non risultino “sufficienti o persistano incertezze circa la legalità dell’accesso e dell’utilizzazione”, per rimediare a tali carenze, ottenendo il relativo PIC (o documento equivalente) e stipulando il MAT;

d) di interrompere l’utilizzo, nei casi in cui non sia possibile rimediare all’insufficienza o all’incertezza delle informazioni possedute.

Le Linee Guida della Commissione europea, di recente emanazione, precisano che “nello specifico contesto del regolamento ABS, la conformità all’obbligo di dovuta diligenza dovrebbe garantire che le informazioni necessarie relative alle risorse genetiche siano disponibili lungo tutta la catena di valore dell’Unione” (par. 3.1.).

Il monitoraggio dell’utilizzatore: i check-point e la c.d. “dichiarazione di due diligence

In base a questo complesso di regole, gli utilizzatori sono obbligati a presentare, in alcuni specifici momenti nel corso delle varie fasi della filiera (che vanno dallo stadio della “ricerca” a quello finale della commercializzazione di un prodotto), ad autorità specifiche individuate dagli Stati Membri (c.d. “Check-point”), una “dichiarazione”, con la quale dimostrino di ottemperare e/o di avere ottemperato agli obblighi di due diligence (la c.d. “dichiarazione di due diligence”). La dichiarazione di due diligence deve essere resa compilando un apposito modello allegato al regolamento di esecuzione (UE) 2015/1866 (All.II, Parte A e Parte B) e ha ad oggetto le informazioni reperite e conservate dall’utilizzatore a norma dell’art. 4 Regolamento ABS. Il meccanismo europeo di monitoraggio si articola su due livelli, che corrispondono alla suddivisione ideale in due fasi dell’intera “catena di valore” delle attività di ricerca e sviluppo nei vari settori interessati dall’ABS:

a) una fase “upstream”, che comprende attività di ricerca di base sulle risorse genetiche e/o sulle conoscenze tradizionali associate, sostenuta usualmente da finanziamenti pubblici e/o privati, i cui attori principali appartengono alla realtà accademica e della ricerca;

b) una fase “downstream”, che comprende il complesso delle attività di ricerca, di base e applicata, di sviluppo, produzione e commercializzazione del prodotto finito, i cui attori appartengono prevalentemente al mondo produttivo e industriale.

Nella fase upstream, gli utilizzatori “beneficiari di finanziamenti alla ricerca che implica l’utilizzazione di risorse genetiche e di conoscenze tradizionali associate” sono obbligati a presentare – in alcuni specifici momenti della ricerca finanziata – una dichiarazione di due diligence, su richiesta dello Stato membro o della Commissione europea, al check-point all’uopo designato.

Nella fase downstream dell’utilizzo, invece, il monitoraggio degli obblighi di due diligence si colloca temporalmente nella “fase finale dello sviluppo di un prodotto”: al verificarsi del primo tra una serie di eventi, identificati dall’art. 6, par. 2 regolamento di esecuzione (UE) 2015/1866, l’utilizzatore è obbligato a presentare al check-point, identificato dallo Stato membro, la dichiarazione di due diligence. Per la trasparenza del sistema ABS le informazioni acquisite dai check-point sono trasmesse all’ABS Clearing-House per la loro pubblicazione e, laddove richiesto dalle circostanze, alle autorità nazionali competenti del Paese fornitore.

Le disposizioni sul monitoraggio del Regolamento ABS prevedono particolari cautele nella trasmissione delle informazioni rilevanti per la tutela della riservatezza delle informazioni commerciali o industriali.

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La violazione degli obblighi di due diligence dell’utilizzatore: i controlli e le sanzioni

Il Regolamento ABS prevede un sistema di controlli e di sanzioni in caso di violazione degli obblighi di due diligence. Con riguardo a questi aspetti il Regolamento impone agli Stati membri di adottare specifiche norme di implementazione. L’articolo 9, infatti, prescrive agli Stati membri di adottare controlli “efficaci, proporzionati e dissuasivi” rispondenti a requisiti minimi ivi descritti. Si evidenzia che i controlli possono prevedere verifiche presso le sedi degli utilizzatori e possono includere l’esame delle misure, protocolli e procedure interne di due diligence adottate, di registri e documentazione rilevante, delle dichiarazioni di due diligence eventualmente presentate. In caso di “carenze” e a seconda della loro gravità, possono essere adottate “misure o interventi correttivi” da parte dell’Autorità competente, “misure provvisorie immediate”, ovvero “sanzioni” quando siano riscontrate violazioni agli obblighi di due diligence. Con riguardo a quest’ultimo aspetto, il legislatore europeo richiede a ciascuno Stato membro di prevedere un sistema di sanzioni “efficaci, proporzionate e dissuasive […] da applicare in caso di violazione degli articoli 4 e 7” e di adottare “tutte le misure necessarie per assicurarne l’applicazione”.

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Le regole facilitative della compliance al Regolamento ABS: il Registro europeo delle Collezioni e il riconoscimento europeo di “best practices” dell’ABS 

Il Regolamento prevede l’istituzione di un Registro europeo delle collezioni di risorse genetiche ritenute “affidabili”, sotto il profilo della loro acquisizione, conservazione e gestione. Gli utilizzatori che acquisiscono risorse genetiche da una collezione inclusa (interamente o parzialmente) in tale Registro sono considerati ottemperanti rispetto all’obbligo di dovuta diligenza per quanto riguarda la ricerca delle informazioni relative alle risorse ottenute da tale collezione (la parte pertinente inclusa nel registro). L’articolo 8 del Regolamento ABS istituisce un sistema di riconoscimento di “best practices(“pratiche”, “procedure interne”, “codici di condotta” “modelli di clausole contrattuali standard”) elaborate dalle Associazioni di utilizzatori (Associazioni di categoria o altre parti interessate) ed applicate nei vari settori interessati coerenti agli scopi del Regolamento ABS. L’attuazione di best practices riconosciute da parte di un utilizzatore riduce il rischio di non conformità dello stesso utilizzatore e, secondo quanto stabilisce lo stesso Regolamento, “giustifica una riduzione dei controlli di conformità” (Considerando 24) Premesse). Il regolamento (UE) di esecuzione n. 2015/1866 raccomanda anche alle Autorità competenti degli Stati membri di tenere in debito conto, nel monitorare la conformità dell’utilizzatore, dell’efficace attuazione di migliori prassi riconosciute da parte degli utilizzatori (Considerando n. 2).

L’implementazione del Regolamento ABS negli Stati membri

Il Regolamento, per essere efficacemente e pienamente attuato nel territorio dell’Unione, richiede da parte degli Stati Membri l’adozione di alcune specifiche misure, ovvero:

a) la designazione delle Autorità competenti ABS “responsabili dell’applicazione del Regolamento”;

b) la designazione dei Checkpoint (autorità deputate alla fase del monitoraggio);

c) l’adozione di un sistema di controlli per le Collezioni registrate e gli utilizzatori;

d) l’adozione di un quadro sanzionatorio per la violazione degli obblighi regolamentari.

L’Italia non ha ancora adottato alcuna misura legislativa di implementazione del Regolamento ABS, ponendosi in ritardo rispetto alla maggior parte dei Paesi europei che hanno in larga parte già adempiuto a questi obblighi (tra i quali, ad esempio, Danimarca, Finlandia, Francia, Spagna, Germania, Gran Bretagna, Ungheria). Uno schema di disegno di legge sulla ratifica ed attuazione del protocollo di Nagoya e sull’adeguamento in ambito nazionale di quanto disposto dal regolamento ABS UE n. 511/2014, è attualmente in corso di esame e discussione interministeriale. Nell’attesa della piena attuazione da parte dell’Italia del Regolamento ABS, è opportuno che i potenziali destinatari del Regolamento, che operano nel nostro Paese, si attivino per prendere consapevolezza dei nuovi obblighi di fonte comunitaria e internazionale, per determinare il livello di esposizione al rischio di “non compliance” con la normativa ABS per la propria attività e adottare le indispensabili cautele nella gestione di questi rischi. L’attuale assenza di uno specifico quadro sanzionatorio per la violazione del Regolamento non può essere considerato un elemento sufficiente per ritenersi esonerati dagli obblighi in materia di ABS. Molti Paesi fornitori di risorse genetiche, infatti, Parti del Protocollo di Nagoya (e anche non ancora Parti del Protocollo) hanno adottato da anni normative sull’accesso, la cui violazione espone il trasgressore a pesanti conseguenze sul piano sanzionatorio e di immagine. Inoltre, molte procedure di rilascio di autorizzazioni o di notifica per l’immissione al commercio di prodotti nel territorio europeo, come pure di finanziamento di attività di R&S, sono accentrate presso organi UE, che richiederanno agli interessati la specifica dichiarazione di “due diligence”, indipendentemente dallo stato della implementazione della nostra normativa nazionale. Ed ancora, nel caso in cui la propria attività (che comprenda R&S su risorse genetiche e conoscenze tradizionali associate) si collochi in uno specifico segmento della filiera produttiva per la messa in commercio di uno specifico prodotto, essere adempienti rispetto alla normativa ABS ed informati sulle sue implicazioni rappresenta sicuramente un requisito indispensabile e dirimente, in termini di competitività nel proprio settore di riferimento.

per contatti con l’autore: v.veneroso@anello.it

La ricerca della tranquillità

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L’utilizzo di derivati naturali di estrazione vegetale per contrastare stati di ansia, depressione, insonnia e simili disagi si perde nella notte dei tempi, ma è tuttora un popolare rimedio nelle situazioni in cui fatica e ansietà devono essere contrastate. Il ricorso a sostanze naturali ad azione calmante o stimolante si presenta, nel complesso, meno compromettente nei confronti di un naturale equilibrio fisiologico, rispetto a quello dell’uso di farmaci di sintesi. È di uso generalizzato ed antichissimo il ricorso agli estratti di piante conosciute per la loro azione ansiolitica, rilassante e in questo caso la forma di utilizzo più ricorrente è certamente quella dell’infuso. I tradizionali infusi ottenuti in genere da parti essiccate (ma anche fresche, appena colte) di queste erbe sono particolarmente indicati in sindromi ansiose non gravi, e si sono rivelati efficaci soprattutto ai fini di conciliare il sonno, per la loro azione sedativa nel trattamento di insonnia e anche di cefalea. La particolare composizione dell’associazione di ingredienti attivi degli estratti utilizzati consente una somministrazione anche prolungata, senza comparsa di indesiderati effetti collaterali spesso riscontrabili con l’uso, specialmente per lunghi periodi, di farmaci di sintesi. Infatti, il farmaco ansiolitico può ridurre ed anche in modo estremamente efficace i sintomi dell’ansia, ma il suo effetto è temporaneo, per cui l’esigenza di ulteriore assunzione può, oltre che creare disturbi, anche sfociare in una vera e propria forma di dipendenza.

