Effetti della luce blu sulla pigmentazione e l’ossidazione della pelle in un modello ex vivo

ARTICOLI

M. Massironi, C. Girardi, F. Benato, D. Stuhlmann

Symrise

Effetti della luce blu sulla pigmentazione e l’ossidazione della pelle in un modello ex vivo

Valutazione dell’attività dell’L-Carnosina

Questo studio mira a valutare gli effetti della luce blu (Blue light, BL) utilizzando un modello di pelle ex vivo, e a testare l’efficacia della L-Carnosina nel proteggere la pelle dagli effetti della BL. Biopsie di pelle umana (ottenute da chirurgia plastica addominale) sono state trattate topicamente con L-Carnosina ed esposte a BL (80 e 120 J/cm2). L’effetto della BL sull’ossidazione e la pigmentazione è stato quantificato valutando le specie reattive dell’ossigeno (ROS) e la proteina Melanoma antigen recongnized by T cells 1 (Melan-A), che si trova sulla superficie dei melanociti. La valutazione dei ROS è stata eseguita con il metodo della diclorofluoresceina diacetato (DCFH-DA), mentre l’induzione della pigmentazione è stata valutata misurando la quantità di cellule Melan-A positive nello strato basale.

Si è osservato che BL aumenta in modo statisticamente significativo e dose-dipendente la produzione di ROS. Inoltre, è stato osservato un aumento statisticamente significativo di cellule Melan-A positive con la dose di 120 J/cm2 di BL. La L-Carnosina mostra un notevole effetto antiossidante riducendo sia i ROS sia le cellule Melan-A positive. L’aumento dei livelli di ROS, così come l’effetto pro-pigmentante, ci porta a concludere che la BL esercita un effetto pro-ossidativo sulla pelle. La L-Carnosina sembra fornire un’importante protezione dagli effetti della BL riducendo sia i ROS che le cellule Melan-A positive, potrebbe quindi essere considerata una soluzione valida per diminuire gli effetti negativi delle radiazioni della BL sulla pelle.

Effects of blue light on skin pigmentation and oxidation in an ex vivo model
Evaluation of the activity of L-Carnosine
This study aims to evaluate the effects of blue light (BL) using an ex vivo skin model, and to test the effectiveness of L-Carnosine in protecting the skin from the effects of BL. Human skin biopsies (obtained from abdominal plastic surgery) were topically treated with L-Carnosine and exposed to BL (80 and 120 J/cm2). The effect of BL on oxidation and pigmentation was quantified by evaluating reactive oxygen species (ROS) and the protein Melanoma antigen recongnized by T cells 1 (Melan-A), which is found on the surface of melanocytes. ROS evaluation was performed with the dichlorofluorescein diacetate (DCFH-DA) method, while induction of pigmentation was evaluated by measuring the amount of positive Melan-A cells in the basal layer.

We observed that BL statistically significantly and dose-dependently increases ROS production. Furthermore, a statistically significant increase in Melan-A positive cells was observed with the dose of 120 J/cm2 of BL. L-Carnosine shows a remarkable antioxidant effect by reducing both ROS and Melan-A positive cells. The increase in ROS levels, as well as the pro-pigmenting effect, leads us to conclude that BL exerts a pro-oxidative effect on the skin. L-Carnosine seems to provide important protection from the effects of BL by reducing both ROS and Melan-A positive cells, so it could be considered a valid solution to reduce the negative effects of BL radiation on the skin.

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Ciclodestrine

ARTICOLI

Annalisa Branca

R&D cosmetic formulator
Stubborn Cosmetics

Ciclodestrine

Ingredienti versatili e dalle molteplici applicazioni

Le ciclodestrine (CD) sono oligosaccaridi ciclici composte da unità di glucosio.
Le più comuni sono le ciclodestrine α, β e γ, formate rispettivamente da 6, 7, e 8 unità di glucosio.
Le CD possono essere prodotte in modo relativamente economico da materiali come l’amido, attraverso protocolli di green chemistry. Pertanto, sono considerate degli ingredienti di derivazione naturale. Studi tossicologici hanno dimostrato la loro sicurezza nell’utilizzo sia cosmetico sia alimentare.
La loro storia inizia nel 1891, quando Villiers studia dei peculiari cristalli che si rivelano essere stabili in condizioni di idrolisi acida e che non posseggono proprietà riducenti.
Dopo più di cento anni, le CD sono ancora di importante interesse.
La loro struttura toroidale a tronco di cono gli consente di formare complessi di inclusione con molecole-ospiti (guest). Ciò le rende particolarmente utili nello stabilizzare gli ospiti contro l’ossidazione e la luce e nell’aumentarne la solubilità e la biodisponibilità.
Le CD hanno largo impiego anche nella loro forma non complessata. Infatti, per esempio, quando non complessate sono in grado di sequestrare i cattivi odori.
Il costo relativamente contenuto e la loro versatilità hanno permesso alle CD e ai loro derivati, di trovare spazio in molteplici settori, in particolare nella cosmesi.

