Il tocco lieve della Piantaggine


Il tocco lieve della Piantaggine

di SIMONE SIVIERO

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1990. La nave americana si dirige verso il porto di Genova (o forse è successo prima a Trieste?) con un carico di copertoni usati. I marinai attraccano; i copertoni vengono portati a terra e cominciano il loro viaggio per le strade d’Italia. Ma recano con sé dei clandestini. Migliaia di clandestini. Minuscoli, nascosti in quelle piccole pozze d’acqua piovana raccoltasi all’interno degli pneumatici. Sono larve acquatiche che si nutrono di batteri e respirano aria atmosferica grazie a lunghi sifoni respiratori. Attendono, nascoste nei copertoni. E presto si trasformeranno. Acquisite le ali, l’invasione può avere inizio. Una dopo l’altra cadono le principali città padane: Padova, Rovigo, Brescia, Torino, Bologna. Ed è solo il principio, la prima campagna d’Italia di Aedes albopictus. Ben presto, pochi sono i luoghi che possono dirsi al sicuro: solo la montagna, con i suoi inverni troppo freddi, o l’arido meridione. Vola poco la zanzara tigre, ma l’uomo ne trasporta inconsapevolmente le uova e le larve nascoste nei camion e nelle navi. È stato così fin dall’inizio, quando ha disboscato le sue sedi remote nel fitto delle foreste dell’Asia meridionale. Da lì è partita l’invasione. Ha conquistato dapprima l’Asia, crogiolo di vie commerciali, poi si è volta verso Occidente: le Americhe, e infine l’Europa. Non c’è scampo. Aedes albopictus attacca anche di giorno. E il nostro corpo non è ancora preparato a sopportare l’iniezione anticoagulante dell’insetto. Le punture gonfiano e prudono. Parecchio (1).

Non c’è scampo. Ma c’è una pianta che può aiutare a neutralizzare il fastidio. Basta sfregarne le foglie sulla puntura e, in breve, il prurito scompare. Ed è una pianta che, per certi versi, ha una storia simile e contraria a quella della zanzara: la Piantaggine.

Mucillagine, per aderire all’ambiente

Il genere Plantago (famiglia Plantaginaceae) comprende circa 275 specie annuali e perenni distribuite in tutto il mondo. Tre le specie più utilizzate: Plantago major L., Plantago lanceolata L. e Plantago asiatica L. Sono piante erbacee con foglie ellittiche che formano una rosetta basale dal cui centro si diparte l’infiorescenza, cilindrica, a spiga, con numerosi semi ermafroditi le cui grosse antere sporgono dalla corolla (2,3). La fioritura inizia in primavera e si protrae fino a settembre, e il polline dei suoi fiori può essere causa di allergie, spesso correlate a quelle delle Graminacee. Riniti, asma, congiuntiviti: un piccolo scotto che ad alcuni tocca pagare per una pianta altrimenti utilissima (4). Il frutto è una capsula ovale che contiene piccoli semi (ce ne sono quasi 20000 per scapo fiorale). E sono proprio questi semi la chiave del suo successo, ciò che le ha permesso di espandersi in ogni dove. Il rivestimento del seme presenta delle cellule particolari in grado di produrre mucillagini. La loro parete cellulare è ricca di pectine, che rigonfiano quando piove portando il seme ad aumentare di dimensione fino a 4 volte. Le mucillagini hanno una triplice funzione: forniscono una riserva d’acqua per l’embrione; proteggono il seme quando viene ingerito dagli uccelli e ne favoriscono l’espulsione; conferiscono al seme proprietà adesive, che gli permettono di attaccarsi alle zampe degli animali di passaggio. Gli uccelli sono ghiotti dei suoi semi, e la pianta ha sviluppato con essi un rapporto simbiotico: cibo in cambio di un aiuto nella germinazione. Se la germinabilità dei semi è normalmente del 56%, quando questi passano attraverso l’apparato digerente degli uccelli, diventa del 100%. Si parla, in questo caso, di diffusione endozoocora (5). Ma è l’altra diffusione, quella epizoocora, che si è resa protagonista di una grande invasione. E, come per la zanzara tigre, il vettore è Homo sapiens.