Gli ansiolitici da piante

Non può sorprendere, quindi, l’interesse universale nella ricerca di ansiolitici naturali, cioè estratti da piante, veramente efficaci che possano utilizzarsi in alternativa a farmaci specifici, con la garanzia di una maggiore sicurezza di impiego, senza rischio dell’insorgere di effetti avversi, controindicazioni, assuefazione. Uno dei problemi, se così possiamo chiamarlo, correlato all’impiego di erbe nel contrastare stati di ansia è che gli estratti, nella quasi totalità dei casi, contengono un numero illimitato di componenti, per cui non sempre è facile distinguere e localizzare tra questi quale (o quali) sono quelli veramente efficaci ai fini dello sviluppo di effetto ansiolitico. La moderna ricerca scientifica si è preoccupata, e si sta occupando, anche di questa problematica ed ormai sono ben noti, e di volta in volta spesso identificati nei vari estratti, i componenti attivi a questi fini, quali flavonoidi, fenilpropanoidi, acidi fenolici, ed in particolare alcaloidi e oli essenziali che caratterizzano la funzionalità degli estratti della pianta. Tali molecole possono, di volta in volta, da pianta a pianta, operare secondo diversi meccanismi di azione tra cui, in particolare, quello legato alla via dei GABA-recettori ed a quello della inibizione di enzimi che possono degradare monoammine come serotonina. Non è escluso, comunque, che certi principi attivi possano sviluppare una loro specifica attività atipica od una azione sinergica complementare, integrativa a quella di farmaci di sintesi. La tabella acclusa alla fine del testo elenca un certo numero di piante di cui abbiamo reperito utile documentazione in letteratura circa loro funzionalità ansiolitica, antidepressiva. In tabella abbiamo segnato anche, ove reperiti, i principi attivi che gli autori delle varie ricerche hanno creduto di poter identificare come principali responsabili degli effetti richiesti.

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Le piante a funzione ansiolitica

In questo capitolo porteremo una descrizione più dettagliata delle piante più note e che oggi risultano maggiormente impiegate in preparati terapeutici ed integratori alimentari per combattere stati di ansietà. Per non sbilanciarci in preferenze, abbiano ritenuto opportuno elencarle in ordine alfabetico.

Schermata 2017-07-24 alle 16.15.03Calendula

Per quanto nella medicina popolare tradizionale siano ascritte proprietà ansiolitiche agli estratti da Calendula (Calendula officinalis L.), pure considerata a questi fini anche nella medicina ayurvedica, sono di data recente ricerche che ne hanno confermato scientificamente validi requisiti. Estratti metanolici ed acquosi da parti aeree della pianta, valutati in vari dosaggi (test su topini) hanno rivelato una attività ansiolitica, antispasmodica già quando utilizzata a dosaggio di 100 mg/kg pc, con un effetto, a queste condizioni, paragonabile a quello di diazepam (2 mg/kg). Screening fitochimico ha confermato che l’effetto indotto è da attribuirsi alla presenza nella droga delle parti aeree della pianta di alcaloidi e polifenoli.

Schermata 2017-07-24 alle 16.15.24Camomilla

L’attività ansiolitica, calmante, ipnotica della Camomilla (Matricaria chamomilla L.) è universalmente e scientificamente nota e declamata da tempi immemorabili. Per quanto concerne la sua azione conciliante il sonno, la sua assunzione sotto forma di infuso riduce i tempi di latenza della fase di addormentamento e prolunga il periodo di sonno, riducendo anche l’attività motoria. Anche in questo caso, gli studi più recenti assimilano l’azione ansiolitica e ipnoinducente ad un’azione simile a quella svolta dalle principali categorie di farmaci tradizionalmente impiegati nel trattamento di disturbi ansiogeni: le benzodiazepine. Gli attivi della droga (crisina, apigenina) si legano ai recettori GABA, così come possono avere influenza su altri neurotrasmettitori come le monoammine (dopamina, serotonina).

Centella asiatica

Sono numerose le referenze reperibili in letteratura anche per Centella asiatica L., circa le sue proprietà ansiolitiche e miglioranti le funzioni cognitive. Questi autori non fanno che supportare teorie della dottrina ayurvedica, decisa sostenitrice delle proprietà ansiolitiche di questa pianta. Tale funzione viene attribuita per buona parte alla ricca frazione triterpenica della droga della pianta. Asiaticoside di questi triterpeni si ritiene sia quello più abbondante ed anche il più attivo, ma non è da escludere che possano essere altri componenti della droga ad agire in azione sinergica ai triterpeni incrementandone l’attività.

Gelso bianco

Con funzione ansiolitica, si è potuto verificare che al test HBT (Hole Board Test), un metodo sperimentale utilizzato per valutare livelli di ansietà, stress, emotività e neofilia, il trattamento del soggetto con estratti di Gelso bianco (Morus alba L.) fornisce risultati paragonabili a quelli con trattamento con farmaco specifico (diazepan). Secondo alcuni ricercatori, l’attività ansiolitica degli estratti da Gelso è da ascrivere alla funzione di un agente steroideo della droga.

Ginkgo biloba

Ginkgo biloba (Ginkgo biloba L.) è certamente una delle più antiche piante che forniscono principi attivi da considerarsi “cibi per la mente”. Suoi estratti vengono infatti utilizzati contro una grande varietà di disordini mentali, per aumentare la funzione mnemonica e migliorare in genere il funzionamento della mente. L’effetto ansiolitico-simile accreditato agli estratti della pianta è da attribuirsi ad una serie di terpenoidi presenti nella droga, i ginkgolidi (ginkgolide-A, B,C e bilobalide). Si è potuto verificare che tra i quattro, quello che è in grado di sviluppare la maggiore attività ansiolitica a seguito di somministrazione di preparati che lo contengono, è il ginkgolide-A, che agisce al meglio dopo almeno cinque giorni di trattamento.

Griffonia

Griffonia simplicifolia, una pianta africana, un legume, è stata di recente classificata tra le piante ad attività ansiolitica. Le proprietà terapeutiche di questa pianta sarebbero da attribuire al fatto che nella sua droga si ritrova 5-idrossitritopfano (un derivato del triptofano); la molecola agisce nel nostro organismo da precursore della sintesi della serotonina. Serotonina, una triptammina, è un neurotrasmettitore sintetizzato nel sistema nervoso centrale e principalmente coinvolto nella regolazione dell’umore e del sonno (oltre che dell’appetito). Estratti di Griffonia sembra siano in grado di aumentare la quantità di serotonina in circolo.

Kava

Anche a questa pianta (Piper methisticum) della famiglia delle Piperaceae (come il Pepe nero), sono riconosciute proprietà sedative, ansiolitiche, miorilassanti, anestetizzanti, ampiamente documentate in letteratura con studi preclinici e clinici, meta-analisi, revisioni sistematiche. Si ritiene che i principi attivi della droga efficaci a tali fini siano rappresentati da una serie di kavalattoni (kavaina, diidrokavaina, metisticina, diidrometisticina). Il meccanismo biochimico che spiega la funzione ansiolitica è da identificarsi nella formazione di un legame di questi componenti con i recettori GABA di tipo A ed anche con inibizione di monoammina-ossidasi. Ricordiamo che tra le monoammine c’è serotonina, che ha effetto antidepressivo. Preparati a base di tale droga sembra non ingenerino pericolosa assuefazione e pertanto siano sicuri, con l’esplicarsi di una efficacia esaltante la funzione inibitoria del GABA, paragonabile a quella delle benzodiazepine. Peraltro, vale la pena ricordarlo, ultimamente sono state evidenziate le avvertenze contrarie all’impiego di tale droga in quanto epatotossica. 

Schermata 2017-07-24 alle 16.15.51Lavanda

Per la Lavanda (Lavandula officinalis L.), studi recenti hanno individuato proprietà sedative ed ansiolitiche, così come ne è stata confermata la positiva influenza su soggetti sia sani, sia su pazienti affetti da demenza senile e con manifestazioni di agitazione psicomotoria. In vari studi si è cercato di verificare l’influenza di stimolazione olfattiva dell’olio essenziale e come il sistema serotonergico sia coinvolto nell’effetto ansiolitico, quando inalato. Come per altri oli eterei, anche quello di Lavanda esplicherebbe la sua attività anti-ansietà con un meccanismo di azione diverso da quello GABA-benzodiazepine.

Loto sacro

Anche una pianta acquatica come il Loto sacro (Nelumbo nucifera Gaertner) è da annoverare nella categoria di piante ad attività ansiolitica. I vari autori che ne hanno verificata e confermata la funzione anti-ansietà, sedativa, ipnotica, sono concordi nell’affermare che essa è da ritenersi attribuibile alla frazione in alcaloidi (nelumbina, metarbina) della droga della pianta. Così come si dà per certo che induce l’effetto sedativo-ipnotico in ragione dell’incrementato livello di GABA nel cervello, e che già a dosaggi di 20 mg/kg induce effetto ansiolitico-simile ed aumenta significativamente la concentrazione di serotonina e dopamina. Questi dati dimostrano che la frazione alcaloidica dell’estratto del Loto esercita un’azione sedativa-ipnotica ed effetto ansiolitico, via legami ai recettori GABA ed attivazione del sistema monoaminergico.