Ciclodextrins
Versatile ingredients with multiple applications
Cyclodextrins are cyclic oligosaccharides made of glucose units. The most common are the α-, β- and γ-cyclodextrins, that comprise 6,7, and 8 glucose units respectively.
They can be manufactured inexpensively starting from simple raw materials like starch, according to green chemistry protocols. Hence, they are classified as naturally derived ingredients. Furthermore, toxicology studies showed they are safe in both the cosmetic and food use.
Their story begins in 1891, when Villiers studies some peculiar crystals which proved stable under acid hydrolysis conditions, and did not possess reducing properties. After more than a hundred years, CDs are still of great interest. Their truncated cone and toroidal structure allow CDs to form inclusion complexes with guest molecules. This makes them particularly useful in stabilizing the guests against oxidation and light, and in increasing their solubility in water and bioavailability. CDs are also widely used in their non-complexed form. In fact, for example, when they are free, they are able to trap body odor. The relatively low cost and versatility have allowed CDs, and their derivatives, to find space in many sectors; in particular, they allow various interesting uses in cosmetics.

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Ecodesign di prodotti solari: quali sfide?

OPINION LEADER

Alessandra Semenzato

Direttore scientifico Unired
Docente Università degli Studi
di Padova

Ecodesign di prodotti solari: quali sfide?

Sviluppare prodotti cosmetici secondo criteri di ecodesign è la sfida della cosmesi moderna. Come tutto il mondo produttivo, anche il nostro settore è infatti chiamato a prendere consapevolezza delle ricadute ambientali associate non solo al ciclo di produzione ma anche al ciclo di vita dei prodotti e a trovare nuove soluzioni che siano in grado di immettere sul mercato cosmetici formulati in un’ottica di sostenibilità, evitando ogni forma di greenwashing. 

Formulare in ecodesign significa progettare un prodotto secondo criteri ambientali che tengano in considerazione parallelamente contenuto e contenitore. La costruzione di un prodotto in ecodesign non può prescindere infatti dai materiali che compongono il packaging, che ne determinano l’impatto ambientale nella sua fase di fine vita. 

L’obiettivo da raggiungere non è affatto scontato per nessuna categoria di cosmetici ma non c’è dubbio che l’asticella da superare sia posizionata ancora più in alto quando parliamo di prodotti solari, ovvero di una categoria di prodotti che hanno un ruolo specifico nella prevenzione della nostra salute e che presenta dei vincoli normativi specifici sia in termini di scelta degli ingredienti attivi (lista filtri del Regolamento sui prodotti cosmetici) che di misurazione dell’efficacia (ISO solari). 

La questione ambientale e le problematiche dell’impatto dei solari nell’ecosistema barriera corallina è emersa già da alcuni anni: i principali imputati dei danni ambientali sono filtri solari di vecchia generazione, come Oxybenzone (Benzophenone-3) e Octinoxate (Ethylhexyl Methoxycinnamate), sospettati di essere dei potenti interferenti endocrini, che sono stati vietati in alcuni stati USA. In Europa, dove a differenza degli Stati Uniti la lista dei filtri ammessi include anche molecole di ultima generazione ad ampio spettro più performanti, rinunciare a queste molecole e definirsi ocean friendly è stato semplice, anche se non è questa la corretta modalità per affrontare la sfida della sostenibilità.

Per vincerla dobbiamo allargare lo sguardo e abituarci ad aggiungere un ulteriore criterio di valutazione per selezionare le materie prime con cui formuliamo i nostri prodotti: non più solo funzionalità, SPF, aspetti applicativi/sensoriali e costi ma anche impatto ambientale, dobbiamo quindi abituarci a ragionare in termini di LCA (Life Cycle Assessment) di prodotto e di materia prima. 

Per un design formulativo sostenibile è infatti necessario considerare che ogni fase del ciclo di vita del prodotto ha una ricaduta sull’ambiente: è stato calcolato che la fase di design che comprende il sourcing delle materie prime è la fase che incide maggiormente (16%) mentre le altre fasi (manufacturing, distribution, consumer use e post consumer use) pesano più o meno in parti uguali (13-14%).

