Sperimentazione sugli animali


Sperimentazione sugli animali

Approfondimenti Legislativi

GABRIELLA FERRARIS

La Corte di Giustizia CE chiarisce la portata della norma che le vieta per i cosmetici distribuiti in Europa e la Commissione nell’ambito del regolamento REACH ammette il ricorso a metodi alternativi per le prove di sensibilizzazione cutanea

In data 21 settembre 2016 la Corte di Giustizia ha pronunciato una sentenza accolta con grande favore da ambientalisti e animalisti. Secondo la sentenza, che ha deciso la causa C-592/14, “l’art.18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n.1223/2009 del Parlamento e del Consiglio, del 30 novembre 2009, sui prodotti cosmetici, deve essere interpretato nel senso che esso può vietare l’immissione sul mercato dell’Unione europea di prodotti cosmetici alcuni ingredienti dei quali sono stati oggetto di sperimentazioni animali al di fuori dell’Unione, al fine di consentire la commercializzazione di prodotti cosmetici in paesi terzi, se i dati che ne risultano sono utilizzati per dimostrare la sicurezza dei suddetti prodotti ai fini della loro immissione sul mercato dell’Unione”.

Il testo dell’art.18 par.1 lett.b) la cui interpretazione è stata oggetto della sentenza è il seguente: “…è vietato quanto segue: a)(omissis)…; b) l’immissione sul mercato di prodotti cosmetici contenenti ingredienti o combinazioni di ingredienti che siano stati oggetto, allo scopo di conformarsi alle disposizioni del presente regolamento, di una sperimentazione animale con un metodo diverso da un metodo alternativo…”.

Il caso è sorto quando la federazione europea per gli ingredienti cosmetici (EFFCI), associazione di categoria che opera all’interno dell’Unione Europea e rappresenta i fabbricanti di ingredienti impiegati nei prodotti cosmetici, ha presentato ricorso all’High Court of Justice (England and Wales) per verificare la portata della norma. EFFCI ha chiesto alla Corte di accertare se il fatto che tre società, associate a EFFCI, avessero sottoposto alcuni ingredienti a sperimentazione animale al di fuori dell’Unione al fine di ottenere dati necessari per poter utilizzare gli ingredienti in questione in cosmetici destinati alla vendita in Giappone e Cina, potesse dar luogo a responsabilità penali e alla conseguente irrogazione di sanzioni qualora le società avessero commercializzato tali cosmetici nel Regno Unito.

I Giudici inglesi hanno ritenuto la norma di difficile interpretazione e hanno investito la Corte di Giustizia chiedendo di chiarire:

“1) se l’art.18, paragrafo 1 lett.b) del regolamento (CE) n.1223/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30.11.2009, sui prodotti cosmetici debba essere interpretato nel senso che vieta l’immissione sul mercato comunitario di prodotti cosmetici contenenti ingredienti o combinazioni di ingredienti che siano stati oggetto di una sperimentazione animale, nel caso in cui detta sperimentazione sia stata effettuata al di fuori dell’Unione Europea allo scopo di soddisfare i requisiti legislativi o regolamentari dei paesi terzi, al fine di commercializzare in tali paesi prodotti cosmetici contenenti detti ingredienti. 

2) Se la risposta alla prima questione dipenda a) dal fatto che la valutazione della sicurezza svolta a norma dell’art.10 del regolamento in parola per dimostrare la sicurezza del prodotto cosmetico per la salute umana prima di renderlo disponibile sul mercato comunitario comporti l’uso di dati risultanti dalla sperimentazione animale effettuati al di fuori dell’Unione Europea; b) dal fatto che i requisiti legislativi o regolamentari dei paesi terzi si riferiscano alla sicurezza dei prodotti cosmetici; c) dal fatto che fosse ragionevolmente prevedibile, al momento della realizzazione al di fuori dell’Unione della sperimentazione su animali di un (omissis) ingrediente, che chiunque potesse tentare di immettere prima o poi sul mercato comunitario un cosmetico contenente tale ingrediente; e/o d) da un altro fattore, e, in caso affermativo, quale”.

Nel procedimento innanzi ai giudici europei l’avvocato generale della Corte, nelle sue conclusioni, ha pure dichiarato che l’articolo sottoposto ad interpretazione “Non è ben formulato” ed è comprensibile “la difficile situazione di chiunque cerchi di dare un senso all’art.18 par.1 lett.b) del regolamento sui cosmetici”. Infatti, la Corte di Giustizia per affrontare la questione ha dovuto sviluppare un articolato ragionamento.

Il fatto che non possano essere effettuati nel territorio della comunità europea sperimentazioni su animali per ingredienti o combinazioni di ingredienti per cosmetici è indiscusso. Il nocciolo della questione, sulla quale verte la causa, riguarda invece i casi in cui le sperimentazioni animali su un ingrediente o una combinazione di ingredienti siano state effettuate all’estero per adempiere a richieste di paesi extraeuropei. Ci si chiede cioè se il solo fatto di aver fatto ricorso alla sperimentazione animale sia sufficiente a rendere attivo il divieto di commercializzazione del cosmetico che li contiene nel mercato europeo, oppure ci siano casi in cui tali cosmetici possono trovare comunque legittimamente distribuzione.

I giudici hanno ritenuto che l’interpretazione della norma verta soprattutto sul significato da attribuire all’espressione “allo scopo di conformarsi alle disposizioni del presente regolamento” ed ha quindi analizzato il significato dell’espressione mediante un esame letterale, in relazione alla sua collocazione nel contesto del regolamento e dal suo rapporto rispetto gli obiettivi perseguiti dalla disciplina.