Melissa

È questa un’altra pianta cui la pratica centenaria e la letteratura botanica e scientifica in genere riconoscono proprietà antistress ed ansiolitiche. Anche gli estratti di Melissa (Melissa officinalis L.), per queste loro specifiche proprietà, sono da considerarsi utile e sicura alternativa all’impiego di farmaci ansiolitici di sintesi. L’induzione di rilassamento nelle condizioni di stress, senza provocare compromissione di performance intellettuali e cognitive, è un’altra delle importanti prerogative attribuibili a questa pianta nota sino dai tempi più antichi. Melissa, rispetto ad altre piante utilizzate allo scopo, sembra essere quella che mostra il più elevato potenziale inibente GABA-transaminasi, l’enzima responsabile della degradazione del GABA. Ulteriori dati confermerebbero che l’acido rosmarinico è il componente della frazione attiva della pianta da considerarsi quale maggiore interferente ai fini di tale attività. Dati sperimentali riferiscono di un potenziale inibente del 40% di stress da parte di un estratto da Melissa titolato in acido rosmarinico, già ad un minimo dosaggio di 100 μg/mL.

Schermata 2017-07-24 alle 16.29.19Melograno

Al succo estratto dal frutto del Melograno (Punica granatum L.) si ascrive un’attività anti-ansietà. Gli studi fatti hanno dimostrato che il meccanismo di azione della droga della pianta è sicuramente da ascrivere ad un comportamento correlato alla funzione del GABA, come quello delle benzodiazepine. Ciò non toglie che la presenza di numerosi principi attivi nella droga (flavonoidi, saponine, tannini, steroli, polifenoli, ecc.) possa avere una sua interferenza e qualcuno di questi ingredienti attivi possa agire per suo conto in funzione di una sua particolare specifica funzionalità anche nel confronto di disturbi correlati al sistema nervoso centrale.

Noce moscata

Della Noce moscata (Myristica fragrans Houttuyn) è nota un’attività anti-ansietà. Nella droga della pianta, oltre un ricco olio essenziale (canfene, limonene, pinene…), è anche presente un fenilpropanoide, la miristicina, e pare sia proprio questo composto il “motore” più importante che muove il meccanismo di azione della droga della pianta. La miristicina non agisce come modulatore dei recettori del GABA ma riduce comunque lo stato di ansia. Anche se non ne è stato determinato appieno il vero meccanismo di azione, si ritiene che questo fenilpropanoide agisca su altri siti recettori del sistema nervoso, oltre a quelli correlati alla funzione del GABA, modulandone la funzione ed inducendo, quindi, ansiolisi.

Noni

Per noi Noni, botanicamente Morinda citrifolia, è una pianta indiana cui sono riconosciute varie proprietà farmacologiche, in particolare analgesiche, antinfiammatorie, antiossidanti. Recenti ricerche ne hanno validato una azione sui recettori del sistema nervoso centrale ed illustrata una attività ansiolitica, sedativa, ipnotica, sviluppabile secondo il meccanismo tipico di azione delle benzodiazepine, coinvolgente cioè i recettori del GABA.

Schermata 2017-07-24 alle 16.29.35Passiflora

Anche della Passiflora (Passiflora incarnata L.), con studi in vivo su animali, sono state confermate le qualità ansiolitiche, sedative ed ipnoinducenti, così come sono stati rilevati indubbi benefici sulla qualità del sonno e sui livelli di ansia a seguito di sua assunzione. Relativamente all’efficacia anti-ansietà e sedativa degli estratti della pianta si ritiene che i componenti della droga attivi a questo fine siano da identificarsi in flavonoidi (vitexina, isovitexina, orientina) che si legano con i recettori del GABA, inibendo l’attività dell’enzima che lo demolisce. Numerosi studi hanno fatto notare che l’attività della Passiflora riducente stato di ansia non induce sedazione o cambi nelle funzionalità psicomotorie del paziente, così come presenta una assai bassa incidenza di disturbi di performance lavorativa, se paragonata agli effetti di benzodiazepine. Si è anche ipotizzato che la Passiflora, così come la Valeriana, possano concorrere ad aumentare l’attività inibitoria delle benzodiazepine, legandosi con i recettori GABA e promuovendo un marcato effetto complementare. In sede europea si consiglia di usarla, nel caso di agitazione nervosa, in dosaggi da 4 a 8 g nelle preparazioni. Nella sua forma di impiego la si ritrova sminuzzata per la preparazione di infusi o altre formulazioni galeniche per uso interno. La Passiflora è nota anche per favorire il rilassamento muscolare, ha azione ansiolitica e risolve alcuni tipici sintomi stress-dipendenti, come la contrattura muscolare delle spalle e del rachide cervicale, facilitando condizioni di rilassamento fisico e psichico.

Pompelmo

Sono di recente data vari studi atti a verificare e validare la funzione anti-ansietà degli estratti del Pompelmo (Citrus paradisi). La funzione ansiolitica degli estratti dal frutto della pianta è stata attribuita al loro contenuto in flavonoidi. Infatti, in altri studi è stato dimostrato che glucosidi quercitrina e isoquercitrina sviluppano un effetto sedativo sul sistema nervoso centrale (test su topini). Test fitochimici su estratti di Pompelmo hanno rivelato presenza di flavonoidi e loro glucosidi, saponine, steroidi. Un possibile meccanismo di azione di tale estratto potrebbe essere quello che prevede legame di questi fitochimici ai recettori GABA o al complesso GABA-benzodiazepine. A parte il Pompelmo, riferimenti bibliografici relativamente a loro proprietà ansiolitiche, psicorilassanti, ecc. sono largamente reperibili per le numerose varietà della specie Citrus, dall’aurantium al limon, dal medica, al grandis, ecc., vale a dire per la maggior parte dei più tipici agrumi. Loro estratti, ed in particolare il loro olio essenziale, sono presentati come valide alternative all’uso di ansiolitici di sintesi. Vengono loro riconosciute proprietà ansiolitiche, ipnotiche, sedative, concilianti il sonno. 

Pratolina

Anche un grazioso piccolo fiore primaverile del prato, la Pratolina, o Margheritina (Bellis perennis), è da citare tra le piante a funzione ansiolitica. La detta funzionalità della pianta è validata da studi e positiva utilizzazione da decenni. Relativamente ai meccanismi di azione di questa pianta sono state riferite diverse interessanti considerazioni. In relazione al suo contenuto in vari principi attivi, da flavonoidi a composti fenolici, da alcaloidi a steroli ed altro, la funzionalità antidepressiva ed ansiolitica dei preparati potrebbe essere influenzata dalla presenza e specifica attività di uno o più di questi ingredienti o di una loro azione sinergica ed esplicarsi quindi, secondo un diverso meccanismo di azione. 

Rovo

Pure del Rovo (Rubus fruticosus L.), meglio noto come Mora, un comunissimo frutto del bosco, sono state studiate e valutate varie attività di ordine neurologico, come ansiolitica, muscolo-rilassante, antidepressiva, sedativa. Per gli estratti di questa pianta alcuni tra gli studi più probanti hanno evidenziato una accertata funzione ansiolitica e antidepressiva e, per contro, un minore effetto sedativo e muscolo-rilassante. La loro attività, dovuta a triterpeni, steroli, glucosidi ed antocianine, è risultata essere dose-dipendente. Una osservazione interessante di vari autori, relativamente all’impiego di estratti di questa pianta in campo terapeutico, è quella di considerare la loro elevata attività antinfiammatoria ed immunomodulante, tale da farne, anche nel caso di utilizzazione in campo neurologico, ingredienti di base assai sicuri, oltre che efficaci.

Valeriana

Un’altra pianta a marcato effetto sedativo, ansiolitico, è la ben nota Valeriana (Valeriana officinalis L.). Gli estratti della pianta sono da considerarsi tra i rimedi erboristici più utilizzati da sempre, negli stati d’ansia e nei casi di insonnia. A buona ragione, la Valeriana figura tra le piante più conosciute come “amiche del sonno”. Sono alcuni componenti della droga della pianta che, provocando rilassamento muscolare, facilitano l’induzione del sonno senza lasciare, peraltro, sensazione di torpore o intontimento, manifestazioni che spesso accompagnano assunzione di farmaci specifici. Anche nel caso della Valeriana la maggior parte delle ricerche sul suo meccanismo di azione riferiscono che sia da attribuirsi all’inibizione dell’enzima riduttore del GABA, lo ripetiamo, mediatore chimico coinvolto in meccanismi di eccitabilità neuronale, del rilassamento e dell’induzione del sonno. Secondo vari autori l’impiego in associazione di estratti di Valeriana e Melissa consente di ottenere preparati a funzione calmante, sedativa, paragonabile a quella di benzodiazepine, ad esempio nella induzione del sonno. Interessante e curioso, a nostro avviso, il rapporto di altri ricercatori relativo ai risultati ottenibili a fini inibenti antistress, utilizzando combinazioni degli estratti di Valeriana e di Melissa. Si riferisce in merito, infatti, che utilizzando i due componenti in associazione a basso dosaggio di entrambi, si verifica un significativo abbattimento dello stato di stress, mentre un dosaggio maggiorato porterebbe ad un peggioramento della situazione (aumentato stato di stress).

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Tecniche erboristiche, nutrizione

Si rinnova l’offerta formativa delle Università Italiane dei Corsi di Laurea inerenti le scienze e tecniche erboristiche e i prodotti naturali per la salute, l’alimentazione e la cosmesi. Le  sedi che già confermano l’attivazione dei corsi per l’anno accademico 2017-2018 presentano profili didattici in parte differenziati in alcuni aspetti: la denominazione e il conseguente peso e indirizzo di specifici contenuti, la strutturazione del corso in curricula, la proposta accanto ai corsi di indirizzo prevalentemente erboristico di altre lauree della stessa classe (L-29) dedicate alle scienze nutrizionali.