Evidentemente, la fase consumer use per i prodotti leave-on è quasi trascurabile e quindi il peso della fase di design e della scelta delle materie prime (CO2, estrazione, sintesi) risulta ancora più determinante. 

Per i prodotti rinse-off, invece, ciò che incide in modo più pesante è proprio la fase di utilizzo da parte dei consumatori e il fine vita che coinvolgono sia l’uso dell’acqua durante il lavaggio sia le implicazioni dei residui nelle acque di scarico (biodegradabilità, ecotossicità).

E nel caso di un prodotto solare? Pur essendo un prodotto leave-on la fase di utilizzo impatta in modo pesante sul mondo marino, quindi, anche criteri come biodegradabilità ed ecotossicità diventano prioritari. 

L’ecodesign formulativo di un solare non può quindi prescindere da un’attenta analisi delle materie prime utilizzate: il sistema filtrante che deve garantire la protezione, la scelta di oli ed emulsionanti e quella dei polimeri.  

La selezione dei filtri è cruciale per la protezione solare perché nei prodotti ad alto SPF (30, 50, 50+) la loro concentrazione rappresenta il 30 % degli ingredienti del prodotto. 

Non disponiamo ancora di dati sufficientemente esaustivi sull’impatto ambientale deli filtri solari ma dai primi studi sembra chiaro che le molecole di ultima generazione con caratteristiche broad spectrum rappresentino una scelta più ecofriendly: dal momento che garantiscono migliori performance in termini di protezione solare, sono quindi utilizzabili a concentrazioni più limitate rispetto alle classiche molecole organiche di prima e seconda generazione (1). Molto spesso, quando si tratta di sostenibilità, a livello marketing i filtri UV detti fisici vengono presentati come prima scelta perché considerati “naturali”. Tuttavia, proprio per la loro natura chimica (inorganica, appunto), per questa categoria di filtri (come l’ossido di zinco) non si applicano i criteri di biodegradabilità e le loro concentrazioni nell’ambiente marino potrebbero aumentare nel tempo con potenziali effetti acuti e cronici su un gran numero di specie presenti appunto nell’ambiente marino.

L’efficacia di un prodotto solare oltre che dalla tipologia di sistema filtrante utilizzato è strettamente dipendente dalla presenza di polimeri che permettono di creare film uniformi capaci sia di migliorare la resistenza al lavaggio che di implementare il cammino ottico della luce, agendo da booster di SPF.

Se in un futuro non poi così lontano i polimeri a base di acrilati, molto utilizzati nei prodotti solari allo scopo di migliorare la resistenza all’acqua e come booster di SPF, fossero identificati come microplastiche e sottoposti a restrizione come già accaduto per i derivati del nylon o del PMMA, questo inciderebbe sull’operatività poiché diverrebbero non più utilizzabili nelle formulazioni cosmetiche.

A questo proposito, vale la pena di ricordare che se è vero che tutte le plastiche sono polimeri, non è vero che tutti i polimeri sono plastiche. L’obiettivo di utilizzare nuovi materiali polimerici biodegradabili e non ecotossici che siano in grado di garantire le performance di water resistance e booster. 

Per quanto riguarda i sistemi emulsionanti e gli oli emollienti è necessario privilegiare molecole anche di sintesi o semi-sintesi ma preparate utilizzando criteri di green chemistry capaci di coniugare in modo ottimale una bassa impronta CO2 e biodegradabilità con proprietà funzionali e sensoriali elevate. Fortunatamente esiste un’ampia scelta di sistemi con cui preparare sia emulsioni acqua in olio che olio in acqua con fasi lipidiche caratterizzate da proprietà solventi molto importanti per la solubilizzazione dei filtri. 

Sostenibilità è anche saper rinunciare a ciò che non è strettamente necessario. Formulare in ecodesign vuol dire quindi realizzare prodotti semplici, utilizzando quegli ingredienti necessari a garantire aspetti sensoriali e funzionali e di stabilità del prodotto in modo da semplificare anche la fase di produzione. 

Questo stesso criterio deve essere applicato anche al packaging poiché solo i packaging monomateriale possono essere facilmente riciclabili, come flaconi e tubi che a differenza di pompe spray non richiedono l’uso di polimeri di diversa natura chimica.

Oggi i consumatori chiedono sempre di più ai cosmetici che acquistano, ricercando la sostenibilità a 360 gradi, non solo in termini di impatto ambientale e biodegradabilità, ma anche di sicurezza. In quest’ottica, è necessario un approccio più olistico, ponendo particolare attenzione alla qualità delle materie prime utilizzate e formulando prodotti solari con ingredienti che abbiano un elevato grado di dermo-affinità, adatti a tutti i tipi di pelle, anche le più sensibili. Tutto questo senza tralasciare gli aspetti sensoriali di scorrevolezza e di texture, che rendono il prodotto piacevole da applicare, in modo tale che il consumatore sia più propenso alle applicazioni ripetute nell’arco della giornata, elemento indispensabile per assicurare l’efficacia protettiva.

