Prospettive

Intervista a...

Piante medicinali in vertical farm

Verso una qualità mirata dei botanici?

Alessandro Algeri

direttore tecnico di Cultipharm

La produzione di piante medicinali in impianti di vertical farming è uno dei campi più promettenti del settore delle colture indoor. La possibilità, in ambiente controllato, di agire su tutti i fattori esterni che condizionano la vita della pianta – luce, umidità, temperatura, nutrienti – assume un particolare significato quando l’obiettivo è quello di ottenere principi attivi, che sappiamo dipendere da molti diversi passaggi del metabolismo vegetale, e non solo biomassa.

Alcune esperienze pilota si stanno realizzando anche in Italia: ne parliamo con Alessandro Algeri, direttore tecnico di Cultipharm, la prima azienda interamente dedicata a questa specializzazione, che vanta una produzione tutta italiana.

Abbiamo coniato il termine Superbotanicals per definire i fitoderivati della nostra filiera e differenziarli da quelli ottenuti in pieno campo. Abbiamo potuto verificare che si tratta di prodotti eccellenti sotto vari punti di vista, che presentano molti vantaggi. Le vertical farms all’interno delle quali vengono coltivati rappresentano un perfetto esempio di agricoltura circolare e permettono risparmio di acqua, suolo, pesticidi ed erbicidi. Inoltre, si propagano esemplari provenienti da un unico ceppo selezionato, preservando le caratteristiche genetiche degli individui di partenza.

Infine, possiamo assicurare l’assenza di contaminazioni nel processo produttivo: abbiamo così potuto certificare i nostri derivati Nikel free e a residuo zero.

Rispettando ogni step della filiera di produzione e del protocollo coltivo, possiamo ottenere prodotti di qualità e con alto titolo di attivi.

I Superbotanicals prodotti da impianti in vertical farm si distinguono da quelli tradizionali per vari motivi, tra cui un’ottima resa al taglio e in generale una concentrazione elevata di principi attivi.

Questi derivati permettono di formulare preparazioni contenenti fitocomplessi totalmente naturali e titolati. Inoltre è anche possibile pensare di modulare le caratterische del prodotto, stimolando maggiormente la concentrazione di un determinato principio attivo rispetto a un altro da ciclo a ciclo a seconda dell’esigenza formulativa.

La possibilità di ottenere fitocomplessi integrali permette di sfruttare la naturale presenza nell’estratto di molecole che lavorano in sinergia con i principi attivi di interesse, per esempio, aumentandone la biodisponibilità.

Le piante coltivate attraverso l’innovativa tecnica del vertical farming sono ancora molto giovani al momento della raccolta, ma hanno ricevuto, durante tutta la crescita, nutrienti attentamente calibrati. Con questa tecnica ci si propone anche di ridurre la quantità di componenti quali cellulosa o lignine, che posso interagire negativamente con l’assorbimento dei fitocomplessi.

La filiera di produzione è totalmente controllata dal seme all’ingrediente e i prodotti ottenuti sono di qualità garantita.

Cultipharm ha progettato un metodo di coltivazione che si avvale dell’uso di fitotroni, ovvero strutture all’interno delle quali si sviluppano, in verticale, le colture officinali. Tali strutture possono essere anche installate all’interno di edifici dismessi per rigenerarli. I fitotroni non necessitano di terreno come substrato di coltivazione, sostituito da materiale inerte tipo fibra di cocco; sono ambienti totalmente isolati dall’esterno, quindi non subiscono le influenze degli eventi atmosferici quali grandine o siccità e non necessitano di pesticidi ed erbicidi per proteggere le colture.

L’ingresso ai fitotroni è regolato da specifiche misure sanitarie che evitano qualsiasi contaminazione da parte di agenti esterni o degli operatori che vi lavorano. Il clima al loro interno è regolato da algoritmi impostati in maniera specifica per le diverse tipologie di piante, che regolano la quantità di luce, l’umidità, l’acqua e i nutrienti da apportare alle piante permettendo anche il controllo da remoto.

Particolare attenzione è affidata al tema della sostenibilità. Grazie alla possibilità di sfruttare lo spazio in verticale, la produzione risulta essere cinque volte superiore rispetto alla stessa superficie coltivata in campo aperto, mentre il totale controllo del ciclo produttivo consente di velocizzare e ottimizzare la crescita delle piante ottenendo più raccolti durante l’anno.

Il metodo di coltivazione di Cultipharm riduce al minimo le emissioni nocive e minimizza fino al 95% l’utilizzo di acqua, massimizzando al contempo il riciclo grazie al sistema di irrigazione a flusso e reflusso.

Non impiegando pesticidi ed erbicidi e non necessitando di ampi spazi per lo sviluppo delle colture, le vertical farms rappresentano un metodo di coltivazione ecosostenibile. Inoltre, attraverso questa tecnica produttiva non vi è la necessità di sottrarre aree coltivabili, bensì possono essere recuperate aree dismesse altrimenti inutilizzate. Le vertical farms possono essere utilizzate per preservare la biodiversità in quanto è possibile coltivare e studiare piante rare o particolarmente soggette ai danni causati dal cambiamento climatico e dall’aumento degli inquinanti nell’aria e nell’acqua.