Presentiamo qui una rassegna delle proposte oggi presenti a livello nazionale, invitando tutti gli interessati a inviarci ulteriori informazioni – oltre che testimonianze dirette – di quella che a livello europeo resta la più significativa esperienza formativa in ambito accademico per il comparto delle piante officinali.


Università di Torino

Università degli Studi di Torino – Dipartimento di Scienza e Tecnologia del Farmaco

Tecniche Erboristiche

Docente di riferimento: Prof.ssa Patrizia Rubiolo

Sede: SAVIGLIANO (CN), Via Garibaldi 6

Obiettivi formativi specifici

L’obiettivo del corso di studi è quello di fornire ai laureati del corso di laurea in Tecniche Erboristiche le conoscenze teoriche e pratiche necessarie per operare nel settore erboristico, nell’esercizio di attività di riconoscimento, raccolta, lavorazione, trasformazione, confezionamento, commercializzazione all’ingrosso e al dettaglio e controllo di piante, loro parti e derivati.

Il laureato che si vuole formare conosce le droghe vegetali, i principi bioattivi in esse contenuti, il loro impiego, la stabilità, le tecniche di lavorazione; è in grado di eseguire le analisi utili al controllo. È preparato sulle norme deontologiche e legislative utili all’esercizio dei vari aspetti delle attività professionali in ambiti sia nazionali che internazionali. Acquisisce inoltre un’adeguata conoscenza della lingua inglese e di informatica.

Sbocchi occupazionali

In virtù delle competenze acquisite, il laureato in Tecniche Erboristiche può trovare occupazione presso erboristerie; farmacie/parafarmacie nel reparto erboristico, dietetico, cosmetico; aziende estrattive o formulative specifiche del settore erboristico; aziende specifiche del settore cosmetico naturale e/o biologico; Centri Antiveleni presso Aziende Ospedaliere per gli aspetti relativi agli avvelenamenti da piante, funghi e prodotti erboristici; Laboratori della Camera di Commercio e Laboratori A.R.P.A. dove si svolgano analisi di routine su prodotti alimentari e cosmetici in particolare a base vegetale; il controllo e la verifica dei prodotti erboristici presenti in commercio.


Schermata 2017-06-19 alle 17.37.50Università di Milano

Università degli Studi di Milano – Dipartimento di Scienze del Farmaco

Scienze e Tecnologie Erboristiche

Docente di riferimento: Prof.ssa Anna Arnoldi

Sede: MILANO, Via Balzaretti 9

Obiettivi formativi specifici

Il corso di laurea, in linea con quanto previsto dalla classe di riferimento, ha lo scopo di preparare laureati con conoscenze adeguate di base e applicate e competenze professionali nel settore delle scienze e tecnologie erboristiche e con le basi formative necessarie per l’accesso alle Lauree Magistrali, ai Corsi di Perfezionamento e ai Master di primo livello dell’area culturale di pertinenza.

Sbocchi occupazionali

Il laureato potrà trovare occupazione in attività relative al riconoscimento (inclusa l’individuazione di eventuali sofisticazioni o contaminazioni), alla raccolta e alla conservazione delle piante officinali; all’immagazzinamento, al controllo (analisi e dosaggi dei principi attivi), alla lavorazione (studio, progettazione, direzione, sorveglianza, conduzione dei processi di lavorazione), alla distribuzione (sia all’ingrosso che al dettaglio) e all’approvvigionamento delle piante officinali e dei loro derivati; alla conoscenza degli effetti biologici e tossicologici dei principi attivi delle piante officinali e dei prodotti finiti oltre che delle possibili applicazioni come prodotti ad uso salutistico (inclusi i settori dell’alimentazione e della cosmesi); alla gestione della loro qualità; alla conoscenza della legislazione e delle norme deontologiche del settore. Potrà anche offrire consulenze tecnico-scientifiche inerenti la vigilanza igienico-sanitaria delle piante officinali e dei loro derivati presso le Amministrazioni dello Stato (in particolare nei Ministeri della Sanità, delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, del Commercio ed Artigianato e delle Finanze).


Università di Padova

Università degli Studi di Padova – Dipartimento di Scienze del Farmaco

Scienze Farmaceutiche Applicate

Docente di riferimento: Prof. Eugenio Ragazzi

Sede: PADOVA, Via Marzolo 5

Obiettivi formativi specifici

Il corso di studio in Scienze farmaceutiche applicate mira a formare una figura professionale nel settore dei prodotti per la salute a base di piante officinali. Il percorso didattico associa a una solida preparazione di base nelle discipline chimiche, fisiche e biologiche, le specifiche competenze del settore delle Scienze erboristiche applicate alla filiera che comprende attività di gestione, controllo di qualità e sviluppo delle attività di produzione, trasformazione e commercializzazione delle piante officinali e dei loro derivati.

È previsto un periodo di tirocinio formativo obbligatorio che può essere svolto in industrie, aziende o enti esterni, sulla base di apposite convenzioni.

Sbocchi occupazionali

Il Laureato può svolgere compiti tecnici di gestione e controllo di coltivazione, raccolta, trasformazione, formulazione, controllo di qualità, confezionamento e commercializzazione di piante officinali con l’obiettivo del miglioramento, sia del prodotto sia del suo utilizzo, nonché svolgere il ruolo di tecnico per la tutela della flora relativa alle piante officinali spontanee e il controllo della loro raccolta presso le Amministrazioni della Regione e della Provincia. La sua attività professionale si svolge nelle erboristerie e farmacie con reparto erboristico, nelle aziende di produzione, ingrosso e importazione di piante officinali, imprese e laboratori di estrazione, trasformazione e controllo di materie prime di origine vegetale; aziende farmaceutiche che operano nella produzione di fitoterapici, prodotti omeopatici e integratori alimentari a base di piante officinali; settori per la promozione e pubblicizzazione di prodotti a base di materie prime di origine vegetale; strutture pubbliche e private interessate all’informazione sui prodotti a base di materie prime di origine vegetale.


Università di Bologna

Università degli Studi di Bologna – Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie

Scienze Farmaceutiche Applicate – Curriculum: Tecniche Erboristiche

Docente di riferimento: Prof. Ferruccio Poli

Sede: IMOLA, Via Garibaldi 24

Obiettivi formativi specifici

Il corso di studio in Scienze Farmaceutiche Applicate – curriculum Tecniche Erboristiche – è volto alla formazione di professionisti con competenze nell’area tematica dell’erboristeria. Grazie alle competenze acquisite nell’area tematica dell’erboristeria, il laureato in Scienze farmaceutiche applicate sarà in grado di operare a livello specialistico nei settori di trasformazione, formulazione, confezionamento, commercializzazione e controllo dei prodotti per la salute a base di piante officinali, garantendone la sicurezza d’uso a tutela della salute del consumatore. Il laureato in questo settore potrà anche operare nel campo agronomico nella produzione delle piante officinali ed avrà le conoscenze di base per gestire un’azienda di produzione.

Sbocchi occupazionali

Come libero professionista o lavoratore dipendente in erboristerie; farmacie e parafarmacie (come responsabile del reparto erboristico); punti di vendita di prodotti per la salute a base vegetale; industrie del settore erboristico, fitocosmetico e dietetico-alimentare (aziende di produzione o commercializzazione); laboratori, enti o organismi di controllo/certificazione di qualità di prodotti erboristici; attività di informazione scientifica per conto di aziende produttrici nell’ambito del settore; attività di consulenza presso laboratori erboristici e aziende di produzione o di commercializzazione riguardo alle notifiche degli integratori alimentari a base vegetale; settori per la promozione e pubblicizzazione dei prodotti a base di piante officinali e aromatiche; strutture del Servizio Sanitario Nazionale.


Schermata 2017-06-19 alle 17.38.14Università di Pisa

Università degli Studi di Pisa – Dipartimento di Farmacia

Scienze dei Prodotti Erboristici e della Salute

Docente di riferimento: Prof.ssa Alessandra Braca

Sede: PISA, Via Bonanno Pisano 6

Obiettivi formativi specifici

Il corso di studio offre conoscenze e competenze proprie del mondo del farmaco, dei dispositivi medici e dei prodotti per la salute generalmente intesi e si articola in tre anni, nel corso dei quali vengono impartiti insegnamenti e attività formative per un totale di 180 crediti. Il corso si avvale di insegnamenti teorici e pratici, con esercitazioni in laboratorio ed in campo. Il percorso didattico prevede 225 ore di tirocinio (pari a 9 CFU), elemento caratterizzante e qualificante del corso, da svolgere, su proposta dello studente, all’interno della sede universitaria o all’esterno (presso aziende, laboratori, enti di ricerca, istituzioni pubbliche nazionali o estere, anche nel quadro di accordi internazionali), allo scopo di dare allo studente conoscenze acquisite direttamente in ambito lavorativo. Le lezioni non prevedono obbligo di frequenza.

Il corso di laurea non prevede un numero programmato, anche se è previsto un test iniziale di autovalutazione, con l’obiettivo di verificare la preparazione iniziale dello studente.

Il programma del corso di studio proposto prevede un percorso comune e tre distinti curricula (con 39 CFU per ciascuno) a scelta dello studente (Scienze erboristiche, Informazione per la salute e Controllo di qualità) che consentono un approfondimento critico di argomenti specifici nei tre settori d’interesse.

Sbocchi occupazionali

Gli sbocchi professionali del laureato in Scienze dei prodotti erboristici e della salute includono la realizzazione, il controllo e il monitoraggio delle varie fasi di produzione dei farmaci, dei dispositivi medici e dei prodotti per la salute generalmente intesi. Il curriculum in Scienze Erboristiche prepara prevalentemente una figura professionale capace di realizzare la trasformazione, il controllo e il confezionamento di parti di piante e loro derivati, nonché integratori e prodotti erboristici con valenza salutistica.