Biliografia

  1. Pawlowski S, Herzog B, Sohn M et al. EcoSun Pass: A tool to evaluate the ecofriendliness of UV filters used in sunscreen products. Int J Cosmet Sci. 2021;43: 201-210.

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Solari Mineral Only

ARTICOLI

Mattia Battistin* Alessandro Bonetto** Stefano Manfredini*** et al

*Kalis Srl
**Università Ca' Foscari Venezia
***Università di Ferrara

Solari Mineral Only

Estratto di semi di Pongamia come innovativo booster SPF per la protezione solare 100% minerale

Oltre agli indiscutibili effetti positivi dell’esposizione solare per la salute umana, i raggi UV sono stati ampiamente studiati per aspetti tossicologici legati a dosi eccessive di UVB e UVA, che coinvolgono scottature solari, invecchiamento cutaneo, danni al DNA delle cellule cutanee e cancerogenesi. La protezione solare aiuta a prevenire queste problematiche sia a breve, sia a lungo termine. Anche nei prodotti solari la tendenza oggigiorno è quella di utilizzare materie prime naturali per una maggior sicurezza per il consumatore finale ma anche per una migliore compatibilità con l’ambiente, soprattutto per l’ecosistema marino. In questo lavoro è stata indagata l’attività dell’estratto di semi di Pongamia (pongamolo) come booster di protezione solare per il filtro minerale ZnO. I risultati ottenuti hanno dimostrato come l’aggiunta di pongamolo in emulsione permetta di ottenere un importante effetto booster (confermato dal test in vivo) già a basse concentrazioni. Questo approccio si inserisce in un percorso volto a formulare creme solari completamente naturali pensate per un consumatore molto consapevole e attento alla scelta dei prodotti cosmetici acquistati e si inserisce nel trend della sempre più ricercata green beauty.

Mineral Only Solar
Pongamia seed extract as an innovative SPF booster for 100% mineral sun protection
In addition to the indisputable positive effects of sun exposure for human health, UV rays have been extensively studied for toxicological aspects related to excessive doses of UVB and UVA, involving sunburn, skin aging, damage to skin cells DNA and carcinogenesis. Natural or synthetic sunscreen helps prevent these problems both in the short and long term. Even in solar products, the trend nowadays is to use natural raw materials for greater safety for the final consumer but also for better compatibility with the environment, especially for the marine ecosystem. In this work the activity of Pongamia seed extract (Pongamol) as a sun protection booster for the ZnO mineral filter was investigated. The results obtained showed how the addition of Pongamol in emulsion allows to obtain an important booster effect (confirmed by the in vivo test) already at low concentrations. This approach is part of a path aimed at formulating completely natural suncreams thought at a consumer who is very aware and attentive to the choice of cosmetic products purchased, and is part of the trend of increasingly sought – after green beauty.

Articolo integrale in uscita sul numero 4 di Cosmetic Technology

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Soluzioni di packaging per prodotti cosmetici contenenti filtri solari organici

ARTICOLI

Marcello Valdameri Antonella Cavazza Claudio Corradini

Art Cosmetics
Università di Parma

Soluzioni di packaging per prodotti cosmetici contenenti filtri solari organici

Qualità e sicurezza di un prodotto dipendono anche dal packaging

Le creme solari svolgono un ruolo cruciale nella prevenzione del cancro della pelle e nella protezione contro il fotoinvecchiamento. Tuttavia, la natura lipofila dei filtri organici favorisce l’interazione con alcuni materiali plastici costituenti dei contenitori. Inoltre, le alte temperature e la presenza di ingredienti volatili possono provocare la permeazione del filtro al packaging in cui è contenuto il cosmetico.

In questo studio sono state comparate due tipologie di packaging, uno in polietilene e uno in polietilene additivato con uno strato barriera in etilene vinil alcol, EVOH. Inoltre, in via del tutto sperimentale, è stato preso in considerazione un coating totalmente biodegradabile sviluppato dall’Università di Parma.

Su campioni conservati a 25 e 40 °C è stato monitorato l’andamento della stabilità dei conservanti, della sostanza volatile e del filtro chimico attraverso analisi HPLC-DAD e FTIR. Nei tubi in polietilene conservati a 40 °C si è riscontrata permeazione delle sostanze analizzate e un calo del 12% del filtro organico, mentre nei flaconi in polietilene rivestiti con il materiale biodegradabile la perdita è significativamente ridotta. 

