Il metabolismo cutaneo delle sostanze bioattive


Il metabolismo cutaneo delle sostanze bioattive

Come la cute può influenzare il metabolismo di prodotti cosmetici e dermatologici?

Dipartimento di Scienze del Farmaco, Università del Piemonte Orientale

Silvio Aprile, Marta Serafini, Tracey Pirali
Dipartimento di Scienze del Farmaco, Università del Piemonte Orientale • silvio.aprile@uniupo.it


La pelle non è solamente un esteso mantello che ricopre l’organismo proteggendolo dalle sostanze estranee (xenobiotici) e dagli agenti patogeni, ma rappresenta anche un’efficace barriera funzionale in grado di “processare” le sostanze esogene che riescono a penetrarla.
Ogni sostanza in grado di attraversare lo strato corneo entra infatti in contatto con enzimi metabolici presenti a livello cutaneo che possono modificarne la struttura. L’attività del complesso apparato metabolico della pelle è quindi uno dei molti fattori da prendere in considerazione nell’ambito della progettazione di farmaci dermatologici e prodotti cosmetici. In questo articolo verrà fornita una panoramica delle principali trasformazioni metaboliche che uno xenobiotico può subire a contatto con la cute; trasformazioni per lo più volte alla sua inattivazione oppure, talvolta, coinvolte nella formazione di metaboliti reattivi, spesso responsabili dell’insorgenza di fenomeni di tossicità. Verrà inoltre descritto come il metabolismo cutaneo può essere sfruttato nel progettare sostanze attive come pro-farmaci o farmaci soft; infine verranno discussi i principali modelli cellulari utilizzati per determinare in vitro la stabilità metabolica delle sostanze che vengono applicate per via topica.

Introduzione

Con il termine “xenobiotico” viene definita ogni sostanza estranea ai processi vitali del nostro organismo, sia essa un inquinante ambientale, un additivo alimentare, un farmaco o un cosmetico. Il metabolismo di queste sostanze, talvolta caratterizzate da un’elevata lipofilia che ne può promuovere l’accumulo con possibili conseguenti fenomeni di tossicità, comprende una moltitudine di reazioni chimiche.
Gli xenobiotici, infatti, dopo essere stati assorbiti dall’organismo attraverso le membrane cellulari, non solo del tratto gastro-intestinale ma anche a livello di qualsiasi altro tessuto, entrano nel circolo sanguigno e si distribuiscono nei diversi organi.
In funzione delle loro proprietà chimico-fisiche, queste sostanze possono essere eliminate attraverso le urine e le feci senza subire alterazioni oppure andare incontro a delle trasformazioni metaboliche (biotrasformazioni) in grado di “adattarle” ai processi di escrezione, promuovendone così l’eliminazione ed evitandone l’accumulo nei tessuti, come ad esempio le membrane e il tessuto adiposo, sedi nelle quali potrebbero causare effetti tossici.
Le biotrasformazioni degli xenobiotici avvengono principalmente nel fegato, organo deputato al metabolismo di primo passaggio, e in misura minore in altri distretti, tra cui il tratto gastro-intestinale, a livello polmonare, renale e cutaneo (1). Dal punto di vista chimico, gli xenobiotici che sono assorbiti dall’organismo vengono metabolizzati per ridurre la loro lipofilia, promuovendone quindi l’escrezione grazie a un aumento della loro polarità.
Le reazioni metaboliche si classificano in reazioni di fase I e di fase II. Le prime sono anche chiamate “reazioni di funzionalizzazione” perché trasformano gli xenobiotici modificando i gruppi funzionali presenti o introducendone di nuovi. Le funzionalizzazioni comprendono reazioni di ossidazione, catalizzate principalmente dalla famiglia degli enzimi del citocromo P450 (CYP) e dalle monoossigenasi contenenti flavina (FMO), reazioni di riduzione e reazioni di idrolisi. Le reazioni di fase II, invece, sono chiamate di coniugazione, in quanto legano gli xenobiotici a molecole capaci di aumentarne sensibilmente il carattere idrosolubile, rendendole quindi più facilmente eliminabili nelle urine. In questo tipo di reazioni, gli xenobiotici vengono per lo più coniugati con glutatione (glutatione S-transferasi, GST), acido glucuronico (glucuronosiltransferasi, UGT), gruppi solfato (sulfotrasferasi, SULT) e acetato (N-acetiltransferasi, NAT).
Sia che si tratti di farmaci sia di altre sostanze dotate di attività biologica, le trasformazioni operate in entrambe le fasi del metabolismo portano generalmente all’inattivazione della sostanza bioattiva. Questa regola però non è sempre vera, poiché è noto che le reazioni metaboliche talvolta mediano la formazione di composti a loro volta biologicamente attivi oppure di metaboliti reattivi (bioattivazione), generalmente specie elettrofile in grado di reagire con le macromolecole biologiche provocando fenomeni di tossicità.
Tra gli organi deputati al metabolismo degli xenobiotici è presente anche la cute che, oltre ad agire da barriera fisica proteggendoci dalle sostanze estranee e dagli agenti patogeni, rappresenta anche un’efficace barriera chimica. Infatti, ogni sostanza bioattiva che riesce ad attraversare lo strato corneo entra in contatto con enzimi metabolici presenti a livello cutaneo. Con la sua superficie compresa tra 1,5 e 2 m2,
la cute rappresenta l’organo più esteso dell’apparato tegumentario e il 15% del peso corporeo totale. Nonostante la sua attività metabolica per centimetro quadrato sia significativamente inferiore a quella di altri organi, è la sua grande estensione che ne conferisce un’attività metabolica estesa, pari a un terzo di quella epatica.
La prima osservazione dell’esistenza del metabolismo cutaneo si deve ad alcuni lavori pioneristici di James ed Elizabeth Miller, i quali, già nel 1947, dimostrarono che l’applicazione dell’idrocarburo policiclico aromatico benzo[a]pirene sulla pelle di topo portava alla formazione di intermedi metabolici reattivi, gli epossidi, in grado di legarsi covalentemente alle proteine della cute. Questi esperimenti, oltre a dimostrare che la cancerogenicità di alcune sostanze è correlata al legame covalente dei loro metaboliti con le macromolecole cellulari, aprirono le porte allo studio del metabolismo degli xenobiotici nella pelle (2).
Se ci si addentra in dettaglio nella struttura della pelle, scopriamo che è costituita da tre strati: epidermide, derma e ipoderma. L’epidermide costituisce lo strato più esterno ed è a sua volta suddivisa in ulteriori sottostrati, tra cui lo strato spinoso, popolato per lo più da cheratinociti ma anche da cellule di Langerhans e dendriti che vi si insinuano.
La funzione principale dei cheratinociti è quella di mantenere l’integrità dell’epidermide e quindi della cute stessa, creando una barriera verso l’esterno. È proprio in queste cellule che risiedono i maggiori sistemi enzimatici responsabili delle biotrasformazioni cutanee. Più in dettaglio, a livello intracellulare le strutture maggiormente ricche di enzimi sono il reticolo endoplasmatico liscio e i mitocondri; inoltre si ritrovano importanti enzimi solubili anche a livello del citoplasma. […]

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