Schermata 2017-06-19 alle 17.38.48Università di Urbino

Università degli Studi di Urbino Carlo Bo – Dipartimento di Scienze Biomolecolari

Scienza della Nutrizione

Docente di riferimento: Prof.ssa Wally Baffone

Sede: URBINO, Via Aurelio Saffi 2

Obiettivi formativi specifici

L’obiettivo del Corso di Laurea è formare figure professionali con conoscenze, capacità e competenze su: valore nutrizionale e composizione chimica degli alimenti, proprietà di alimenti, integratori e nutraceutici e controllo chimico e microbiologico degli alimenti. Il laureato acquisisce le competenze necessarie per svolgere attività professionale in diversi ambiti di applicazione: controllo di qualità degli alimenti; informazione sui prodotti di interesse nutrizionale; attività di supporto tecnico al personale operante in strutture sanitarie e/o salutistiche su valore nutrizionale e composizione chimica di alimenti, integratori e nutraceutici; indagini volte alla raccolta di informazioni sulle abitudini alimentari e alla messa a punto di politiche di educazione alimentare.

Sbocchi occupazionali

Il Corso prepara alla figura professionale di “Tecnici dei prodotti alimentari”. Il laureato: svolge attività di controllo di qualità degli alimenti tramite esecuzione di indagini chimiche e microbiologiche su prodotti dietetici e nutrizionali; svolge attività di informatore sulla natura e sull’impiego di formulazioni dietetiche particolari, nutraceutici e integratori alimentari per conto di aziende produttrici e/o distributrici; opera in regime di dipendenza a supporto del personale medico in strutture sanitarie e/o salutistiche; opera all’interno di Enti Pubblici o Privati preposti all’educazione alimentare e allo studio dei problemi nutrizionali a più alta incidenza nella popolazione.


Università di Camerino

Università degli Studi di Camerino – Scuola di scienze del farmaco e dei prodotti per la salute

Informazione Scientifica sul Farmaco e Scienze del Fitness e dei Prodotti della Salute – Curriculum Scienze del Fitness e Prodotti della Salute

Docente di riferimento: Prof. Francesco Amenta

Sede: CAMERINO, Piazza dei Costanti

Obiettivi formativi specifici

Il laureato al termine degli studi possiede conoscenze di base di chimica, biologia, matematica, fisica e informatica, materie propedeutiche all’apprendimento delle materie professionalizzanti.

Il Corso di Laurea triennale si articola in due curricula: Il curriculum in Scienza del Fitness e Prodotti per la Salute è finalizzato all’uso corretto dei prodotti della salute per il mantenimento del benessere psicofisico.

Sbocchi occupazionali

Il Laureato in Informazione Scientifica sul Farmaco e Scienze del Fitness e dei Prodotti della Salute – curriculum Scienza del Fitness e Prodotti per la Salute può utilizzare nell’ambito di palestre, gruppi sportivi e centri di benessere le competenze professionali di natura multidisciplinare finalizzate a sviluppo e mantenimento del benessere psicofisico.


Università di Roma

Università degli Studi di Roma La Sapienza – Dipartimento di Chimica e Tecnologie del Farmaco

Scienze Farmaceutiche Applicate – Curriculum: Tecniche Erboristiche

Docente di riferimento: Prof.ssa Luisa Mannina

Sede: ROMA, Piazzale Aldo Moro 5

Obiettivi formativi specifici

Il percorso formativo, che potrà essere articolato in curricula, è multidisciplinare e strutturato in modo da costruire, mediante il conferimento di conoscenze nelle discipline di base, un substrato idoneo ad acquisizione, consolidamento e sviluppo di competenze teoriche e applicative nelle discipline caratterizzanti.

Le attività formative di base intendono fornire conoscenze basilari di matematica e fondamenti d’informatica e statistica e buone conoscenze di base nelle discipline chimiche, nonché un’appropriata formazione di base in campo biologico e morfologico.

Le attività formative caratterizzanti sono organizzate in modo da offrire adeguate conoscenze di chimica farmaceutica, tecnica farmaceutica, farmacologia, farmacognosia, nutraceutica, nonché appropriata formazione nei settori biochimico, biologico, della patologia e della microbiologia.

È previsto lo svolgimento di un tirocinio presso strutture esterne convenzionate (aziende, enti pubblici) o laboratori universitari, con l’obiettivo di dotare il laureato di esperienze utili ad affrontare l’ingresso nel mondo del lavoro.

Sbocchi occupazionali

Gli sbocchi professionali per il Laureato in Scienze Farmaceutiche Applicate: erboristerie e farmacie o parafarmacie con settore erboristico; aziende di produzione, di commercio all’ingrosso e di importazione di piante officinali e loro derivati; imprese e laboratori di estrazione, trasformazione e controllo di materie prime di origine vegetale; industrie alimentari e cosmetiche che utilizzino materie prime di origine vegetale; aziende farmaceutiche che operino nella produzione di fitoterapici, prodotti omeopatici e integratori alimentari a base di piante officinali; aziende di promozione e pubblicizzazione dei prodotti a base di materie prime di origine vegetale; imprese pubbliche e private della comunicazione e dell’informazione interessate alle piante officinali e ai prodotti a base di materie prime di origine vegetale; enti preposti alla certificazione di qualità dei prodotti erboristici. Inoltre, la Laurea in Scienze Farmaceutiche Applicate fornisce sbocchi occupazionali presso industrie chimico-farmaceutiche.


Università Cattolica del Sacro Cuore

Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma – Facoltà di Medicina e Chirurgia

Scienze e Tecnologie Cosmetologiche

Sede: ROMA, Largo Francesco Vito 1

Obiettivi formativi specifici

I laureati, oltre a possedere le conoscenze formative previste dalla classe, in particolare dovranno:

– acquisire adeguate conoscenze di chimica e analisi chimica dei prodotti cosmetici e dei prodotti dietetici/nutrizionali per la conoscenza della completa filiera produttiva, dal reperimento delle materie prime alla commercializzazione del prodotto finito;

– acquisire un’approfondita conoscenza dei prodotti cosmetici, dei prodotti della salute, degli xenobiotici e dei prodotti che rientrano nella sfera della tutela del benessere;

– acquisire conoscenze teorico-pratiche per l’utilizzo dei diversi xenobiotici e prodotti della salute, in particolare nel settore della cosmetologia e della fisiologia metabolica;

– conoscere le forme cosmetologiche e nutrizionali, le materie prime impiegate nelle formulazioni dei relativi preparati e le norme legislative e deontologiche utili all’esercizio delle relative attività professionali.

Sbocchi occupazionali

I principali sbocchi occupazionali previsti dai corsi di laurea della classe sono relativi ad attività professionali in diversi ambiti di applicazione, quali il controllo e il monitoraggio nelle varie fasi di produzione dei prodotti della salute (cosmetico, farmaco, integratore alimentare, dietetico, erboristico). I laureati potranno inoltre svolgere l’informazione scientifica e monitorare la trasformazione, il controllo e il confezionamento non solo del cosmetico ma anche del farmaco, di integratori alimentari, di prodotti erboristici e di prodotti con valenza salutistica.


Schermata 2017-06-19 alle 17.39.12Università di Bari

Università degli Studi di Bari Aldo Moro – Dipartimento di Farmacia-Scienze del Farmaco

Scienze e Tecnologie Erboristiche e dei Prodotti per la Salute (STEPS)

Docente di riferimento: Prof.ssa Pinarosa Avato

Sede: BARI, Via Orabona 4

Obiettivi formativi specifici

Il Corso di Laurea triennale in Scienze e Tecnologie Erboristiche e dei Prodotti per la Salute dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro è finalizzato alla formazione di un laureato con competenze tecniche e gestionali attinenti le attività di produzione, raccolta, lavorazione, trasformazione, confezionamento e commercializzazione all’ingrosso e al dettaglio di piante, loro parti e derivati destinati all’uso erboristico; impartisce inoltre altre competenze  per l’uso di principi attivi a valenza salutistica per scopo alimentare e cosmetico.

Sbocchi occupazionali

Produzione, trasformazione, confezionamento di droghe vegetali, loro parti e derivati con valenza salutistica, alimentare e cosmetica, garantendone la qualità secondo quanto disposto dalle leggi vigenti; erboristerie e parafarmacie; aziende di produzione, distribuzione e importazione di piante officinali; imprese e laboratori di estrazione, trasformazione, confezionamento e controllo di materie prime di impiego erboristico, alimentare e cosmetico; industrie erboristiche, alimentari, cosmetiche; aziende farmaceutiche che operano nella produzione di fitoterapici, prodotti omeopatici e integratori alimentari; settori per la promozione e informazione dei prodotti erboristici, dietetici e cosmetici; strutture pubbliche e private sanitarie e salutistiche.


Schermata 2017-06-19 alle 17.39.25Università di Napoli

Università degli Studi di Napoli Federico II – Dipartimento Farmacia

Scienze Erboristiche

Docente di riferimento: Prof. Angelo Izzo

Sede: NAPOLI, Via Domenico Montesano 49

Obiettivi formativi specifici

Il Corso di Laurea in scienze Erboristiche è finalizzato alla formazione di un laureato che sia in grado di operare a livello dei settori di coltivazione, raccolta, lavorazione, trasformazione, conservazione, formulazione, confezionamento, commercializzazione al dettaglio, controllo di qualità e fitovigilanza dei prodotti per la salute a base di piante officinali garantendo in tal modo la sicurezza d’uso a tutela della salute del consumatore. Tale professionista potrà anche operare nel campo agronomico della produzione delle piante officinali e avrà le conoscenze di base per gestire un’azienda di produzione.

Sbocchi occupazionali

Il laureato del corso di laurea in Erboristeria sarà in grado di svolgere compiti tecnici e gestionali e attività professionali di supporto in coltivazione, raccolta, produzione, trasformazione, lavorazione, miscelazione, confezionamento e commercializzazione di droghe vegetali, loro parti o derivati, per uso erboristico.