Packaging solutions for cosmetic products containing organic sunscreens
Product quality and safety are also packaging-dependent

Sun creams are an important “tool” for preventing skin injuries and protecting from photo-ageing. However, lipophilic substances occurring in the formulation, together with volatile compounds, can interact with the plastic materials of packaging, and, at high temperature can lead to permeation through the container.

This study is focused on the comparison between the behavior of two different packaging, a first one made of polyethylene, and a second one of the same material covered by a barrier of ethylene vinyl alcohol (EVOH). In addition, an innovative biodegradable coating developed by the University of Parma has been considered.

Samples were stored at 25 and 40 °C, and the stability of ingredients present in the formulation was analyzed by HPLC-DAD and FTIR. In polyethylene tubes stored at 40 °C a permeation of some components, and a decrease of 12% of the solar screen was observed. The decrease of solar screen in coated tubes was significantly reduced

Articolo integrale in uscita sul numero 4 di Cosmetic Technology

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Editoriale CT 4 • 2022

Editoriale
Cosmetic technology 4, 2022

Anna Caldiroli

Direttore scientifico
di Cosmetic Technology

Houston, abbiamo
un problema, anzi due

Nel numero dedicato alla “tintarella” mi è sembrato doveroso coinvolgere una Regina nota per il suo candore, le cui abitudini di makeup non le hanno permesso di mantenere il suo viso in buono stato: Regina Elisabetta I Tudor.

Cambiano le epoche ma il concetto di dover corrispondere a dei canoni imposti resta fortemente affermato così come l’inseguimento di una (apparente) perfezione: lei inseguiva il bianco assoluto e, noi oggi, l’abbronzatura a tutti i costi, per cui a volte si rischia la pelle, nel vero senso della parola!

Andando oltre i colori bianco latte, marrone bronzo, evitando il rosso peperone, quali sono le preoccupazioni del nostro tempo?

Ne intravedo almeno due: gli effetti del riscaldamento globale sulla salute e quelli dei cosmetici sull’ambiente. Un vero e proprio cane che si morde la coda. Uno studio del 20101 spiega come un aumento della temperatura influenzi il comportamento delle persone: incoraggia a trascorrere più tempo all’aperto aumentando così l’esposizione ai raggi solari.

Se da una parte questo adattamento comportamentale può avere benefici (es. sintesi della vitamina D) parimenti può essere legato a un aumento dell’incidenza di cancro e di scottature solari, indipendentemente dal fatto che in natura questi eventi siano “fisiologici”. Da considerare anche come la riduzione dello strato di ozono incida sulla salute umana: si è maggiormente esposti ai raggi UVB che, senza uno “schermo”, raggiungono con più facilità la superficie terreste e i cui effetti sono ben noti (cancro della pelle con meccanismo dose-dipendente).

Con un salto di un decennio2 è stato valutato come il riscaldamento climatico e altre variabili, tra cui temperatura, umidità, raggi UV e inquinamento atmosferico, influenzino il microbioma cutaneo e, quindi, la salute della pelle, incidendo su epidemiologia e gravità dei disturbi cutanei.

Se attraverso una generalizzata ed efficace opera di informazione fossimo in grado diffondere la necessità d’impiego di una protezione solare – lo dico brutalmente – potremmo abbattere i costi sanitari derivati dall’insorgere di queste patologie. Rovescio della medaglia, l’incremento dell’uso di solari potrebbe avere delle ripercussioni sull’ambiente e l’allerta è molto alta verso i filtri UV. Sotto la lente di ingrandimento sono finiti i filtri organici, tuttavia, anche gli inorganici sembrano avere delle “gatte da pelare” sia in termini di classificazioni armonizzate (lo ZnO per l’ambiente e il TiO2 con la sua recente classificazione come Carc 2 per via inalatoria, in base alla dimensione particellare) e, in modo più ampio, per gli effetti sull’ambiente di entrambi se in forma nanostrutturata.

In alcuni casi, sembra che le norme sui prodotti per la protezione solare non siano al passo con le scoperte scientifiche che vengono divulgate e, di conseguenza, lo scetticismo diffonde tra la popolazione oltre a una non opportuna informazione che conduce a un generale riduzione d’uso. Per prevenire questo, bisogna lavorare sulla formulazione di prodotti contemporaneamente sicuri per uomo e ambiente e che non abbiano effetti di lungo termine dovuti al loro accumulo3.