Schermata 2017-07-25 alle 11.29.28Una storia accanto agli uomini

Di nuovo una nave. Non più dall’America, ma per l’America. Da un qualche porto europeo un gruppo di coloni parte a cercare fortuna nel Nuovo Mondo. Non è passato molto dai viaggi di Colombo; l’America è un continente vergine, da conquistare, agli occhi degli Europei. Ma un’altra conquista ha luogo. Silenziosa. Eppure fulminea come quella dei Visi pallidi, che segue, è il caso di dirlo, a ruota. I coloni portano con sé dei semi di Piantaggine; la coltivano nei loro orti sulla costa americana, ma, ben presto, la pianta evade. I suoi semi si attaccano alle scarpe e ai pantaloni degli Europei, e alle ruote dei loro carri. E verdi macchie di Piantaggine spuntano ovunque essi vadano. L’impronta dell’uomo bianco: così la chiamano gli Indiani, che la vedono comparire dappertutto assieme agli invasori (6). Ma la conquista dell’America di questa specie di origine eurasiatica è solo uno dei tanti capitoli che essa occupa nella storia. I Greci e i Romani la conoscevano e ne apprezzavano le proprietà al punto che Temisone di Laodicea, fondatore della scuola metodica di medicina nel I secolo a.C., le dedicò un trattato apposito: De plantagine, che purtroppo non ci è pervenuto (7). Pochi secoli dopo (siamo tra il terzo e il quinto d.C.), i semi di Piantaggine compaiono negli stomaci delle cosiddette mummie di palude, antichi uomini dell’Europa del nord i cui corpi si sono conservati fino ad oggi, mummificati naturalmente grazie all’ambiente asfittico delle torbiere (8). In tempi più recenti veniva coltivata nei giardini dei monasteri e fa la sua comparsa, nonostante il suo aspetto umile e dimesso, anche nell’arte e nella letteratura. All’inizio del XVI secolo compare negli acquarelli Albrecht Dürer, dove, semplice erbaccia assieme ad altre erbacce, conquista la sublimità di ciò che è naturale e selvatico, espressa con vivido realismo dal pittore tedesco (9). Alla fine del secolo, invece, entra nei teatri grazie al genio di Shakespeare, che le dedica qualche verso in Romeo e Giulietta (10).

Schermata 2017-07-25 alle 11.30.01Un rimedio polivalente

Ma perché la Piantaggine è stata, da sempre, così apprezzata? Pare che abbia numerose proprietà benefiche, tanto da poter essere considerata una sorta di pronto soccorso da campo. Il medico greco Dioscoride (I sec. d.C.) la dice utile per una lunga serie di disturbi (11). Sarebbe ottima per asciugare le ferite e aiutarle a rimarginare, contro le ulcere, per stagnare il sangue e cicatrizzare i tagli, contro i morsi dei cani, le infiammazioni e la dissenteria. Ma anche per gli epilettici, gli asmatici e coloro che soffrono di piaghe in bocca. Il succo delle foglie aiuterebbe a eliminare il mal d’orecchie e darebbe sollievo agli occhi. A tal proposito, aggiunge il suo contemporaneo Columella, che si occupava di agricoltura, sarebbe utile creare un collirio mischiando il succo della Piantaggine con del miele estratto dai favi senza l’uso del fumo o, in mancanza di questo, con del miele di timo (12). Ma l’elenco di Dioscoride prosegue: la Piantaggine è utile per il sanguinamento delle gengive e per la dissenteria (somministrata per clistere). Bevuta assieme al vino è indicata per chi ha problemi intestinali e per chi sputa sangue. La radice, inoltre, allevierebbe il mal di denti. Anche Plinio il Vecchio ricorda le sue proprietà cicatrizzanti, e la dice utile contro il catarro (13). Dall’antichità al medioevo: tra gli altri impieghi, fa la sua comparsa nella letteratura medica la curiosa applicazione topica delle foglie di Piantaggine per ridare tono alla vagina ut etiam corrupta appareat virgo (14). E dal medioevo ai giorni nostri. Tralasciando il consumo delle foglie in insalata, gli impieghi che la medicina popolare ha per la Piantaggine sono numerosissimi. In Inghilterra viene usata per le sue proprietà emostatiche e antisettiche, per le vene varicose, per eliminare il pus, come sollievo contro le punture (tutti i tipi di punture, non solo quelle delle zanzare, di cui dicevamo prima), come tonico, per la tosse e per lenire le scottature. In Irlanda, invece, si ha la credenza che una pagina della foglia sia in grado di espellere il pus, mentre all’altra pagina sono attribuite le facoltà curative. È usata per gonfiori, screpolature, calli, verruche, mal di testa, gotta, problemi al fegato e, mischiata al latte, come ricostituente per i bambini deboli (15). E ancora. Le foglie di Plantago major sono usate in molti Paesi per la guarigione delle ferite, per le infezioni (della pelle e non solo), per i disordini digestivi e respiratori, per migliorare la circolazione e la riproduzione, come antidolorifico e per prevenire l’insorgenza del cancro. Plantago lanceolata è considerata anch’essa nel trattamento delle ferite e delle infiammazioni; inoltre è ritenuta antibatterica, diuretica, antiasmatica, in grado di contrastare artrite, gotta, problemi della bocca e della pelle. Plantago asiatica è usata nella medicina popolare come antipiretico, antitussivo, diuretico, cicatrizzante. Le fibre dei semi di numerose specie (Plantago afra L., Plantago ovata Forssk., Plantago indica L., Plantago major L.), inoltre, sono impiegate per promuovere la motilità intestinale. Alcune tribù messicane, poi, mischiano i semi di Piantaggine con acqua per formare un ammasso gelatinoso in grado di alleviare il mal di stomaco (16).