Scienze Nutraceutiche

Docente di riferimento: Prof. Antonio Randazzo

Sede: NAPOLI, Via Domenico Montesano 49

Obiettivi formativi specifici

L’obiettivo del corso di laurea in Scienze Nutraceutiche, appartenente alla Classe L–29 e di durata triennale, è orientato all’acquisizione di conoscenze, capacità e competenze nell’ambito delle scienze farmaceutiche con particolare riferimento ai nutraceutici, agli alimenti funzionali, agli alimenti medicali e agli integratori alimentari. Il corso di laurea intende formare figure professionali con conoscenze sulla composizione chimica e sul valore nutrizionale degli alimenti, sulle loro proprietà, sugli integratori e i nutraceutici, e sul controllo chimico di qualità e di sicurezza dei nutraceutici.

Sbocchi occupazionali

Il laureato In Scienze Nutraceutiche avrà competenze specifiche che gli consentiranno l’inserimento presso: industrie di prodotti nutrizionali e dietetici; industrie chimico-farmaceutiche; strutture del Servizio Sanitario Nazionale e Regionali (farmacie, strutture operanti nell’ambito della sanità e/o più in generale salutistiche, palestre, centri benessere/termali, centri sportivi, parafarmacie). Inoltre il laureato potrà svolgere attività professionale indirizzata alla informazione medico-scientifica presso la classe medica, farmaceutica e presso gli operatori del settore di dieta, alimentazione e nutrizione.


Università di Salerno

Università degli Studi di Salerno – Dipartimento di Farmacia

Tecniche Erboristiche

Docente di riferimento: Prof.ssa Sonia Piacente

Sede: FISCIANO (SA), Via Ponte Don Melillo

Obiettivi formativi specifici

Il corso di laurea in Tecniche Erboristiche intende formare figure professionali dotate di competenze scientifiche e metodologiche necessarie alla gestione, al controllo e allo sviluppo delle attività di produzione, trasformazione, commercializzazione ed uso delle piante officinali e dei loro derivati, nonché di piante per la preparazione di alimenti funzionali e integratori alimentari.

Questi professionisti pertanto devono raggiungere un adeguato livello di preparazione nei seguenti settori: produzione di piante officinali e di piante per alimenti funzionali e integratori, dalla coltivazione alla conservazione e prima lavorazione del prodotto; controllo di qualità di droghe e prodotti vegetali dal materiale di partenza al prodotto finito mediante controlli macroscopici, microscopici, chimici e microbiologici; applicazione delle Normative del settore e di Certificazioni obbligatorie e volontarie; etichettatura delle droghe; formulazione e preparazione di prodotti erboristici, fitocosmetici e integratori alimentari; uso delle piante e loro derivati in fitoterapia e terapie complementari.

Sbocchi occupazionali

Il Laureato in Tecniche Erboristiche è in grado di operare come libero professionista o lavoratore dipendente in erboristerie; farmacie e parafarmacie (come responsabile del reparto erboristico e fitocosmetico); aziende del settore erboristico, fitocosmetico e dietetico-alimentare (aziende di produzione o commercializzazione); laboratori, enti o organismi di controllo/certificazione di qualità di prodotti erboristici; attività di informazione scientifica per conto di aziende produttrici nell’ambito del settore; settori per la promozione e pubblicizzazione dei prodotti a base di piante medicinali e, più in generale, officinali; strutture del Servizio Sanitario Nazionale.


Università della Calabria

Università della Calabria – Dipartimento di Farmacia e Scienze della Salute e della Nutrizione

Informazione Scientifica del Farmaco e dei Prodotti per la Salute

Docente di riferimento: Prof.ssa Maria Luisa Panno

Sede: RENDE (CS), Via Pietro Bucci, Edificio Polifunzionale

Obiettivi formativi specifici

Il Corso di Laurea in Informazione Scientifica del Farmaco e dei Prodotti per la Salute ha la finalità di formare professionisti che abbiano un’adeguata conoscenza di metodi e contenuti culturali e scientifici per il conseguimento del livello formativo richiesto dall’area professionale della classe L-29.

L’obiettivo del Corso di Laurea è di preparare professionisti che abbiano le adeguate conoscenze delle caratteristiche e delle proprietà di specialità medicinali, di presidi medico chirurgici, di diagnostici e cosmetici al fine di formare esperti capaci di svolgere attività di informazione scientifica agli operatori sanitari, come previsto dalla normativa del Servizio Sanitario Nazionale e dalla Comunità Europea.

Il percorso formativo comprende discipline caratterizzanti che forniscono una buona preparazione specifica in ambito chimico farmaceutico, farmacologico e patologico per poter valutare le problematiche connesse all’uso di specialità medicinali e per dare una corretta informazione scientifica sulle stesse; competenze in biologia farmaceutica, per dare corretta informazione scientifica sulle implicazioni relative all’uso di composti utilizzati nella cosmesi e di integratori alimentari di natura erboristica.

La formazione è completata con insegnamenti che sviluppano sufficienti competenze di marketing e gestione delle imprese utili ai fini dell’inserimento nel mondo del lavoro.

Sbocchi occupazionali

Il Laureato in Informazione Scientifica del Farmaco e dei Prodotti per la Salute può svolgere attività di informazione scientifica sulle specialità medicinali, sui presidi medico-chirurgici, sui diagnostici e sui prodotti dietetici allo scopo di far conoscere periodicamente agli operatori sanitari le loro caratteristiche e proprietà. Inoltre, utilizzando anche strumenti informatici e statistici, può: predisporre protocolli di analisi e monitoraggio sul consumo di farmaci e sostanze parafarmaceutiche; pianificare interventi di prevenzione ed educazione per la salute della popolazione in relazione agli aspetti tossicologici derivanti dall’uso improprio dei farmaci; collaborare, insieme agli altri operatori sanitari, all’acquisizione di informazioni utili alla sorveglianza postmarketing.


NOTA

Questo dossier è stato realizzato sulla base delle informazioni contenute nel sito del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (www.istruzione.it) e in quelli delle singole università e corsi di laurea. 

Ci scusiamo per eventuali imprecisioni ed errori, restando a disposizione di tutti gli interessati per le precisazioni o integrazioni che vorranno segnalarci, e che saremo lieti di riportare nei prossimi numeri.

Schermata 2017-06-19 alle 17.40.05

Erboristeria biologica: come garantirla

Schermata 2017-04-18 alle 14.58.36L’adesione in una misura sempre più generale ed estesa ai principi della produzione biologica rappresenterebbe per il comparto delle officinali un duplice vantaggio: l’opportunità di dimostrare la dimensione etica alla base delle proprie scelte imprenditoriali e professionali, e venire incontro a una richiesta sempre crescente del consumatore. Ma quali sono le specificità della certificazione biologica della filiera erboristica? Ne parliamo in questa intervista con Fabrizio Piva, amministratore delegato di CCPB.


L’attrazione per il biologico continua la sua sorprendente progressione: tra pochi giorni Biofach ospiterà oltre 50.000 operatori professionali da tutto il mondo, artefici di un mercato in costante crescita ormai da diversi anni. Come abbiamo già notato altre volte, le piante officinali potrebbero essere parte integrante di questo processo: ma le erbe non sono esattamente alimenti, e il loro inquadramento tra i prodotti certificati richiede qualche particolare attenzione.

Ne abbiamo parlato con Fabrizio Piva, amministratore delegato di CCPB Controllo e Certificazione srl, uno degli organismi di certificazione più attivi in Italia: “CCPB opera come organismo di ispezione e certificazione dei prodotti agroalimentari e “no food”, tra cui la cosmesi e il tessile, ottenuti nel settore della produzione biologica e in quella ecocompatibile ed ecosostenibile” precisa Piva.

CCPB certifica circa 11.000 aziende in Italia e in tutto il mondo secondo circa 50 differenti forme di certificazione e in base a 35 autorizzazioni internazionali, operando con 190 collaboratori: del totale, circa 9000 sono le aziende certificate nel settore delle produzioni biologiche. Tra queste figurano affermati gruppi industriali, grande distribuzione, piccole e medie imprese, aziende emergenti. Numeri che indicano come sia elevata l’attenzione del mondo delle imprese per i processi di certificazione. “Come mostrano numerose ricerche di mercato – ci spiega Fabrizio Piva – la certificazione migliora la qualità del prodotto e il suo impatto ambientale, rafforza la sicurezza alimentare, rende più efficiente e virtuoso il processo produttivo e costituisce un insostituibile servizio di garanzia e fiducia verso i consumatori”.

In modo essenziale, come potremmo definire l’agricoltura biologica, e cosa si intende per certificazione biologica?

L’agricoltura biologica è un metodo di produzione agricola sostenibile che esalta la naturale fertilità dell’ecosistema suolo, la salubrità dei prodotti e rafforza la sostenibilità senza usare prodotti di sintesi (ad esempio fitofarmaci e concimi chimici). Chi vuole ottenere una certificazione biologica lo può fare secondo il Reg.CE 834/2007, che definisce il sistema di certificazione nell’Unione Europea, e in accordo con gli altri schemi internazionali (Stati Uniti, Giappone, Canada, Brasile, Corea del Sud, Svizzera e altri). I passaggi per ottenerla prevedono da parte dell’azienda la compilazione della notifica di attività con metodo biologico o della domanda di certificazione, da parte dell’organismo di certificazione la valutazione dei documenti, la verifica dei siti produttivi, il rilascio del certificato di conformità e l’iscrizione nel registro dei prodotti certificati, la valutazione di etichette/confezioni per prodotti biologici. Il regolamento di certificazione vale per aziende di produzione, preparazione, commercializzazione, distribuzione e importazione”.

La specificità delle piante officinali

Visto in sintesi il quadro di riferimento, vediamo meglio le modalità con le quali si certifica l’origine biologica di una specie officinale? Le officinali hanno una propria specificità rispetto alla certificazione biologica, o possono essere tutte omologate a prodotto agro-alimentare, anche quando non hanno una destinazione d’uso alimentare (come, per fare qualche esempio, potrebbe essere il caso di Echinacea, Arnica, Iperico, e tante le altre)?