Il metodo di coltivazione di Cultipharm si conferma a basso impatto ambientale anche per quanto riguarda l’utilizzo dell’energia impiegata per l’illuminazione e la climatizzazione delle colture, poiché utilizza fonti energetiche alternative quali pannelli fotovoltaici.

Il totale controllo della filiera produttiva all’interno della vertical farm, insieme a protocolli di riduzione al minimo dello stress della pianta dalla semina alla raccolta permettono di ottenere prodotti finiti di qualità garantita. Il metodo di coltivazione Cultipharm prevede l’estrazione dei principi attivi entro poche ore dalla raccolta, bloccando il normale processo del loro deterioramento, cosa che non succede con i derivati botanici coltivati in pieno campo i quali subiscono, nell’arco del loro ciclo produttivo, diversi passaggi. A causa di naturali reazioni chimiche ed enzimatiche e insieme a trasporti lunghi e stoccaggi non adeguati, tali passaggi portano all’alterazione in termini qualitativi e quantitativi dei fitocomplessi.

I semi utilizzati per produrre i nostri prodotti provengono da filiere certificate o da piante prodotte da Cultipharm; così, infatti, è possibile mantenere intatto il genotipo selezionato.

Ogni prodotto botanico di qualità deve preservare le caratteristiche genetiche preselezionate e il metodo di coltivazione Cultipharm garantisce costantemente lo stesso patrimonio genetico delle piante che vengono coltivate in ambiente controllato e costante, eliminando le possibili contaminazioni esterne, quali per esempio le ibridazioni, tipiche delle coltivazioni in pieno campo.

Le piante in ingresso nella vertical farm vengono preventivamente identificate attraverso tecniche di biologia molecolare e analisi del DNA.

In seguito a questo processo, il seme o il bulbo sono perfettamente individuati per generare una tipologia di pianta selezionata, mentre ogni variante da quanto previsto viene prontamente scartata al fine di evitare contaminazioni.

Mantenendo costanti le pathway metaboliche che determinano la sintesi degli attivi, il metodo di coltivazione di Cultipharm permette di massimizzare, prevedere e mantenere costante il livello di espressione delle molecole caratterizzanti ogni botanico coltivato. Di fondamentale importanza è l’osservazione del tempo balsamico, ovvero il momento nel quale la pianta esprime il massimo del suo potenziale producendo la quantità più alta del principio attivo di interesse.

Ocimum tenuiflorum, meglio conosciuto come Basilico Sacro, è una pianta che riveste una notevole importanza nella cultura indiana e in particolar modo per gli Hindu, che la ritengono una pianta sacra. Tra le sue proprietà figurano soprattutto quelle antiossidanti, adattogene, antistress e antibatteriche dovute a un fitocomplesso contenente, tra gli altri, eugenolo, acido ursolico e β-cariofillene.

Ogni attivo contenuto nella pianta è modulato da differenti variabili di coltivazione, a esempio l’eugenolo è strettamente legato all’irradiazione luminosa. Quest’ultimo, infatti, viene espresso alla massima concentrazione in condizioni naturali tra le ore 11 e le 14, quando appunto l’irradiazione è massima.

Attraverso la vertical farm è possibile andare a riprodurre, per tutto il periodo di illuminazione, queste condizioni. Ciò consente di ottenere un prodotto concentrato e titolato di ottima qualità, cosa che non risulta possibile con le colture in campo aperto, in quanto non permettono questo tipo di precisione e con le quali si rischia di avere partite di prodotto di qualità inferiore, disomogenea e non certificabile.

Tra i Superbotanicals coltivati in questo modo troviamo anche lo Zafferano, il cui titolo di safranale e crocina può essere modulato in funzione delle variabili di crescita e arrivare per esempio a un tenore di crocina del 24%. Quest’ultima biomolecola viene principalmente influenzata dalla luce far-red, facilmente modulabile attraverso la tecnologia LED applicata alle vertical farm. Per arrivare a concentrazioni superiori al 5% in crocina ad oggi si utilizzano spesso estratti con un rapporto droga: estratto maggiori di uno; anche per questo prodotto la coltivazione in vertical farm può rappresentare una valida alternativa.  

Per ottenere un Superbotanical vengono studiate diverse condizioni di coltivazione fino al raggiungimento di un equilibrio che permetta alla pianta di svilupparsi in tempi più brevi rispetto a quelle coltivate con metodo tradizionale, senza però sottoporla ad alcun tipo di stress che potrebbe portare a un deterioramento dei principi attivi o a una loro diminuzione. Per determinare il protocollo coltivo, infatti, le piante vengono prima riprodotte all’interno di otto teche, che permettono di simulare altrettanti ambienti diversi in piccola scala. I parametri chimico-fisici all’interno delle teche vengono attentamente calibrati secondo una metodica sviluppata al fine di trovare il protocollo coltivo che, insieme al calcolo dei tempi balsamici, consenta alla pianta di esprimere il massimo del suo potenziale. Si inizia sempre dividendo le teche in due gruppi da quattro; nel primo gruppo viene studiato un preciso parametro, per esempio l’intensità della luce, in quattro diverse condizioni mentre nel secondo gruppo ci si concentra su un altro parametro. Una volta appurato il set-point migliore, questo viene fissato ed entra a far parte del protocollo coltivo. Lo stesso esperimento viene ripetuto per tutte le altre variabili fino a ottenere il protocollo perfetto.