1Fabbrocini G, Triassi M, Mauriello MC et al. Epidemiology of Skin Cancer: Role of Some Environmental Factors. Cancers. 2010;2:1980-1989.
2Isler MF, Coates SJ, Boos MD. Climate change, the cutaneous microbiome and skin disease: implications for a warming world. Int J Dermatol. 2022.
3Fivenson D, Sabzevari N, Qiblawi S et al, Review. Sunscreens: UV filters to protect us: Part 2-Increasing awareness of UV filters and their potential toxicities to us and our environment. Int J Womens Dermatol. 2021;7:45-69.

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Packaging cosmetico

ARTICOLI

Marina Camporese, Andrea Vittadello

Mérieux NutriSciences Italia

Packaging cosmetico

Esiste un’efficacia di sostenibilità?

Il packaging di un prodotto cosmetico è un importante strumento di comunicazione per trasmettere l’identità del brand e del prodotto stesso, un impegno verso i consumatori. Il packaging è prodotto. Un packaging sostenibile rappresenta la decisione dell’azienda cosmetica di ridurre l’impatto sull’ambiente scegliendo di disegnare il packaging attraverso il principio delle “3 R”, ossia ridurre, riutilizzare e riciclare. Ma non solo. Oltre a essere fondamentale per descrivere la filosofia del brand, il packaging cosmetico ha anche il ruolo essenziale di garantire la sicurezza del prodotto. La garanzia dell’elevata qualità del prodotto attraverso una seria valutazione della sicurezza del packaging per escludere l’eventuale rilascio di sostanze che potrebbero raggiungere il cosmetico, nonché il mantenimento delle proprietà funzionali e organolettiche, sono prioritari e devono essere considerati di massima importanza per tutta la filiera cosmetica. Nel corso dell’articolo, Marina Camporese, esperta di packaging, e Andrea Vittadello, Sustainability Ambassador, risponderanno a una serie di domande relative agli imballaggi cosmetici di nuova generazione, approfondendo le valutazioni di sicurezza integrate all’innovazione sostenibile.

Cosmetic Packaging
Does sustainability efficacy exist?

The packaging of a cosmetic product is an important communication tool to communicate the brand identity – but also the product itself, a commitment to consumers. Finally, packaging is a product. A sustainable packaging represents the cosmetic company decision of reducing its impact in the environment by choosing to design the packaging through the principle of the 3 R’s, so reduce, reuse and recycle. However, that is not all. Cosmetic packaging also has the essential role of guaranteeing product safety, as well as being fundamental in describing brand philosophy. Ensuring the high quality of the product through a serious assessment of the packaging safety to avoid the possible release of substances that could reach the cosmetic, as well as maintaining the functional and organoleptic properties, are priorities and must be considered of utmost importance for the entire cosmetic supply chain. Marina Camporese, packaging expert, and Andrea Vittadello, Sustainability Ambassador, will answer a series of questions related to cosmetic packaging next-generation, delving into safety assessments integrated with sustainable innovation.

Articolo integrale pubblicato su Cosmetic Technology 3/2022

 

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Acido lattobionico

ARTICOLI

Marilisa Franchini

CEO e Founder M 2.0

Acido lattobionico

Un acido adatto alle pelle sensibili, idratante e antiossidante

L’acido lattobionico (AL) è un idrossiacido (HA) dalle caratteristiche peculiari. È una sostanza con spiccate capacità idratanti (maggiori di quelle del glicerolo e di molti altri idratanti cosmetici), in grado di formare un film sulla cute che rinforza la barriera cutanea e che, secondo alcuni studi preliminari, potrebbe promuovere i processi riparativi cutanei.

Non è irritante e può essere utilizzato su pelli sensibili e anche su pelli che presentano dermatite atopica o rosacea. Per questo risulta utile anche dopo l’uso di peeling con HA o microdermoabrasioni. Ha una capacità antiossidante pari a quella della vitamina C e della vitamina E, questa sua funzione è data dal fatto che è in grado di chelare gli ioni metallici, in particolare quelli di ferro, e in questo modo inibisce la formazione della maggioranza dei radicali liberi presenti nella pelle. È un inibitore delle metalloproteinasi della matrice (MMP), enzimi che contribuiscono alla formazione dei segni del tempo. Aumenta lo spessore del derma attraverso la biosintesi di GAG (glicosaminoglicani), acido ialuronico e fibre di collagene, inoltre, modula la cheratinizzazione della pelle. Deve essere utilizzato, per essere efficace, così come gli ABA (acidi aldobionici) e PHA (poliidrossiacidi) a una percentuale minima del 5% e con un pH compreso tra 3 e 4. In un’emulsione al 6% ha dimostrato una maggiore idratazione cutanea rispetto all’acido glicolico. All’8% agisce sulle MMP e quindi sul fotoinvecchiamento cutaneo. I dati presenti in letteratura descrivono le proprietà dell’AL in concentrazioni fino al 10%. Non è fotosensibilizzate e per questo può essere utilizzato anche durante l’esposizione al sole senza una rigorosa protezione solare.