Le erbe officinali sono piante e come tali, se l’obiettivo consiste nell’ottenerle e certificarle come biologiche, è obbligatorio certificarle conformemente al Reg.CE 834/2007, ovvero alla disciplina comunitaria che definisce criteri e requisiti da rispettare affinchè i prodotti possano essere definiti biologici” precisa Fabrizio Piva. “Per poter essere definite biologiche è necessario che tali piante siano considerate come tali e pertanto rientrano nello scopo e campo d’applicazione del regolamento di cui sopra. Successivamente possono anche essere destinate ad usi non alimentari e, a partire da queste fasi, non possono più essere certificate come prodotti agroalimentari ma adottando, ad esempio, gli standard della cosmesi biologica. Il certificato rilasciato ai produttori di tali piante attesta che sono state prodotte secondo il metodo biologico e tale asserzione può accompagnare le piante fino alla prima trasformazione e successivamente è possibile tracciarne la presenza fino al prodotto finito”.

Una quota importante delle materie prime erboristiche proviene da piante spontanee: la raccolta ha tuttora una notevole incidenza sui volumi del mercato erboristico. Possiamo chiarire quando e come il prodotto di origine selvatica può essere certificato come biologico?

Schermata 2017-04-18 alle 14.58.59La raccolta spontanea rientra nel Reg.CE 834/2007 a condizione che le aree di raccolta non siano state trattate da almeno tre anni prima della raccolta con prodotti non ammessi in detto regolamento, la raccolta non comprometta l’equilibrio dell’habitat naturale e la conservazione della specie nella zona di raccolta, e il prodotto e chi raccoglie sia sottoposto a controllo e certificazione da parte di uno degli organismi di certificazione accreditati ed autorizzati”.

La sensibilità tra le imprese del settore 

Gran parte del successo che oggi incontra il prodotto biologico nasce dalla sensibilità del consumatore finale, che mostra sempre più chiaramente la sua preferenza a favore dell’origine naturale del prodotto che il concetto di biologico rappresenta quando ha la possibilità di scegliere al momento dell’acquisto. Ma produrre o selezionare le proprie materie prime e i prodotti offerti in base ad una origine naturale certa comporterebbe una scelta etica irrinunciabile per una impresa della filiera erboristica. Nella vostra ampia esperienza, che attenzione riscontrate rispetto alla necessità di offrire una garanzia dell’origine naturale e biologica nel nostro settore? è diversa tra i produttori, le imprese commerciali e gli operatori professionali?

Sensibilità ed attenzione al biologico sono cresciute proporzionalmente all’attenzione del consumatore verso questo segmento di prodotti. Un po’ meno il concetto di naturalità, un po’ più difficile da dimostrare. La sensibilità si è dimostrata maggiore negli operatori professionali e nelle imprese commerciali quando queste si sono trovate di fronte ad una precisa domanda di mercato”, osserva Piva.

E il consumatore finale, invece, per la vostra esperienza, è più attento all’origine biologica quando deve scegliere un prodotto erboristico e salutistico, o quando si tratta di un cosmetico?

Sulla base della nostra esperienza professionale sembra esserci maggiore attenzione verso il prodotto cosmetico rispetto a quello erboristico. Forse il consumatore vede nel prodotto erboristico maggiormente presente il concetto di naturale mentre nella cosmesi intravvede ancora molta chimica di sintesi e si sente spinto a chiedere una maggiore garanzia di naturalità tramite il concetto di biologico”.

La certificazione nella filiera delle officinali

Tra i produttori di officinali, quali sono le tipologie di aziende che si rivolgono a voi per la certificazione? Sono prevalentemente aziende specializzate, che effettuano solo la produzione di aromatiche e officinali, o sono agricoltori che dedicano solo una parte della loro attività a queste coltivazioni?

Prevalentemente si tratta di aziende specializzate che hanno già avuto modo di sviluppare una solida esperienza nella coltivazione di aromatiche ed officinali ed oggi si sentono pronte a migliorare il metodo di coltivazione virando sul biologico”.

Le trasformazioni in atto nel mondo dell’agricoltura (la multifunzione, l’accesso diretto ai mercati locali, la filiera corta, la rete e il commercio online) stanno aprendo le porte a nuove esperienze produttive nel campo delle officinali, spesso condotte da giovani e da piccoli produttori. Per queste realtà l’accesso alla certificazione può essere piuttosto oneroso: quali passi possiamo consigliare per mantenere questi progetti nel movimento del biologico ed è possibile ricorrere a delle formule consociative?

Credo sia da sfatare che il costo diretto della certificazione sia elevato; in Italia l’azienda media non spende in certificazione più di 350 euro/anno”, afferma Piva. “In questa cifra ovviamente non si tiene conto del maggiore costo di produzione, in quanto questo rientra nel costo di produzione aziendale legato alla coltivazione delle specie di interesse aziendale, così come non si tiene conto degli eventuali costi dovuti all’adeguamento aziendale, qualora necessario. Indipendentemente da ciò è sicuramente possibile creare cooperative, associazioni e collaborazioni che portino alla realizzazione di economie di scala, sia per quanto attiene la vendita dei prodotti, l’acquisto dei mezzi tecnici, la condivisione di spazi per la vendita o di strutture per la trasformazione, oppure strategie di marketing e di promozione condivise”.

Il laboratorio artigianale, che effettua la miscelazione o la trasformazione del prodotto erboristico e che sceglie di lavorare solo materia prima di origine biologica, deve provvedere ad una propria diretta certificazione? Avete seguito dei casi di questo genere?

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Come si accennava poc’anzi, se il laboratorio intende ottenere prodotti biologici destinati ad essere ingeriti ed assimilabili a prodotti agroalimentari vi è l’obbligo di essere certificati ai sensi del Reg.CE 834/2007 ed abbiamo esperienze in tal senso. Nel caso in cui, invece, il laboratorio produca prodotti non alimentari ed intenda certificare prodotti con l’asserzione di biologico o naturale, è possibile ricorrere a standard cosmetici o a standard privati aziendali di cui abbiamo comunque esperienza”.

Infine un pensiero ai molti laureati in tecniche erboristiche, che sono alla ricerca di nuove opportunità lavorative e di nuovi ruoli nel settore: pensate che sia una figura che potrebbe trovare una propria collocazione nella organizzazione del comparto del biologico?Schermata 2017-04-18 alle 14.59.33

Allo stato attuale non disponiamo di collaboratori specificatamente laureati in tecniche erboristiche; a questo proposito occorre anche ricordare che l’esperienza del biologico nell’erboristeria e nella cosmesi è piuttosto recente rispetto all’agroalimentare, ove nasce e si sviluppa il concetto di biologico. Ritengo che se il settore dovesse raggiungere dimensioni più consistenti rispetto all’attuale, si renderà necessario allargare lo spettro delle competenze e valutare il coinvolgimento di specialisti nelle tecniche erboristiche”, conclude Fabrizio Piva.

Epilobio contro la forfora

Schermata 2017-01-17 alle 15.22.29Intento di uno studio è stato quello di analizzare il potenziale antiforfora di un estratto ottenuto da parti aeree di Epilobio (Epilobium angustifolium). Si tratta di una pianta a riconosciute proprietà antinfiammatorie, antibatteriche, astringenti (contiene tannini).

I risultati del test (test in vitro, con lo 0,1% di sostanza attiva) hanno mostrato che l’estratto è in grado di inibire l’attività di 5-α-reduttasi su fibroblasti umani di oltre il 16%, di ridurre la sintesi di lipidi in sebociti di oltre il 43% e di incrementare l’espressione di involucrina in cheratinociti.

Ricorderemo che 5-α-reduttasi è un enzima che, in alcune zone del corpo ricche di recettori ormonali (follicoli capillari, viso, parte centrale del tronco) converte il testosterone in un altro ormone molto più potente, il 5-α-diidrossitestosterone, il quale può ingenerare disturbi cutanei correlati ad androgeni quali sviluppo di acne, iperseborrea (e quindi forfora), alopecia androgenetica e di altro genere, come ipertrofia prostatica. Tra gli inibitori della 5-α-reduttasi si sono rivelate molto utili numerose droghe vegetali (ne citeremo una, quella di Serenoa repens).

Involucrina è, come svela il nome, una cellula (non cheratinica) che forma un involucro protettivo delle cellule cornee epidermiche, proteggendole da agenti meccanici e chimici. Per fare un esempio, la depilazione con acido tioglicolico danneggerebbe la pelle se le cellule cornee non fossero protette dall’involucrina.

Ma l’estratto agisce anche secondo un altro meccanismo di azione che coinvolge la modulazione dell’espressione di difensine e di TLR-2, agendo cioè con una funzione attivante il sistema immunitario di difesa. Ricorderemo che difensine sono fattori di autoprotezione biologica: si tratta di peptidi cationici che mostrano molteplici attività, antimicrobica, antivirale, antineoplastica, immunomodulante. Le β-difensine rendono la pelle molto più resistente alle infezioni cutanee.

Per quanto concerne TLR-2 (Toll-like receptor-2), si tratta di una proteina di membrana, recettore, espressa sulla superficie di certe cellule che, riconoscendo sostanze estranee, trasmette appositi segnali alle cellule del sistema immunitario di difesa.

L’azione di difesa di questi fattori biologici è rivolta nel confronto di Malassezia furfur. Per quanto tale microrganismo sia un normale commensale residente della flora cutanea umana, in certe condizioni ed in certe quantità, la sua azione può diventare deregolata e dare corso ad effetti non desiderati, quali formazione di dermatite seborroica e forfora (5).

da Erboristeria Domani 6 – 2016

Il Dattero

Datteri-Medjoul-Jumbo

Un gustoso, dolcissimo frutto esotico a consumo “natalizio”.

Si tratta invece di un frutto contenente microelementi importanti per una corretta salutistica nutrizione.

Di solito, dalle nostre parti, belle reste di questo gradevole frutto delle calde regioni africane fanno bella mostra di sé nelle tavole natalizie imbandite a festa in una capace fruttiera con fichi secchi, noci e mandorle.

Ma il dolce frutto della palma da Dattero (Phoenix dactylifera L.) ha vari pregi, tali da consigliarne il consumo anche in altre occasioni.

