EDITORIALE • IN5/2021


EDITORIALE • IN5/2021

Tiziana Mennini

Quando un “consensus statement” non è proprio di “consenso”
Il caso dei postbiotici: un dibattito ancora aperto

Il progresso scientifico si basa sul confronto e sul dibattito aperto, particolarmente quando si tratta di nuovi concetti, come il campo emergente dei postbiotici. Di questo argomento ne abbiamo parlato nel numero precedente1 e oggi riteniamo doveroso riportare un aggiornamento alla discussione. 

Un gruppo di 33 affermati ricercatori internazionali esperti del settore (tra cui gli italiani Maria Rescigno, Lorenzo Morelli, Simone Guglielmetti, Valentina Taverniti e altri)  hanno criticato il consensus statement pubblicato dall’International Scientific Association for Probiotics and Prebiotics (ISAPP) (e da noi riportato) sulla base di alcuni punti di divergenza fondamentali2. Innanzitutto la definizione: il termine postbiotico proposto dai ricercatori dell’ ISAPP, che include anche i microrganismi inattivati, affermando che “il termine “postbiotico”… è usato in modo incoerente e manca di una definizione chiara”. Tuttavia, secondo gli autori sopra citati, la definizione di postbiotico è stata enunciata esplicitamente nel 2013 come “qualsiasi fattore risultante dall’attività metabolica di un probiotico o qualsiasi molecola rilasciata in grado di conferire effetti benefici all’ospite in modo diretto o indiretto”, in accordo con altre definizioni proposte. 

Quanto ai “paraprobiotici”, sempre secondo questi autori, il termine è comunemente usato in letteratura per indicare esplicitamente batteri inattivati e/o morti (cioè secondo la definizione originaria di questo termine). Nessun altro termine è stato finora adottato in modo più esteso per indicare l’uso di microrganismi inattivati con proprietà benefiche per la salute. 

Di conseguenza, gli autori ritengono che sussista la necessità scientifica di distinguere fattori molecolari ben definiti di origine microbica con proprietà benefiche per la salute (concetto originario di postbiotico) dall’utilizzo di matrici complesse derivate da cellule microbiche, per le quali i precisi fattori molecolari a supporto di benefici per la salute non sono completamente noti (concetto di paraprobiotico). La letteratura scientifica degli ultimi 10 anni supporta questa distinzione.

Seguono altre critiche all’articolo di ISAPP (la shelf-life dei prodotti, marker per verificarne la stabilità,  l’uso del termine “inanimato”, ecc.).

Naturalmente la risposta dei ricercatori dell’ISAPP non si è fatta aspettare3: questi rimangono sulle loro posizioni e controbattono punto per punto quanto pubblicato dai “contestatori” del consensus statement da loro proposto. Loro concludono che questo settore è ancora agli inizi e sentono la necessità di proporre ora un termine più comprensivo, sostenendo che  “le prime definizioni non sono necessariamente le migliori: si consideri che la prima definizione pubblicata per i probiotici nel 1965 era “sostanze secrete da un microrganismo che stimolano un’ altro microrganismo””. 

Insomma, il dibattito è ancora aperto:  la decisione finale sulla definizione più appropriata e utile spetterà alla comunità scientifica e alle autorità regolatorie.

 


1Barone D,  Mennini T (2021) Postbiotici o paraprobiotici. Un consensus statement farà chiarezza? L’Integratore Nutrizionale 24(4) 46-50
2Aguilar-Toalá JE, Arioli S, Behare P et al (2021) Postbiotics – when simplification fails to clarify. Nat Rev Gastroenterol Hepatol, doi:10.1038/s41575-021-00521-6
3Salminen S, Collado MC, Endo A et al (2021) Reply to: Postbiotics – when simplification fails to clarify. Nat Rev Gastroenterol Hepatol, doi:10.1038/s41575-021-00522-5