Lactobionic acid
A moisturizing and antioxidant acid suitable for sensitive skin

Lactobionic acid (LA) is a Hydroxy acid (HA) with peculiar characteristics. It is a substance with strong moisturizing capacities (stronger than those of glycerol and many other moisturizer ingredients), that readily attract and retain water, forming a gel matrix on skin that strengthens the skin’s barrier and which, according to some preliminary studies, could promote skin repair processes.

It is not irritating and can be used on sensitive skin, on skin with atopic dermatitis or rosacea. For these reasons it is also useful after the use of peeling with HA or microdermabrasion. It has an antioxidant activity equal to that of Vitamin C and Vitamin E. Thanks to the excellent properties of chelating metal ions, in particular iron ions, LA inhibits the creation of most reactive free radicals in the skin. It is an inhibitor of matrix metalloproteinases (MMPs), enzymes that contribute to the formation of the signs of aging. It increases the thickness of the dermis through the biosynthesis of GAG (glycosaminoglycans), hyaluronic acid and collagen fibers, in addition, it modulates the keratinization of the skin. For efficient operation of LA, as well as of ABA (aldobionic acids) and PHA (polyhydroxy acids), the required concentration of the acid in the cosmetic formulations is a minimum of 5% and active acidity in the pH range of 3-4. formulations. An emulsion comprising 6% LA showed higher effectiveness in moisturizing the skin than the emulsion with glycolic acid. Other researchers reported significant improvement in reducing the signs of photoaging (blocking the activity of MMPs) after application of 8% LA cream for 6 and 12 weeks. Literature data describe properties of LA formulas in concentrations up to 10%. It does not increase skin sensitivity to UV radiation and therefore can be used in the summer without maintaining rigorous sun protection. 

Articolo integrale pubblicato su Cosmetic Technology 3/2022

 

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Editoriale CT 3 • 2022

Editoriale
Cosmetic technology 3, 2022

Anna Caldiroli

Direttore scientifico
di Cosmetic Technology

Bella da far paura

Chi mi conosce sa che mi piace visitare castelli e dimore storiche, mostre e musei. E, inevitabilmente, sa che una delle opere milanesi che preferisco è il “Buste de femme au chapeau” (acrilici e collage su tela, 1969): lei, così mostruosamente bella (forse uno dei primi esempi di Body positive?) aspetta i visitatori alle Gallerie d’Italia, in Piazza Scala. Ho perciò pensato di invitare a chiacchierare con me il suo padre creatore: Enrico Baj.

Scalpito, non sto nella pelle, voglio sapere tutto.

Resto incantata ad ascoltarlo quando racconta che lavora con oggetti trovati come passamaneria o pezzi di legno e crea dei personaggi irriverenti e ironici che sono anche caricature del reale. 

Notiamo che anche i cosmetici sono, da un certo punto di vista, delle opere d’arte che devono essere progettati per sopravvivere agli attacchi del tempo2 e del mondo microbico.

Sono sul mercato nelle forme più diverse, tanto per dirne alcune: creme, emulsioni, lozioni, gel e oli, paste, ciprie ma la lista sembra essere costantemente in crescita; alcuni scelgono di riprodurre composizioni di pasticceria oppure impacchettarli con evidenti richiami al packaging alimentare. 

Ora, al di là degli aspetti artistici, della sorprendente somiglianza con veri alimenti e, del pensiero che si intende far fluire trasversalmente “se me lo mangio, allora me lo spalmo” non capisco perché – da consumatore – dovrei essere invogliata a usare un docchiaschiuma a forma di babà o di bombolone alla crema o uno confezionato come una bibita? Certo, immagini evocative, assimilabili per forma e profumazioni al cibo ma… un cosmetico ha veramente bisogno di questo? Io preferirei metterli altrove: per esempio sotto i denti, dentro la pancia e non sui fianchi!