Da un punto di vista letterale la formulazione della norma è stata ritenuta ambigua dai giudici. Attenendosi strettamente alle parole utilizzate nella norma si potrebbe ritenere che il fatto dirimente per ritenere o meno vietata la condotta di chi effettua sperimentazioni su animali all’estero sia l’intenzione di utilizzare i dati sperimentali per “conformarsi alle disposizioni” del regolamento cosmetici. Se si accettasse tale interpretazione però si aprirebbero problemi di difficile soluzione in termini di individuazione e prova dello scopo perseguito dal professionista. Per questa ragione è apparso opportuno approfondire la ricerca del significato della norma ricorrendo ad un’interpretazione fondata sul contesto in cui l’articolo è inserito e sugli obiettivi generali perseguiti dalla disciplina sui cosmetici.

I giudici evidenziano dunque che l’obiettivo principale della disciplina sui cosmetici è quello della tutela della salute umana. Il cosmetico deve essere sicuro nelle normali condizioni d’uso (art.3) ed elemento fondamentale per dare prova della sicurezza è la relazione nella quale devono essere valutate tutte le informazioni pertinenti al prodotto ed ai suoi ingredienti (art.10), relazione che è documento chiave del fascicolo informativo sul prodotto che la persona responsabile deve tenere a disposizione dell’autorità (art.11).

Altro bene cui il regolamento cosmetico assicura un livello di tutela elevato, anzi più elevato rispetto a quello applicabile in altri settori, è il benessere degli animali. Infatti condizione per l’accesso dei cosmetici sul mercato europeo è proprio l’esclusione del ricorso alla sperimentazioni su animali, sostituita da metodi alternativi convalidati, per provare la sicurezza dei prodotti (art.18).

La Corte riconosce poi che il divieto di sperimentazione su animali, pur non essendo assoluto – a dimostrazione i giudici richiamano l’art.11, che riguarda la documentazione informativa sul prodotto e prevede al par.2 lett.e) che siano conservati “i dati concernenti le sperimentazioni animali effettuate dal fabbricante, dai suoi agenti o dai suoi fornitori relativamente allo sviluppo o alla valutazione della sicurezza del prodotto cosmetico o dei suoi ingredienti, inclusi gli esperimenti sugli animali effettuati per soddisfare i requisiti legislativi o regolamentari dei paesi terzi” ma si può ricordare anche che nella valutazione di sicurezza può tenersi conto dei dati ottenuti con sperimentazioni animali condotte anteriormente all’entrata in vigore del divieto – ha l’obiettivo primario di promuovere l’applicazione di metodi alternativi che non comportino l’impiego di animali per garantire la sicurezza nel settore cosmetico e che dunque tale obiettivo sarebbe seriamente compromesso se fosse possibile sfruttare la richiesta di dati sperimentali su animali di paesi terzi per assicurare la sicurezza del cosmetico da immettere sul mercato comunitario.

La Corte giunge quindi alla conclusione che “letta alla luce del suo contesto e dei suoi obiettivi, detta disposizione deve essere interpretata nel senso che devono essere ritenute come effettuate “allo scopo di conformarsi alle disposizioni di tale regolamento” le sperimentazioni animali, effettuate fuori dell’Unione al fine di permettere la commercializzazione di prodotti cosmetici in paesi terzi, i cui risultati sono utilizzati per dimostrare la sicurezza di tali prodotti per la loro immissione sul mercato dell’Unione”.

Dal tenore della sentenza potrebbe ammettersi la presenza nel fascicolo informativo di dati ottenuti da sperimentazioni su animali qualora gli stessi non siano tenuti in conto per la valutazione di sicurezza, da basarsi esclusivamente su dati ottenuti attraverso metodi alternativi.

La conclusione è dunque che nella relazione sulla sicurezza di un cosmetico, gli ingredienti o le miscele di ingredienti cosmetici non devono mai essere valutati su dati ottenuti nell’ambito di sperimentazioni animali; unica esclusione prevista è costituita dai casi in cui tali dati siano stati ottenuti prima delle date limite per l’eliminazione progressiva delle diverse sperimentazioni animali.

Anche in un settore diverso ma che ha punti di contatto con il mondo dei cosmetici sono da segnalarsi importanti modifiche dirette ad un più elevato livello di protezione degli animali. Infatti, anche nel settore delle sostanze chimiche disciplinate dal regolamento “REACH” (CE) 1907/2006 si sta cercando di sostituire e ridurre il ricorso alla sperimentazione animale. In questo senso infatti il regolamento (UE) 2016/1688 della Commissione del 20 settembre 2016 che modifica l’allegato VII del regolamento CE n.1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche per quanto riguarda la sensibilizzazione cutanea.

La modifica portata dal regolamento 2016/1688 riguarda infatti la possibilità, resa oggi possibile dal progredire della scienza, di sostituire le prove in vivo per la sensibilizzazione cutanea con nuovi metodi alternativi convalidati. Benchè le prove in vivo non siano state vietate del tutto, essendo possibile il ricorso alle sperimentazioni animali nei casi in cui i metodi alternativi non siano applicabili a specifiche sostanze, oppure se i risultati di tali studi non siano ritenuti adeguati ai fini della classificazione e valutazione dei rischi della sostanza valutata, si tratta di un sostanziale passo avanti per la tutela del benessere degli animali.

da Cosmetic Technology 5 – 2016