Nell’alimentazione umana, di grande importanza è anche la presenza nella dieta quotidiana di oligoelementi, o micronutrienti che, seppure presenti nel cibo in quantità minime, possono concorrere in maniera importante e significativa ad una corretta e salutistica alimentazione.

Scarsa presenza nella dieta di ferro, zinco e vitamina A rappresenta in genere la più importante carenza di micronutrienti. Il consumo di una porzione di 100 g di Dattero da palma fresco può rappresentare l’assunzione della quota giornaliera raccomandata e necessaria dei sopra citati micronutrienti.

Nello studio – riportato su un recente numero di Journal Science Food and Agriculture – si riferisce di progetti e strategie governative e di organizzazioni agricole ai fini di identificare nuove idonee aree ove intensificare la coltivazione, la raccolta, la lavorazione e la commercializzazione di questo frutto al fine di renderne sempre maggiore la disponibilità, visto il suo interesse a fini nutrizionali salutistici.

da Erboristeria Domani 6 – 2016

Maressentia

Schermata 2016-11-04 alle 17.15.01Maressentia è un marchio di Egadi Cosmesi Naturale, una start up innovativa con sede sull’isola di Favignana e unità locale a Genova. 

L’azienda è presente sul mercato dell’erboristeria da gennaio 2016, inaugurando un nuovo segmento nel mercato dei cosmetici naturali, la cosmesi fitomarina mediterranea, nata dallo studio della Posidonia oceanica, la pianta marina che caratterizza le nostre coste, e delle potenziali-tà dei suoi derivati in campo cosmetico, grazie alla loro valorizzazione attraverso progetti so-stenibili, sviluppati in accordo con la gestione dell’Area Marina Protetta delle Isole Egadi (un ampio dossier sulla Posidonia e sul suo utilizzo in campo cosmetico è stato pubblicato sul numero 394, gennaio-febbraio 2016, di Erboristeria domani).

Egadi Cosmesi Naturale, che ha debuttato con la linea Posidonia composta da cinque prodotti per il viso e cinque per il corpo, presenterà al SANA (Padiglione 36 Stand C83) una nuova linea anti-macchia: 4 innovativi prodotti che vanno ad aggiungersi ai 10 già in gamma. Tutti caratterizzati dall’esclusivo estratto di Posidonia oceanica e da sinergie di estratti di piante tipiche delle Isole Egadi e della Sicilia.

A pochi mesi dal lancio della linea in erboristeria parliamo con Silvia Bruni, titolare di “Erboristeria Bottega del Naturista” di Roma, riguardo alla risposta che la sua clientela riserva a questo nuovo marchio di cosmesi naturale italiano:

Schermata 2016-11-04 alle 17.17.30L’incontro con Maressentia è avvenuto grazie ad un agente di zona, una persona di fiducia che conoscevo da diversi anni,” ci dice per prima cosa l’erborista romana, alla quale chiediamo cosa apprezza maggiormente di questa nuova linea: “Si tratta di una proposta assolutamente originale e molto suggestiva per le nostre clienti quando si rendono conto che si tratta di una linea cosmetica nata da una risorsa spontanea della nostra flora e del nostro mare. L’idea di studiare scientificamente le proprietà di una specie tratta dal nostro ambiente naturale, e organizzare la produzione industriale di una nuova linea cosmetica senza creare danni al suo habitat, anzi creando un valore che servirà per proteggerlo, è un concetto che si sposa perfettamente con le scelte della nostra erboristeria.

Parlando specificamente dei prodotti, da un attento esame della formulazione si nota che sono stati selezionati ingredienti di qualità e perfettamente coerenti con l’idea di una cosmesi naturale, il che costituisce il vero punto di forza della linea. 

Si tratta di creme di facile assorbimento e stendibilità, il che si traduce in un utilizzo davvero semplice da parte dell’utente, anche nel caso di pelli mature. 

Un altro carattere molto positivo è la profumazione: spesso i prodotti a base di alghe o altri derivati marini hanno un aroma molto intenso, che non è gradito a tutti. Questi prodotti invece sono caratterizzati da una profumazione e una texture estremamente piacevoli, forse perché in effetti non si tratta di un’alga ma di una pianta marina. 

In sintesi, questa linea a base di estratto di Posidonia oceanica è dunque veramente innovativa. Così come lo è del resto anche l’attenzione verso tematiche quali sostenibilità e tutela ambientale; la linea Maressentia utilizza solo foglie spiaggiate, senza intaccare il paesaggio naturale; le piante spiaggiate ancora verdi sono raccolte immediatamente dopo le mareggiate e vengono poi essiccate, polverizzate e infine vengono estratti i principi attivi; la stessa area di raccolta, le isole Egadi, è una zona marina protetta e non inquinata, di conseguenza il prodotto è assolutamente puro”. 

E rispetto al prezzo? “La linea si colloca nella fascia di prezzi media, il che ci porta in effetti un ottimo rapporto qualità/prezzo. Tra l’altro, da apprezzare è anche il packaging, che colpisce immediatamente: trattandosi di un “involucro”, la cura del dettaglio e la gradevolezza estetica non passano inosservate”.

La clientela ha apprezzato la linea? “Noi offriamo questi prodotti dal mese di febbraio 2016 e devo dire che i nostri clienti sono già tornati più volte a riacquistarli”. 

Riesce a darci un profilo della clientela più interessata a Maressentia? “Si tratta prevalentemente di donne dai 40 anni in su; sono consumatrici che provengono da brand di alto livello, che conoscono molto bene sia il prodotto erboristico che quello di profumeria. Sono consumatrici molto attente e informate che prestano molta attenzione alla qualità della vita e che scelgono Maressentia anche come alternativa a marchi importanti di profumeria. Sono consumatrici attente alla salvaguardia ambientale e la naturalità del prodotto ha quindi certamente un peso nella scelta finale. Sono clienti molto esigenti che si rivolgono a noi perché sanno che siamo sempre alla ricerca di prodotti innovativi. Diverse clienti sono venute in negozio chiedendo espressamente di questi prodotti che hanno conosciuto mediante il passaparola e la stampa”.

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Quali sono i prodotti Maressentia più venduti?

È davvero difficile stilare una classifica dei cosiddetti “best sellers” perché ogni prodotto Maressentia ha le sue peculiarità e gode di grande apprezzamento fra i nostri clienti. L’acqua corpo idratante ha una fragranza davvero straordinaria ma detto questo, tutte le creme viso, così come le creme corpo sono davvero prodotti molto apprezzati proprio per le caratteristiche sopra esposte: naturalità del prodotto, texture, proprietà”.

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Infine, vuole dirci qualcosa a proposito del servizio clienti Maressentia? Come le sembra?

L’evasione degli ordini è davvero rapida e avviene in pochi giorni; ho ricevuto una grande assistenza continua, abbondante materiale promozionale per l’allestimento del punto vendita e per la promozione presso la clientela (la campionatura prodotti è stata davvero generosa) e ho avuto anche la possibilità di avere giornate promozionali di una beauty expert a supporto delle vendite. 

La cosmetologa dell’azienda è sempre a disposizione per chiarimenti, consigli e per attività di formazione 

Maressentia mi ha anche fornito un video che mostriamo qui nel nostro negozio; è davvero bello e interessante e mostra il paesaggio delle isole Egadi e delle piante”. 

da Erboristeria Domani 5 – 2016

Ginseng, le bacche oltre alla radice

Schermata 2016-10-19 alle 17.33.28Recenti ricerche attribuiscono ai componenti delle bacche del Ginseng un’attività biologica superiore a quella tradizionalmente riconosciuta agli estratti dalla sua radice.

La forma della radice del Ginseng, quantomeno strana, assomigliando proprio alla figura di un uomo, concorre alla nascita nell’antica Cina ed al diffondersi negli altri paesi del mondo, di fantasiosi nomi circa la sua definizione: “radice dell’uomo” o, “uomo-radice” o, ancora “radice della vita”. Il tutto confortato dalle straordinarie proprietà benefiche per la salute dell’uomo che in essa risiedono. Quindi, ovvio, che nella pianta, la parte estrattiva a fini officinali di maggiore interesse e notorietà sia stata sempre considerata proprio la radice.

Non poca, quindi, la sorpresa nel leggere che recenti ricerche hanno scoperto che nelle rosse bacche del Ginseng esiste un insieme di principi attivi ad attività biologica ancor più marcata rispetto a quella attribuita agli estratti dalla radice.

I più importanti componenti attivi della droga della pianta sono triterpen-glucosidi (saponine) ben noti quali ginsenosidi. Altri componenti attivi, sono steroli, flavonoidi, fenilpropanoidi, carboidrati, acidi organici, vari enzimi presenti, dicono le recenti scoperte, nelle bacche in quantità maggiori che non nella radice. In particolare il profilo ginsenosidico delle bacche è più marcato di quello delle radici. Ed è proprio il contenuto in Ginsenoside-Re, il più attivo tra i vari isolati dalla droga, che fa la differenza più sostanziale, essendo presente nelle bacche in quantità maggiore di almeno il 30% rispetto a quello contenuto nella radice. Così come nelle bacche è stata identificata una dose maggiore di vitamina E e K ed acido folico rispetto alla radice.

Dalla droga contenuta nella polpa delle bacche è stato infine, recentemente, isolato un derivato della lignina, denominato siringaresinolo. Si è scoperto che tale molecola è in grado di attivare l’espressione di SIRT-1. È questo un enzima (una proteina, sirtuina), fattore trascrizionale implicato nei fenomeni di invecchiamento della pelle: porta ad un ritardo della senescenza cellulare e a una migliorata funzione delle cellule endoteliali, praticamente è un vero e proprio attivo anti-aging. È quindi giustificato il consenso all’impiego di estratti da Ginseng ottenuti dalle rosse bacche, dal momento  che si è scoperto che sono queste a rappresentare la “miniera’” più ricca di elementi preziosi per il benessere del consumatore.

da Erboristeria Domani 5 – 2016