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Nuove prospettive dalle evidenze scientifiche

Una tradizione d’uso millenaria e variegata, dunque, quella della Piantaggine che, negli ultimi anni, si è confrontata con l’indagine scientifica. Le analisi hanno rivelato la presenza, nelle foglie, di un complesso cocktail di sostanze attive che la pianta ha sviluppato per proteggersi dai patogeni, dagli erbivori e con funzione allelopatica, regolando le interazioni tra piante diverse. Glicosidi fenilpropanoidi, iridoidi (come l’aucubina), triterpeni, flavonoidi, acidi fenolici: tutte sostanze che contribuiscono anche ai numerosi effetti che la Piantaggine sembra avere sul nostro organismo (17). Effetti che, a fronte della mole di dati etnobotanici, sono stati studiati con metodo scientifico, cercando di dare una spiegazione all’immensa fortuna di cui la Piantaggine gode a livello popolare. Numerose le proprietà della pianta che hanno trovato un riscontro scientifico. Innanzitutto la sua attività antiossidante (18). È in grado infatti, di stimolare il corpo a produrre quantità più elevate del normale di antiossidanti quali superossido dismutasi e glutatione (19). Connesse, l’attività antinfiammatoria che, grazie a composti come l’aucubigenina e gli acidi ursolico e oleanolico, riesce a inibire i mediatori dell’infiammazione, e quella cicatrizzante (20). Quest’ultima si esplica con un’accelerazione del tasso di contrazione e di epitelizzazione delle ferite. Ma non solo. È anche in grado di modulare l’immunità cellulo-mediata, di agire contro alcuni virus e cellule tumorali; ha effetti ematopoietici e, grazie alla stimolazione del sistema immunitario, antimicrobici. A questi si sommino moderati effetti antiparassitari nei confronti del protozoo responsabile della giardiasi, che dà sintomi di tipo gastrointestinale. È diuretica. E, per finire, nonostante il suo polline possa provocare allergie, gli estratti etanolici delle foglie si sono dimostrati in grado di inibire il rilascio di istamina IgE dipendente: effetti antiallergici, dunque (21). Un discorso a sé stante meritano i semi della Piantaggine. Come dicevamo sopra, sono ricchi di mucillagine, che ne rappresenta il principio attivo. Costituita di una porzione polisaccaridica solubile formata perlopiù (85%) da arabinoxilani, questa mucillagine non è utile soltanto per la dispersione dei semi: anche l’uomo ha saputo trarne vantaggio, impiegandola per regolarizzare le funzioni intestinali. In quanto lassativi formanti massa, i semi di Piantaggine sono in grado di richiamare acqua, una volta nell’intestino, e di rigonfiare grazie alla mucillagine in essi contenuta. L’aumento di volume stimola la peristalsi e favorisce l’espulsione delle feci nei soggetti affetti da costipazione. Le feci, inoltre, diventano più soffici, provocando meno dolore a chi è soggetto a emorroidi o ha subito un intervento chirurgico in loco. E tuttavia non servono solo per la costipazione, ma anche per il suo contrario: diarrea, sia cronica sia acuta. Gli effetti antidiarroici sono anch’essi dovuti all’azione delle mucillagini, che assorbono i liquidi in eccesso nell’intestino, aumentano la viscosità delle feci e, di conseguenza, il tempo di transito intestinale, regolarizzando la defecazione (22).

