EDITORIALE • IN3/2021


EDITORIALE • IN3/2021

La tavola del domani: insetti nel piatto e vino senza alcol

Tiziana Mennini

Cari lettori, il mese di maggio ha visto importanti novità per quanto riguarda l’alimentazione nei Paesi europei, che hanno suscitato perplessità, dibattiti e contestazioni, soprattutto in Italia. Mi riferisco all’autorizzazione da parte della Commissione europea del consumo alimentare delle larve di Tenebrio molitor (larve della farina), e della proposta di ammettere la pratica della dealcolazione del vino in tutti i Paesi dell’Unione europea.

Ma procediamo con ordine.

Il Panel on Nutrition, Novel Foods and Food Allergens (NDA) dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha pubblicato a metà gennaio un parere scientifico secondo cui le larve allevate ed essiccate di Tenebrio molitor potranno essere consumate in sicurezza (intere come snack o sotto forma di farina come ingrediente alimentare per pasta o prodotti da forno). A questa decisione è seguito ai primi di maggio il parere favorevole del Comitato permanente per piante, animali, alimenti e mangimi (sezione Nuovi alimenti e sicurezza tossicologica), composto da rappresentanti di tutti i Paesi dell’UE, che ne autorizza l’immissione sul mercato, con adeguata etichettatura per non indurre in errore. Si tratta dei primi insetti dichiarati novel food, tra i 27 riconosciuti edibili, quali cavallette intere e macinate e larve di api mellifere, in attesa di autorizzazione. Attualmente ci sono 11 richieste in attesa di valutazione dell’EFSA.

La decisione formale della Commissione fa parte della strategia Farm to Fork. Secondo la FAO, gli insetti come cibo sono una questione particolarmente rilevante nel XXI secolo, a causa dell’aumento del costo delle proteine animali, dell’insicurezza alimentare, delle pressioni ambientali, della crescita della popolazione e della crescente domanda di proteine tra le classi medie. Pertanto, è necessario trovare soluzioni alternative a quelle convenzionali. Il consumo di insetti contribuisce quindi positivamente all’ambiente, alla salute e ai mezzi di sussistenza. La FAO indica anche che gli insetti sono una fonte di cibo altamente nutriente e salutare, con un alto contenuto di grassi, proteine, vitamine, fibre e minerali. L’uso degli insetti come fonte alternativa di proteine non è nuovo a livello mondiale, visto che vengono regolarmente mangiati in molti Paesi del globo.

Tuttavia, in Europa gli allevamenti sono pochissimi e le farine ottenute dagli insetti vengono utilizzate principalmente come mangime per animali, anche se, vista la crescita della domanda, il comparto degli insetti per uso alimentare è destinato a ritagliarsi un ruolo di peso nel mercato del food. E gli scettici tra i consumatori italiani sono ancora tanti (54% secondo Coldiretti). Perplessità decisamente condivisibile, vista la tradizione alimentare italiana (la nostra dieta mediterranea è stata riconosciuta dall’Unesco Patrimonio culturale immateriale dell’umanità), e i dubbi di carattere sanitario e salutistico ancora in attesa di risposte.

E veniamo al vino senza alcol.

Non parliamo della fake news del vino allungato con l’acqua, notizia smentita anche da Bruxelles, secondo cui “la proposta della Commissione non contiene alcun riferimento all’aggiunta di acqua al vino”. Questo da una parte ci tranquillizza, anche perché, come recitava una nota canzone di Gabriella Ferri: “Se l’oste ar vino ci ha messo l’acqua. E noi je dimo e noi je famo: C’hai messo l’acqua nun te pagamo ma però”. La proposta della Commissione europea rientra nell’ambito del Piano d’azione per migliorare la salute dei cittadini europei, e i relativi negoziati, che rientrano nell’ambito della nuova Politica Agricola Comune (PAC) europea, sono ancora in corso (dovrebbero entrare in vigore nel 2023) e consisterebbero nella possibilità di dealcolare anche vini a denominazione d’origine. La Commissione europea ha proposto di modificare il quadro giuridico UE per consentire lo sviluppo dei vini dealcolati, cioè con un tenore alcolico minore rispetto al vino propriamente detto.

L’aspetto è infatti strettamente normativo: ad oggi i vini senza alcol, prodotti attraverso la tecnica della dealcolazione, sfuggono alla definizione di “vino”, che per definizione è una bevanda con una gradazione alcolica minima del 9%. Come chiamare, dunque, questi prodotti analcolici che vino in realtà non sono? I diversi Paesi hanno applicato ciascuno definizioni diverse, per questo la Commissione Europea sta lavorando a una proposta unificatrice. Del resto in molti Paesi, quali Spagna e Nord europa, le bevande analcoliche sono sempre più diffuse, soprattutto per via delle preoccupazioni su dieta e salute in generale. Punto di vista sostenuto anche dai produttori medio-grandi, desiderosi di accedere per esempio agli enormi mercati di Paesi a maggioranza musulmana, come Arabia Saudita e Indonesia, dove il consumo di alcolici è molto ridotto (e quindi anche dei vini europei).

Questione quindi ancora aperta e non così negativa né per i consumatori né per i produttori. Non ci resta che brindare (magari con una classica bottiglia di Prosecco e un vassoio di croccanti patatine fritte) alle tavole imbandite del domani!…