In più, la norma parla chiaro già a partire dai consideranda: la presentazione di un prodotto cosmetico e, in particolare, la forma, l’odore, il colore, l’aspetto, l’imballaggio, l’etichettatura, il volume o le dimensioni dello stesso non dovrebbero mettere a repentaglio la salute e la sicurezza dei consumatori creando confusione con i prodotti alimentari; in linea con quanto previsto anche dall’art. 3 del Regolamento che stabilisce che sono messi a disposizione sul mercato prodotti sicuri per la salute umana – se utilizzati in condizioni d’uso normali o ragionevolmente prevedibili – tenuto conto della loro presentazione che deve essere conforme alla norma relativa a quei prodotti che, avendo un aspetto diverso da quello che sono in realtà, potrebbero compromettere la salute o la sicurezza dei consumatori3,4; il mancato rispetto può dar seguito anche a misure drastiche come il divieto di commercializzazione5. 

Tornando alla Femme, di cui ho una sua piccola riproduzione in casa e quando la guardo penso che, in qualche modo, per far parlare di sé non è sufficiente essere perfetti anzi, magari non serve nemmeno.

1www.artribune.com/report/2016/07/mostra-enrico-baj-museo-archeologico-regionale-aosta/ 
2Rigano L. (In)stabilità e cosmetici. Cosm Tech. 2021;24(3):6-7 
3Regolamento (CE) n. 1223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 novembre 2009 sui prodotti cosmetici.
4www.regione.lombardia.it/wps/wcm/connect/876f5cee-2559-4f60-97dd-c0b3920284d8/D9268_26062019.pdf?MOD=AJPERES&CACHEID=ROOTWORKSPACE-876f5cee-2559-4f60-97dd-c0b3920284d8-mN1J711
5https://ec.europa.eu/safety-gate-alerts/screen/webReport/alertDetail/10005103

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Sansa di mela

VISTO IN FIERA
POSTER

Vénicia Numa,
Elisabeth Badens,
Arnaud Bellon,
Christelle Crampon

Symrise, Francia
Laboratoire M2P2,
Europôle de l’arbois,
Aix en Provence cedex

Sansa di mela

Una nuova fonte di ingredienti per l’industria cosmetica

Le industrie (soprattutto l’agricoltura e l’industria alimentare) generano molti prodotti di scarto. Nel 2017, gli scarti alimentari (44%) hanno rappresentato la maggiore fonte di rifiuti nel mondo, prima di carta (17%), plastica (12%), vetro (5%) e metallo (4%). Solo il 13,5% di questi scarti (side stream) viene valorizzato, nonostante la generale diminuzione delle risorse. Eppure, gli scarti alimentari possono essere trasformati per generare un significativo valore aggiunto, in particolare nell’industria cosmetica. Si tratta di una nuova tendenza di consumo che risulta essere interessante per fornitori e consumatori, il cui senso di responsabilità ecologica sta crescendo in molti campi.

In termini di consumi/anno, la mela è uno dei frutti più consumati al mondo, circa 70 milioni di tonnellate l’anno (2017). L’upcycling della sansa di mela può risultare interessante, in quanto consente di aiutare a ridurre l’impatto ambientale delle industrie alimentari per ottenere composti bioattivi ad alto valore aggiunto. Symrise è un’azienda attivamente coinvolta nel processo di upcycling che ha iniziato a dedicarsi ai diversi modi di valorizzazione dei side stream. Tra le varie fonti disponibili all’interno delle filiali Symrise, la sansa di mela (vale a dire il principale sottoprodotto ottenuto nel processo di produzione dei succhi di mela) rappresenta una fonte di cere e composti bioattivi come i polifenoli (florizina, floretina) e composti lipofili (acido ursolico, eritrodiolo, acido oleico e acido linolenico) che riscuotono grande interesse nel campo cosmetico per le loro proprietà antiossidanti, lenitive, antimicrobiche, emulsionanti. Una delle tecniche di estrazione utilizzate per ottenere tali molecole può essere l’estrazione con CO2 supercritica, nota per essere una tecnica eccellente nell’estrazione dei lipidi. Infatti, l’estrazione di CO2 supercritica (Sc-CO2), tra le altre possibili, è una tecnica promettente per la valorizzazione della sansa di mela che consente di ottenere interessanti rese per composti ad alto valore aggiunto derivati dalla materia di scarto.

L’idea di fondo mira a sviluppare un processo integrato per separare selettivamente i composti di interesse e modellarli. Il progetto ha lo scopo di sviluppare un processo più compatto, economico e attento all’ambiente. La valorizzazione della sansa di mela sarà usata come prodotto modello, per applicare il processo di estrazione ad altri side stream. In particolare, si è focalizzato sullo studio di diverse tecniche di estrazione per l’upcycling del side stream delle mele e sullo sviluppo di un metodo integrato di estrazione per separare selettivamente i composti.

Risultati (quali-quantitativi) delle analisi condotte con LC-MS dell’estratto di sansa di mela con Sc-CO2

Processo di valorizzazione
della sansa di mela

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