Fatto questo, si passa al ciclo finale di scale-up su impianto pilota, dove le piante, in un numero che varia dai 1000 ai 3000 esemplari, vengono accresciute per determinare l’effetto scala sulla concentrazione degli attivi.

Per fare in modo che i botanici coltivati con il metodo di coltivazione Cultipharm siano totalmente isolati dall’ambiente esterno e che, quindi, la loro crescita e la qualità dei prodotti estratti non venga in alcun modo pregiudicata dalla presenza di contaminanti. Ciò consente di evitare l’utilizzo di pesticidi o fungicidi e in questo modo i prodotti raccolti possono essere certificati a “residuo zero”.

Bioagricert, l’ente certificatore, è esterno e imparziale che opera seguendo le direttive della Comunità Europea, la quale monitora attentamente la qualità dei prodotti agricoli e stabilisce rigidi protocolli rispetto alle sostanze che possono o non possono essere utilizzate.

Cultipharm, disponendo di un laboratorio di analisi proprio, è in grado di effettuare scrupolose analisi durante l’intero ciclo produttivo.

Il conferimento della certificazione “residuo zero” conferisce un grande valore aggiunto ai prodotti Cultipharm i quali non solo sono privi dei normali agenti considerati contaminanti, ma anche di metalli pesanti quali Piombo, Cadmio, Arsenico e Nichel.

Per ottenere la certificazione Nichel-free è necessario che la quantità del metallo all’interno del prodotto non superi gli 0,01 mg/kg, mentre per la certificazione “residuo zero” i residui di prodotti fitosanitari di sintesi chimica devono essere inferiori o uguali a 0,01 mg/kg; pertanto, i laboratori Cultipharm analizzano l’acqua di irrigazione insieme alla torba utilizzata per la semina e il trapianto, le vaschette in PET, i sali, il packaging, il materiale di trasformazione e le superfici di stazionamento e nel caso in cui uno o più valori dovessero risultare più alti del consentito, vengono fatte ulteriori analisi straordinarie per individuare l’esatto punto di contaminazione del flowchart produttivo e intervenire per ripristinare l’assoluta sterilità della fonte contaminata.

Fattore fondamentale che garantisce la sostenibilità del progetto è l’utilizzo di una quantità ridotta di acqua.

Le normali coltivazioni in pieno campo richiedono l’utilizzo di ingenti quantitativi di acqua dolce, risorsa che normalmente rappresenta solo il 2% del totale dell’acqua presente sul nostro pianeta e della quale si ha un aumento del fabbisogno ormai costante. È facilmente deducibile, quindi, quanto evitarne gli sprechi e razionalizzarne i consumi sia importante. Questo purtroppo non è possibile coltivando in campo aperto dove un grande quantitativo dell’acqua impiegata viene sprecata in quanto non direttamente assorbita dalla pianta e, di conseguenza, non coinvolta nella sua crescita. Nei fitotroni viene utilizzato il sistema di irrigazione a flusso e reflusso: nei bancali che compongono i ripiani del sistema di coltivazione viene distribuita fibra di cocco, un substrato ricco di nutrienti, completamente biodegradabile e che trattiene solo la quantità di acqua necessaria al fabbisogno delle singole piante. L’acqua, debitamente arricchita con elementi nutritivi che si vanno ad aggiungere a quelli presenti nella fibra di cocco, viene versata sempre a partire dal bancale posto sul ripiano più in alto e quella in eccesso defluisce nel bancale sottostante dove si ripete il procedimento fino a raggiungere il ripiano più in basso. Alla fine del percorso vengono collocate delle vasche di raccolta dove l’acqua non utilizzata viene recuperata, integrata con gli eventuali nutrienti trattenuti dalle piante e riutilizzata per l’irrigazione successiva.

Cristina Danna

Cristina Danna, biologa, è dottoranda per il corso in Scienze e Tecnologie per l’Ambiente e il Territorio (STAT), curriculum Biologia applicata all’Agricoltura e all’Ambiente, presso l’Università di Genova. Precedentemente laureata con laurea magistrale in Monitoraggio Biologico (UniGe), e inoltre diplomata con percorso formativo livello magistrale indirizzo Scienze e Tecnologie della Sostenibilità (IANUA-ISSUGE), è membro della Società italiana di Fitoterapia (S.I.Fit.) e della Società Botanica Italiana (S.B.I.). Campi di Interesse: Etnobotanica, Sviluppo sostenibile, Economia circolare, Permacultura.

Piante medicinali in vertical farm
Figura 1

Ocimum centraliafricanum, Copper flower, indicatore di giacimenti di rame (5)