La Piantaggine e l’ambiente

Le virtù della Piantaggine non si limitano alla cura dell’uomo. È una pianta resistente e caparbia, che tollera bene il calpestio, così come i terreni inquinati, e prospera anche lungo le strade cittadine. E questa sua tolleranza fa sì che possa essere impiegata anche per risanare l’ambiente. Non solo tollera gli inquinanti, ma è anche in grado di accumularne alcuni, come i metalli pesanti, eliminandoli dal suolo. Il piombo prima di tutto, prevalentemente ad opera di Plantago major, ma anche rame e zinco (Plantago lanceolata) (23). Sembra quasi che sia la natura stessa a farla crescere in luoghi che necessitano di un risanamento. E se la sua capacità di ripulire il suolo non bastasse, di recente si sono studiate le sue applicazioni per eliminare i coloranti dalle acque di scarico. Le industrie tessili, della gomma, del cuoio, della carta, della plastica, dei cosmetici (ecc.) ogni anno rilasciano nella biosfera 1-2 milioni di kilogrammi di coloranti. Sono, questi, molecole sintetiche dalla complessa struttura aromatica resistenti alla degradazione biologica, stabili alla luce, al calore e all’ossidazione. Come eliminarli dalle acque in cui sono confluiti? Il metodo più utilizzato è quello della coagulazione-flocculazione. Ed è qui che entrano in gioco le mucillagini della Piantaggine, che fungono da agente coagulante in grado di riunire le molecole di colorante disperse in acqua perché possano poi essere rimosse con mezzi fisici (24). Un regalo in più che questa piccola pianta dall’aspetto così umile e trasandato è in grado di offrire all’uomo e al mondo intero. 

Bibliografia

1. Di Domenico M (2008) Clandestini. Animali e piante senza permesso di soggiorno. Bollati Boringhieri, Torino: 178-181
2. Gonçalves S, Romano A (2016) The medicinal potential of plants from the genus Plantago (Plantaginaceae). Industrial Crops and Products 83:213-226, pp. 213, 223
3. Appendino G, Luciano R, Salvo R (2012) Flora urbica. Erbe di città. Erbe spontanee su marciapiedi, muri, bordi strade nelle città. Volume primo: Erbe commestibili, medicinali, tossiche. Arabafenice, Boves: 170
4. Gademaier G, Eichhorn S, Vejvar E, Weilnböch L, Lang R et al (2014) Plantago lanceolata: An important trigger of summer pollinosis with limited IgE cross-reactivity. J Allergy Clin Immunol 134:2:475.e5
5. Kreitschitz A, Kovalev A, Gorb SN (2016) “Sticky invasion” – the physical properties of Plantago lanceolata L. seed mucilage. Beilstein J Nanotechnol 7:1918-1927
6. Mitich LW (1987) White Man’s Foot: Broadleaf Plantain. Weed Technology 1:3:250-251
7. È Plinio il Vecchio a darcene notizia: Naturalis Historia 25.80
8. Mitich LW (1987) op cit
9. Dürer A (1503), La grande zolla (Das große Rasenstück). Vedi immagine in apertura articolo.
10. Atto primo, scena seconda.
11. Dioscoride De materia medica 2.126
12. Columella De re rustica 6.33.2
13. Plinio il Vecchio, Naturalis Historia 25.80
14. Appendino G et al (2012) op cit: 170
15. Allen DE, Hatfield G (2004) Medicinal Plant in Folk Tradition. An Ethnobotany of Britain & Ireland. Timber Press, Portland – Cambridge: 247-248
16. Gonçalves S, Romano A (2016) op cit: 214
17. Ibidem
18. Ivi: 215
19. Hussan F, Haryani Osman Basah R, Rafizul Mohd Yusof M et al (2015) Plantago major treatment enhanced innate antioxidant activity in experimental acetaminophen toxicity. Asian Pacific Journal of Tropical Biomedicine 5:9:728-732
20. Riva E (2011) L’universo delle piante medicinali. Trattato storico, botanico e farmacologico di 400 piante di tutto il mondo. Tassotti Editore, Bassano (19951):246
21. Per una rassegna degli effetti di Piantaggine (P. major, nello specifico): WHO (2010) WHO monographs on medicinal plants commonly used in the Newly Independent States (NIS). WHO Press, Geneva: 318-322
22. WHO (1999) WHO monographs on selected medicinal plants. Vol.1 WHO Press Geneva:208-209
23. Romeh AA, Khamis MA, Metwally SM (2016) Potential of Plantago major L. for Phytoremediation of Lead-Contaminated Soil and Water. Water Air Soil Pollut 227:9
24. Chaibakhsh N, Ahmadi N, Zanjanchi MA (2014) Use of Plantago major L. as a natural coagulant for optimized decolorization of dye-containing wastewater. Industrial Crops and Products 61:169-175